Alessandra Carnevale

Studi sullo stile di Bach di Pier Paolo Pasolini

Introduzione

Il saggio Studi sullo stile di Bach (limitatamente alle sei sonate per violino solo)1 [1944-45], inedito fino all’edizione critica completa dell’autore a cura di W. Siti, rivela un aspetto di Pier Paolo Pasolini solo recentemente indagato: l’interesse per la musica a partire già dal periodo formativo del giovane Pasolini; uno dei periodi su cui oggi è maggiormente puntata l’attenzione della critica pasoliniana. L’interesse di Pasolini per il linguaggio e per l’immediatezza comunicativa della musica accompagnerà e sarà parte integrante di tutta la produzione letteraria e della realizzazione cinematografica, di cui curava in prima persona la scelta delle colonne sonore. Con la medesima modalità con cui l’opera e il linguaggio letterario di Pasolini testimoniano il cambiamento della società, dal dopoguerra fino al 1970, possiamo ripercorrere attraverso l’opera dell’autore l’evoluzione della musica nel tempo, la sua trasformazione, le innovative tendenze estetiche che si radicavano nelle società in modificazione2. Il processo metodologico applicato all’indagine di storia della musica attraverso l’opera dell’autore è rinvenibile a causa dell’atteggiamento messo in atto nei confronti della musica; si conferisce pari dignità a tutte le espressioni musicali, dalla musica leggera alla musica etnica, dal genere profano al religioso, dal classico, come si può constatare dal saggio si attesta una particolare predilezione per Bach, ed inoltre per Mozart e per Vivaldi3, al popolare, genere musicale che poneva l’autore di fronte alle origini delle civiltà, al pari dei dialetti. La musica viene concepita da Pasolini come manifestazione artistica e culturale del mondo in evoluzione; ed è per motivo che il senso estetico musicale rientra in qualità di un aspetto integrante la peculiare visione teorica.

Per quanto riguarda la presenza della musica di Bach come parte integrante dell’opera pasoliniana nel periodo coevo alla stesura del saggio, 1944-1945, si trovano collegamenti nel romanzo autobiografico Atti impuri4 iniziato a scrivere nel 1947, in cui ricorrono i temi riguardanti Bach, i sensi, la poesia, “Ero completamente preso dai sensi… Ed ecco che sentii uno, due accordi della Ciaccona: erano della variazione 14, lamentosa, straziante, simile a una voce umana”5. Nel romanzo si riscontra la presenza della terminologia musicale. In un passaggio del testo narrativo l’autore descrive il canto degli uccelli in modo musicale e tecnico, “Migliaia di uccelli cantavano, su scale diverse, alternando o sovrapponendosi, e laceravano dolcemente il silenzio ora con modulazioni da ugola umana, ora con trilli e squittii impeccabilmente animali”6, l’uso della terminologia adottata conferma la conoscenza musicale a  livello linguistico e formale7.

L’interesse musicale per Bach, attestato fin dall’esordio nella prosa giovanile dal saggio qui esaminato, proseguirà costantemente lungo l’intero percorso produttivo dell’autore; principalmente nella realizzazione cinematografica, dove la musica di Bach funge da colonna sonora8. L’utilizzo della musica di Bach nelle opere cinematografiche, Accattone e Il Vangelo secondo Matteo, è strettamente correlato al canone stilistico e retorico pasoliniano dell’impiego ossimorico9. L’uso di Bach da parte di Pasolini nelle due produzioni filmiche è decisamente non storicistico, inoltre la musica bachiana nel Vangelo secondo Matteo non è usata affatto come potrebbe esserlo in un film presuntivamente mistico, in funzione di un facile rafforzamento, per accreditare mediante Bach il tono alto dell’opera, lo stesso è evidente anche per Accattone. Non esiste consonanza tra musica e racconto, ma piuttosto un contrasto netto e intenzionale tra un’ormai codificata altezza della musica, in senso retorico, e la bassezza, sempre in senso retorico, della messa in opera del racconto filmico. In questa relazionalità la musica non è, certamente, al servizio del racconto, per amplificarne i concetti, ma tende a mostrare il significato del racconto in quanto dissonante rispetto alla musica, e tuttavia in ultima istanza consonante. Con questo principio di interazione, Bach da una parte e il racconto pasoliniano dall’altra, la storia di Accattone viene effettivamente rivelata più fortemente proprio mediante la musica10.

Queste le cosiderazioni sulla musica, la quale si può reputare un filo conduttore continuo di rilevanza nella realizzazione delle opere letterarie e cinematografiche dell’autore. Concludiamo con una poesia che declama  l’importanza dell’espressione musicale:

[…]
Ebbene, ti confiderò, prima di lasciarti,
che io vorrei essere scrittore di musica,
vivere con degli strumenti
dentro la torre di Viterbo che non riesco a comprare,
[…]
e lì comporre musica
l’unica azione espressiva
forse, alta, e indefinibile come le azioni della realtà
11.

Prima di esaminare le molteplici considerazioni teoriche che emergono dagli argomenti trattati nel saggio (il rapporto tra musica e poesia, tra contenuto ed espressione, la funzione e lo scopo della critica), è necessario ricostruire l’ambiente culturale che influisce sulla formazione del ventenne Pasolini.

§ 1 La formazione letteraria di Pasolini: l’ermetismo

La formazione letteraria di Pasolini si svolge sotto l’influenza dell’ermetismo, il movimento letterario e poetico del periodo tra le due guerre, 1920-1940. I rapporti tra Pasolini e l’ermetismo risalgono all’epoca in cui Pasolini terminava gli studi liceali e incominciava l’Università (1939-1940); i debutti della formazione poetica di Pasolini coincidono con la fine del movimento ermetico. Tutti i critici e i biografi di Pasolini riconoscono che la formazione letteraria dell’autore si è compiuta in un ambiente poetico fortemente influenzato dall’ermetismo. Tracce di lettura dei poeti ermetici sono facilmente reperibili nella corrispondenza dell’epoca, dove l’autore cita l’inchiesta Parliamo dell’ermetismo su “Primato” e “Il Frontespizio”, una delle riviste simbolo del movimento ermetico. E. Siciliano, uno dei biografi di Pasolini, rievocando il periodo giovanile dell’autore, giudica il progetto incompiuto di “Eredi”, rivista letteraria e artistica, come il tentativo di diventare eredi di quella tradizione della modernità che si raccoglieva nei nomi di Ungaretti, Montale, Cardarelli, Luzi, Gatto, Sereni, Sinisgalli, Bertolucci, Betocchi, Penna, De Libero; i maggiori esponenti dell’ermetismo. È necessario spiegare che il termine ermetismo è stato utilizzato per la prima volta nel 1936 da F. Flora che, nel suo saggio L’analogista ermetico in La poesia ermetica, se ne è servito per qualificare la poesia di Ungaretti. Il poeta era accusato dalla critica di scrivere versi oscuri e incomprensibili, la stessa accusa era inoltrata a P.Valéry (F. Flora, Valéry o la poesia difficile in La poesia ermetica) e, quindi, al simbolismo francese. Se si segue la disamina che G. Debenedetti propone nel suo libro sulla Poesia italiana del Novecento, si troverà alla base dell’ermetismo italiano l’influenza della poesia francese simbolista di Baudelaire, di Rimbaud e di Mallarmé e di altri poeti post-simbolisti, come P. Valéry. Ma è soprattutto Mallarmé che sembra avere avuto maggiore influenza nella formazione di una sensibilità ermetica in virtù delle sue idee sull’oscurità poetica e sull’uso dell’analogia. Queste idee sarebbero circolate anche grazie all’interpretazione che aveva dato A. Thibaudet in La poésie de Stéphane Mallarmé: étude litteraire molto letto dai letterati italiani di quel periodo. Un altro elemento dell’influenza letteraria francese in Italia è costituito, sempre secondo Debenedetti, dall’opera di H. Brémond La Poésie pure. Con questa opera, Brémond intendeva polemizzare specialmente le idee di P. Valéry sulla poesia. Voleva dimostrare che la poesia pura, vale a dire un genere di poesia che non ha una spiegazione razionale, e che per questa ragione si avvicina piuttosto alla musica, non era una invenzione dei poeti simbolisti, come sosteneva Valéry, ma esisteva già dall’epoca classica. In conclusione Brémond pensa che la composizione poetica deve essere oscura e “autonoma” in quanto tale. Il carattere oscuro e analogico della scrittura ermetica non si trova soltanto attraverso l’influenza francese, ma anche nell’evoluzione della poesia italiana, come ricostruisce O. Macrì in Esemplari del sentimento poetico italiano. In questa opera l’autore distingue i poeti del 1883-1940 in tre generazioni: “lirismo nuovo”, “poesia pura” e “ermetismo”. Il legame tra queste tre generazioni consiste nel tentativo, che compiono secondo un grado di radicalità sempre più importante, di rendere la parola poetica indipendente e autonoma. In questa evoluzione la parola poetica vede crescere il suo potere di significazione e di allusione, soprattutto in virtù dell’importanza crescente data al simbolo. Al posto di costituirsi a partire da una referenza semantica, la parola poetica diventa piuttosto una specie di prisma che rinvia riflessi della realtà. La parola poetica deve ricreare, e fare allusione all’esistenza di un mondo assoluto e astratto. Questa grande fiducia nella parola riformata accomuna l’ermetismo alla poesia francese moderna, che da Baudelaire, da Mallarmé, e, soprattutto, da Rimbaud arriva fino a Valéry, passando per il surrealismo. Sono i momenti più importanti della trasformazione progressiva della parola poetica tradizionale in simbolo. Il ruolo del simbolo è di evocare e di suggerire un significato che non corrisponde più a quello convenzionalmente attribuito alla parola. In questo modo la parola è “liberata”, e si è potuto parlare in proposito della sua autonomia (L. Anceschi, Autonomia ed eteronomia dell’arte). Attraverso la riforma della parola poetica, la nuova natura verso cui tende il poeta ermetico è quella di un assoluto spirituale.

Tuttavia, questo assoluto potrebbe essere meglio qualificato in quanto dimensione propria di una “metafisica immanente”. In effetti la ricerca degli ermetici non prevede un adempimento mistico, perché la poesia non si situa in un altro mondo, ma nel mondo della vita. Il legame tra vita e letteratura, associato a un’infinità atemporale, è messo in evidenza nel testo che è generalmente considerato il manifesto teorico dell’ermetismo: il saggio Letteratura come vita, pubblicato in “Il Frontespizio” da C. Bo nel 1938. In questo scritto Bo cerca di dimostrare l’identificazione tra vita e letteratura in nome dell’unità della coscienza umana. La letteratura può dunque rendere l’uomo cosciente della propria vita, essa è il filtro tra la vita e la coscienza, e permette all’uomo di riconoscere una visione chiara e definitiva sulla propria condizione. Ma ciò che l’uomo raggiunge con la letteratura è situato in una dimensione spirituale e fuori dal tempo: in un assoluto eterno e trascendente. Bo mostra bene che la concezione della letteratura vede gli avvenimenti quotidiani della vita come dei segni da decifrare per ottenere la rivelazione di un mondo altro e infinito, di cui la vita possiede tuttavia la chiave: la parola. È interessante mostrare come sia possibile passare dalla dimensione fortemente teorica e astratta di questo testo di Bo alla corrispondenza concreta, realizzata dalla poesia, tra letteratura e vita. Gli articoli di Betocchi e Luzi, che Pasolini legge nel corso dell’estate 1941, Note sulla poesia italiana e Premesse e limiti di un ritorno al canto, possono servire a mostrare questo collegamento. Con questi scritti Luzi e Betocchi pretendevano di partecipare al dibattito sollevato con la definizione di “ritorno al canto”, che G. Vigorelli aveva utilizzato, nel gennaio 1937, a proposito dell’ultima raccolta poetica di A. Gatto, Morto ai paesi. Gatto, con Luzi e Betocchi, e il giovane Petroni, mirano, secondo Vigorelli, a mettere in risalto il nucleo morale della parola poetica. Evitano in questo modo una ricaduta esclusivamente formale della “poesia pura”, perché rifiutano la degenerazione esteticizzante della fine del ventesimo secolo di ritorno al “canto”. Con questa parola, “canto”, Vigorelli vuole, in effetti, in questo testo fare allusione all’equilibrio tra forma e contenuto che si può trovare nei più grandi poeti della tradizione. All’interno della disamina sull’ermetismo e dell’influenza che questo movimento ha avuto nella formazione letteraria di Pasolini, è utile approfondire alcune figure di riferimento importanti nella formazione del giovane Pasolini quali: M. Luzi, R. Serra, G. Contini, L. Anceschi. Luzi riunisce una parte della sua riflessione critica di questo periodo in Un’illusione platonica e altri saggi [1941], un libro che costituirà un punto di riferimento teorico per il giovane Pasolini. In questo libro Luzi definisce l’atto poetico in virtù della sua capacità di trasfigurare il reale e di raggiungerne l’essenza. Una delle sue idee principali è dunque la concezione della poesia in quanto catarsi, e del linguaggio in quanto strumento d’intuizione e di rivelazione metafisica. Leopardi è il modello assoluto di questa visione, grazie al suo lavoro sul linguaggio poetico della tradizione. Sono soprattutto i saggi Un’illusione platonica, Note sulla poesia italiana e Vicissitudine e forma che illustrano il punto di vista del loro autore. Nel primo di questi saggi l’interpretazione di Il libro del cortegiano di B.Castiglione permette a Luzi di esprimere la propria visione della letteratura. L’attitudine “la più naturalmente poetica” si configura nella distanza che l’anima mantiene rispetto alla realtà. Questa distanza è complementare, come nella dialettica tra vita e letteratura già rilevata in Bo, alla contiguità che passa tra il poeta e la sfera ideale e immateriale della vita. L’attitudine poetica deriva da una filosofia improntata da elementi di origine neoplatonica: un’anima presente a se stessa è in effetti sottratta all’influenza degli avvenimenti materiali. Il linguaggio poetico fruisce di questa natura metafisica: la forma ritmica e musicale rivela che il linguaggio non è concepito in funzione di una rappresentazione reale o di una comunicazione di dati sensibili, ma piuttosto di una espressione essenziale e impersonale perché non dipende da un soggetto individuale, ma è determinato dalle leggi eterne dell’essere. Negli altri saggi di questo libro, Luzi reitera le medesime riflessioni sulla natura metafisica della poesia e del linguaggio poetico, così come sulla specificità musicale dello stile poetico. Paragonando il processo creativo della prosa con quello della poesia, Luzi termina il saggio Prosa e poesia, rivendicando il valore metafisico della poesia. Come possiamo vedere, Luzi è veramente uno dei rappresentanti più lucidi dell’ermetismo.

È evidente che l’ermetismo offre ugualmente alla letteratura italiana un nuovo approccio della critica letteraria. Sembra che ciò che cambia sia il grado di implicazione personale nella lettura critica. Si può dire che con l’ermetismo nasce il concetto di critico militante come lo si conosce ancora oggi. Fondata su questo concetto, l’implicazione del lettore nella sua interpretazione è tale da divenire quasi corresponsabilità più che sola collaborazione. La dimensione che assume la creazione poetica in funzione del suo obiettivo esistenziale, è dunque presente anche nell’interpretazione critica. La letteratura per gli ermetici, è veramente questa ricerca di un orizzonte altro rispetto a quello della storia, che i poeti compiono assecondati dai loro critici. Ciò che è richiesto al critico è un’attitudine di necessità vicina a quella che aveva già caratterizzato le pagine critiche di Renato Serra. In altri termini si tratta di un’attitudine secondo la quale si è sempre pronti a verificare la validità degli schemi ermeneutici attraverso la propria sensibilità critica perché si è subito coscienti che il giudizio finale non potrà essere che un giudizio personale e vissuto. Da questa visione deriva l’avvicinamento tra autore e critico, come se entrambi condividessero la stessa partecipazione spirituale. Ma è P. Bigongiari che redige il migliore profilo del nuovo critico letterario nel suo articolo Il critico come scrittore, apperso nel 1938. In questo testo, Bongiari sostiene la necessità di affrancare la critica dal suo statuto subalterno rispetto alla creazione poetica, poiché essa diviene un vero genere letterario. Un altro critico che conta molto per Pasolini, nonostante sia difficile qualificarlo ermetico, è senza dubbio Gianfranco Contini. Negli anni Trenta Contini collabora, come filologo e critico, alle stesse riviste cui partecipano gli ermetici. Se paragoniamo un saggio di Contini a uno scritto di Bo, risultano evidenti due personalità critiche molto differenti. Tuttavia l’attitudine critica di Contini non è opposta a quella degli ermetici perché tutti e due hanno come obiettivo la percezione della logica che governa il procedimento lirico. Bo persegue questo obiettivo secondo i criteri di partecipazione spirituale che scaturiscono dall’opera, criteri di cui ho parlato poco prima. Contini, da parte sua, rimette in questione in modo sistematico il linguaggio poetico da un punto di vista tecnico per raggiungere “la storicizzazione della parola” poetica. Questo approccio al testo costituisce, per Contini, la sola garanzia possibile per cogliere la “qualità spirituale”. Nei saggi di Contini la combinazione degli elementi differenti che contribuiscono a formare il linguaggio poetico, scelta lessicale, figure retoriche e metrica, è da districare con il minimo dettaglio in modo che sia possibile al critico decifrare il segreto della comprensione. Pasolini poteva trovare uno scritto interessante di Contini nell’inchiesta sull’ermetismo di “Primato”, cui faceva riferimento nella corrispondenza che ho precedentemente citato. Un’altra figura importante che influenzerà la formazione culturale di Pasolini è quella di L. Anceschi, che si era occupato nella sua produzione critica anche di poesia ermetica. Pasolini stesso scriverà nel 1956 a proposito del periodo giovanile che:
l’Estetica del Croce […] in effetti fuoriusciva dal nostro mondo estetico, operando sulla nostra intelligenza, ma non sulla nostra coscienza: ed era letta in funzione dell’autonomia dell’Arte e della poesia pura (è un fatto che più dell’Estetica ha contato allora per noi l’anceschiano
Autonomia ed eteronomia dell’arte!)12.

L’obiettivo critico di Anceschi in Autonomia ed eteronomia dell’arte era molto ambizioso, poiché, come l’autore dichiara implicitamente nel titolo stesso della sua opera, si tratta di trovare gli strumenti capaci di rendere conto, allo stesso tempo, della doppia determinazione, esterna e interna, del fatto artistico, in modo da coglierne l’autonomia e l’eteronomia. In questa prima fase della sua attività letteraria, Pasolini subisce dunque l’influenza di Anceschi nel tentativo di allargare le categorie estetiche in un senso extra-referenziale, permettendo ugualmente di salvaguardare l’autonomia del fatto artistico.

La digressione sull’ermetismo e sulle figure di riferimento importanti nella formazione di Pasolini finora esposte aiutano a reperire gli elementi che caratterizzano la critica di Pasolini nel saggio Studi sullo stile di Bach che ci apprestiamo ad analizzare. Gli aspetti derivanti dall’influenza dell’ermetismo e presenti nel saggio possono essere riassunti nel seguente modo: nella difficoltà di sciogliere la complessa interpretazione del saggio, che si presenta in questo senso appunto ermetico; nella presenza della compartecipazione critica di Pasolini secondo le modalità della critica ermetica, che prevede la condivisione spirituale del critico all’opera dell’autore, nella disamina del “canto puro”, in modo conforme agli interessi per la poesia pura e per il “ritorno al canto” degli ermetici; nel tentativo di sistematizzare l’autonomia della musica e della poesia e d’individuare la loro eteronomia attraverso la critica secondo la decisiva ascendenza sull’autore dell’opera di Anceschi; nell’uso dell’analogia che deriva dai metodi espressivi e dall’apertura metafisica della poesia simbolista.

§ 2 Autonomia della musica e della poesia. Il rapporto tra contenuto ed espressione. Aspetti del pensiero di F. Nietzsche

Per affrontare l’analisi del saggio ci soffermiamo ancora su alcune notizie relative al testo. Il saggio è del 1944-45, termine ante quem è la stesura della tesi di laurea su Pascoli, Antologia della poesia pascoliana: introduzione e commenti13, che riprende un ampio passaggio del saggio musicale. È probabile, secondo N. Naldini, che il lavoro al quale Pasolini era impegnato già nel 1944 fosse completato entro l’estate del 1945, periodo che coincide con la stagione bachiana di Pasolini, collegata all’amicizia con la violinista Pina Kalč, testimoniata nei “Quaderni rossi”: “Pina suona magnificamente Bach e accanto a lei Pier Paolo riassume il pubblico eletto al quale ella intende rivolgersi”14. Troviamo testimonianza della stagione bachiana di Pasolini anche nel romanzo autobiografico ed incompiuto Atti impuri15, in lavorazione fra il 1947 e 1950. In una stesura del 1950 e non inclusa nel romanzo, troviamo un tema che sarà l’argomento principale del saggio: lo stile di Bach.

Era soprattutto il Siciliano che mi interessava, perché gli avevo dato un contenuto e ogni volta che lo riudivo mi metteva […] davanti a quel contenuto: una lotta, cantata infinitamente, tra la Carne e il Cielo […] Come parteggiavo per la Carne! […] E come, invece, sentivo di rifiutarmi alle note celesti!16

La lotta tra Carne e Cielo non è solo una casuale e poetica immagine metaforica per rendere idealmente la musica di Bach; perché la lotta tra Carne e Cielo è la rappresentazione dell’aspetto tecnico musicale di Bach, come comprova nella sua analisi Guy Scarpetta17. La musica di Bach realizza la vena barocca perché è sensuale e religiosa al tempo stesso, la spiritualità è indissolubile dalla seduzione. Pasolini traspone questo dualismo all’interno di un ordine intellettuale nel quale è necessario sciogliere il significato di “Carne” per comprendere la posizione di parte dell’autore, “Come parteggiavo per la Carne!”. La musica di Bach suona in maniera sensuale perché il godimento sonoro proviene da una matrice formale basata sulla scelta del timbro, vera carne della musica; per questo motivo, nel godimento musicale bachiano, Pasolini ha inteso la “Lezione erotica di Bach”18. Questa parte introduttiva presenta il testo del saggio che di seguito si analizza.

Prefazione ossia confessione

Che non esista una lingua critica per la musica è una
constatazione scoraggiante per chi si accinge a parlare
nientedimeno che dello “stile” di un musicista
19.

Il concetto estetico di stile è spesso analizzato da Pasolini con una caratteristica particolare: non è quasi mai slegato da un altro importante tema estetico, quella del genio. Questo aspetto si riscontra nei saggi Da A. Soffici, o della divulgazione20 del 1941 e Dino e Biografia a Ebe21 del 1943; parlare dello stile di un musicista sottintende “nientedimeno” che parlare di un genio: Bach.

Io, per me, porterò nel criticare la musica la mia possibilità critica di interpretare certa poesia, pochissimo musicale […]22.

La prefazione, ossia confessione inerente alle intenzioni interpretative, ci rivela subito la linea critica adottata dall’autore, che prende in considerazione sia poesia e musica come entità autonome non confondibili su di un generico piano della musicalità, sia “certa poesia, pochissimo musicale”, che verte su un terzo elemento di raccordo, esteriore ai due elementi presi in considerazione, la possibilità critica, intesa come possibilità personale, che ci permette di riflettere la rielaborazione estetica di Pasolini.

E per spiegarmi meglio dovrò indagare brevissimamente sopra un uggioso problema, ossia i rapporti storici e ideali tra musica e poesia. [...] Innanzi tutto s’ha da distinguere una musicalità della poesia da una musicalità della musica. Qui verte l’equivoco. È musicalità della poesia certo settenario scorrevole, […] e se possiamo sempre chiamare tale poesia “musicale” ciò non significa che abbia qualche rapporto, se non esteriorissimo con la musica. […] La musicalità […] della poesia non ha nulla a che vedere con la musica. […] Più giustificato è il paragone tra la musica e la poesia di un Mallarmé, di un Valéry, […] essendoci nella musicalità di tale poesia qualcosa di matematico, di riflesso, di concettuale, molto più vicino alla musicalità della musica che la musicalità ingenuissima delle parole sdrucciole o tronche […] I rapporti tra musica e poesia non sono di un’equivoca musicalità, e nemmeno rapporti tra note e sillabe, ma, se mai rapporti tra ritmo e sintassi, se proprio vogliamo salvare una somiglianza esterna.


Note

1 Pasolini comprende con la generica definizione di “sonate”, le tre sonate e le tre partite per violino di Bach: l’Adagio e la Siciliana (non “il Siciliano”) sono della Prima sonata BMW 1001, la Ciaccona è della Seconda Partita BMW 1004, il Preludio è della Terza Partita BMW 1006. Il saggio si trova in P.P. Pasolini, Studi sullo stile di Bach [1944-45], in Saggi sulla letteratura e sull’arte, a cura di W. Siti e di S. De Laude, Mondadori, Milano 1999, vol.I, pp.77-90.
2 Il saggio di G. Magaletta analizza in modo approfondito e ricostruisce filologicamente i brani musicali presenti nell’intera produzione pasoliniana. G. Magaletta,
La musica nell’opera letteraria e cinematografica di Pier Paolo Pasolini, Quattro Venti, Urbino 1995.
3 La preferenza pasoliniana ricade sul repertorio sinfonico a scapito della lirica melodrammatica nel periodo giovanile. Senza rinnegare la fondamentale importanza che la melodia operistica ha comportato nei confronti della sinfonia, la scelta pasoliniana attesta alla musica sinfonica la riuscita tecnica, estetica, formale, come è stato analizzato nel saggio su Bach inerente le sei sonate per violino solo. Pasolini si avvicinerà alla lirica melodrammatica anche grazie all’amicizia con Maria Callas. Cfr. G. Magaletta, “Pasolini, la musica, la vita”, in
La musica nell’opera letteraria e cinematografica di Pier Paolo Pasolini, op.cit., prima parte, p.15.
4 Atti impuri è un romanzo non finito, apparso postumo nel 1982, si configura come selezione e trascrizione dai “Quaderni rossi”, i diari friulani degli anni 1946-47. L’originaria matrice diaristica, attestata in una lettera scritta da Casarsa a Silvana Mauri Pasolini il 18 agosto 1947, in P.P. Pasolini, Lettere 1940-54, a cura di N. Naldini, Einaudi, Torino 1986, p.314, si modificherà in uno sforzo di oggettivazione risalente al febbraio 1950, attestato in un’altra lettera indirizzata a Silvana Mauri, scritta non più da Casarsa ma da Roma, in ibid., p.401. Questi gli elementi e le date che compravano la complessa elaborazione del romanzo e l’idea di un libro scritto a strati. P.P.Pasolini, Amado mio preceduto da Atti impuri, con uno scritto di A. Bertolucci, a cura di C. D’Angeli, Garzanti, Milano 1982. Amado mio, romanzo scritto tra il 1947 e il 1948 è il seguito di Atti impuri, prende il titolo dalla nota canzone di Roberts-Fisher-Devill cantata da R. Hayworth nel 1947 nel film Gilda.
5 P.P.Pasolini, Atti impuri, in Romanzi e racconti, a cura di W. Siti e di S. de Laude, Mondadori, Milano 1998, vol.I, cap.I, III, p.15.
6 Ibid., p. 51.
7 Cfr. . G. Magaletta, La musica nell’opera letteraria e cinematografica di Pier Paolo Pasolini, op.cit., p. 96.
8 I brani musicali di Bach utilizzati da Pasolini nelle sue opere sono
Sonatina (Molto adagio)in si bemolle maggiore della Cantata BMW 106 “Gottes Zeit ist die allerbeste Zeit” Actus tragicus, (“Il tempo di Dio è il migliore dei tempi” Atto tragico), per flauto a becco, archi, basso continuo e organo in Accattone e Appunti per un film sull’India; Pastorale BMW 590 in fa maggiore per organo in Salò o le 120 giornate di Sodoma; Adagio dal Concerto per violino, oboe, archi e basso continuo in do minore BMW 1060 in Il Vangelo secondo Matteo; Adagio in re minore dal Concerto Brandeburghese n. 1 BMW 1046 in fa maggiore in Accattone; Andante in re minore dal Concerto Brandeburghese n. 2 BMW 1047 in fa maggiore in Accattone; Adagio dal concerto in mi maggiore per violino e orchestra BMW 1042 in Il Vangelo secondo Matteo; Ciaccona in re minore per violino BMW 1004 in Atti impuri; Passione secondo Matteo BMW 244 in Sopraluoghi in Palestina; Coro n. 78 in do minore dalla Passione secondo Matteo BMW 244 in Accattone, Il Vangelo secondo Matteo, La sequenza del fiore di carta; Aria n. 47 in si minore dalla Passione secondo Matteo BMW 244 in Il Vangelo secondo Matteo; “Dona nobis pacem” dalla Messa in si minore BMW 232 in Il Vangelo secondo Matteo.
9 Questo concetto viene affrontato qui, in “Il concetto di genio e di stile”.
10 Cfr. E.Garroni, “Di un possibile rapporto reciproco e unilaterale di immagine e musica nel film”, in L’arte e l’altro dall’arte. Saggi di estetica e di critica, Laterza, Bari 2003, cap. X, pp. 223-224.
11 P.P.Pasolini, Poeta delle Ceneri, in “Nuovi argomenti”, n. 67-68, luglio-dicembre 1980, p. 26.
12 L’articolo di Pasolini La posizione era apparso per la prima volta in “Officina”, n° 6, aprile 1956, pp. 245-250.
13 P.P.Pasolini, Antologia della lirica pascoliana. Introduzione e commenti, a cura di M.A. Bazzocchi, saggio introduttivo di M.A. Bazzocchi ed E. Raimondi, Einaudi, Torino 1993. La tesi è stata discussa a Bologna nel novembre del 1945. È da notare la coincidenza del passo sulla poesia “musicale” in P.P.Pasolini, Antologia della lirica pascoliana, op.cit., pp. 108-110 con il saggio Studi sullo stile di Bach, da “È musicalità” fino ad “arte poetica”, cfr. P.P. Pasolini,
Saggi sulla letteratura e sull’arte, op.cit., vol.I, pp. 78-79.
14 Col titolo “Quaderni rossi” si designano cinque quaderni autografi stesi fra l’estate del 1946 e l’autunno del 1947 in Friuli, attualmente si trovano presso l’Archivio Pasolini di Casarsa. Alcuni estratti sono stati pubblicati in un saggio di N.Naldini in P.P.Pasolini, “Et m’è rimasa nel pensier la luce, in Poesie e pagine ritrovate, a cura di N.Naldini e A. Zanzotto, Lato Side, Roma 1980, pp.7-72, e nella cronologia in P.P.Pasolini, Lettere 1950-54, a cura di N.Naldini, Einaudi, Torino 1986, poi anche in P.P. Pasolini, “Cronologia”, in Saggi sulla letteratura e sull’arte, a cura di N.Naldini, vol.I, pp.CXLVII-CCXII, si cita da p.CLXIV.
15 In P.P.Pasolini, “Appendice ad “Atti impuri””, in Romanzi e racconti, op.cit., vol.I, a p.194 si può trovare una chiara testimonianza della stesura del saggio: “Pina suonò: il Siciliano della Prima Sonata, perché in quei giorni Paolo stava scrivendo uno studio su Bach”.
16 P.P. Pasolini, “Note e notizie sui testi”, in Saggi sulla letteratura e sull’arte, op.cit., vol.II, p. 2878.
17 G. Scarpetta, “Variazioni musicali”, in
L’artificio. Estetica del xx secolo da Picasso a Warhol, da Schoenberg a Berio, da Gadda a Kundera, Sugarco edizioni, Milano 1988, cap. XIII, pp. 152- 157.
18
Ibid., p. 154.
19 P.P. Pasolini, Studi sullo stile di Bach [1944-45], in Saggi sulla letteratura e sull’arte, op. cit., vol. I, p. 77.
20 P.P. Pasolini, Da A. Soffici, o della divulgazione, in Saggi sulla letteratura e sull’arte, op. cit., vol. I, p. 7.
21 P.P. Pasolini, Dino e Biografia ad Ebe, “Il Setaccio”, anno III, n° 4, febbraio 194 3, ora in P.P. Pasolini, Saggi sulla letteratura e sull’arte, op. cit., vol. I, pp. 34-35.
22 P.P. Pasolini, Studi sullo stile di Bach [1944-45], in Saggi sulla letteratura e sull’arte, op. cit., vol. I, p. 77.
23 Ibid., pp. 77.
24 Cfr. E. Fubini, “Musica e poesia, in Estetica della musica, Il Mulino, Bologna 1995, p. I, cap. II, pp. 22-23.
25
Sull’aspetto inerente la specificità della musica nella visione della teoria estetica e come momento di attestazione dell’autonomia musicale si veda E. Hanslick, Il bello musicale, trad.it. di M.Donà, Minuziano, Milano 1945.
26 Per quanto riguarda l’aspetto comune tra musica e poesia, oltre ad essere ambedue arti nel tempo, e non dello spazio, sono anche arti che si fondano sull’articolazione del suono, su una scelta di suoni pertinenti e di una conseguente esclusione di suoni non pertinenti. Per maggioriapprofondimenti si veda E. Fubini, Estetica della musica, op.cit.
27 Cfr. A. Trione, “Oltre il simbolismo”, in
Ostinata armonia. Filosofia ed estetica tra otto e novecento, Laterza, Bari 1991, cap. I, pp.3-7.
28 P. Valéry, L’esistenza del simbolismo [1938], in Mallarmé, a cura di S. Toni, Il cavaliereazzurro, Bologna 1984.
29 Ibid., p. 101.
30 P.P. Pasolini, Studi sullo stile di Bach [1944-45], in Saggi sulla letteratura e sull’arte, op. cit., vol. I, p. 79.
31 P.P. Pasolini, L’ispirazione nei contemporanei, in “La Fiera letteraria”, anno II, n.° 52, 25 dicembre 1947, ora in P.P. Pasolini, Saggi sulla letteratura e sull’arte, op. cit., vol. I, pp. 203-209.
32 F. Nietzsche, La nascita della tragedia, in Opere, Adelphi, Milano 2003.
33 F. Nietzsche, La filosofia nell’epoca tragica dei greci e scritti 1870-1873, Opere, trad. it. di G. Colli, Adelphi, Milano 2003.
34 Cfr. F. Nietzsche, La nascita della tragedia, in Opere, op.cit., capp. XI-XII, pp.75-88, e cfr. F. Nietzsche , Socrate e la tragedia, in La filosofia nell’epoca tragica dei greci e scritti 1870-1873, Opere, op.cit., pp.27-45.
35 P.P.Pasolini, Edipo re, Garzanti, Milano 1967, poi in Pasolini 1991, P.P.Pasolini,
Il Vangelo, Edipo, Medea, introduzione di M. Morandini, Garzanti, Milano 1991. Pasolini è a conoscenza dell’opera di Nietzsche e dell’ontologia metafisica nel periodo coevo alla stesura del saggio Studi sullo stile di Bach del 1944-45, di cui abbiamo conferma dalla presenza del saggio Penso ai mondi metafisici…del 1946, P.P. Pasolini, Penso ai mondi metafisici…, “Libertà”, 17 marzo 1946, ora in P.P. Pasolini, Saggi sulla letteratura e sull’arte, op. cit., vol. I, pp. 149-151.
36 P.P. Pasolini, Lettere 1940-54, op.cit., pp. 209-210. La lettera sarà ripresa dal giovane poeta nell’articolo Volontà poetica ed evoluzione della lingua, in “Il Stroligùt”, n. 2, aprile 1946. Rispetto al testo della lettera l’autore apporta nella versione dell’articolo delle variazioni senza importanza, tranne quando sostituisce l’affermazione “il momento in cui si sente l’infinito nel soggetto”, con l’espressione di senso analoga “il momento poetico in cui è concessa un’evasione estetica in quell’infinito che si estende vicino a noi, eppure ‘invinciblement cachè dans un secret impenetrable’(Pascal)”.
37 P.P.Pasolini, Antologia della lirica pascoliana. Introduzione e commenti, op.cit., pp. 66-67.
38 Ibid., p. 67.
39 “Cosa vuol dire dunque ‘melodia infinita’? Se cerchiamo di risalire alle fonti, un punto interessante lo troviamo nel Pascoli del Galletti, lì dove si accenna a quella che il critico definisce la ‘trasmutabilità del verso pascoliano’. ‘Il trasformarsi del ritmo poetico è un fatto letterario parallelo al rinnovamento musicale e l’arte simbolista volle essere alla poesia quello che l’arte wagneriana fu alla musica. Il fine cui tende la musica odierna – scrive F. Nietzsche nell’opuscolo, Nietzsche contro Wagner – cioè quel suo carattere che oggi si chiama con la parola forte ma oscura, la melodia infinita, può essere espresso così: si entra nel mare, si perde piede a poco a poco, finchè ci si abbandona all’elemento; bisogna nuotare. Nella cadenza leggera, solenne, ardente della musica antica, nel suo moto, ora lento ora vivo, bisognava cercare tutt’altra cosa: bisognava danzare… la misura, che in tale musica era necessaria, le gradazioni di tempo o di forza che vi erano osservate costringevano l’animo dell’osservatore ad una continua riflessione… Wagner capovolse le condizioni filosofiche della musica esistente…La melodia infinita vuol rompere, appunto, ogni unità di tempo e di forma …essa trova la sua ricchezza di invenzione proprio in quello che ad orecchi d’altri tempi suonava come un paradosso ritmico, o come una bestemmia.’”, F. Ferri,
Linguaggio, Passione e Ideologia. Pier Paolo Pasolini tra Gramsci, Gadda e Contini, Progetti Museali, Roma 1996, pp. 44-45. La citazione di Galletti si trova in A. Galletti, La poesia e l’arte di Giovanni Pascoli, Formiggini, Roma 1918, p. 285.
40 F. Nietzsche, La nascita della tragedia, in Opere, op.cit., p.74.
41 Ibid., p. 107.
42 Ibid., cap. 5, pp. 39-45.
43 Cfr. ibid., pp. 43-45.
44 P.P. Pasolini, Studi sullo stile di Bach [1944-45], in Saggi sulla letteratura e sull’arte, op. cit.,vo. I, p. 86.
45 P.P. Pasolini, Penso ai mondi metafisici…, in Saggi sulla letteratura e sull’arte, op. cit., vol. I,pp. 149-151.
46 P.P. Pasolini, L’ispirazione nei contemporanei, in Saggi sulla letteratura e sull’arte, op. cit., vol. I, pp. 203-209.
47 Cfr. F. Nietzsche, La nascita della tragedia, in Opere, op.cit., pp. 106-109.
48 Ibid., p. 109.
49 Cfr. G. Santato, Pier Paolo Pasolini: L’opera, Neri Pozza, Vicenza 1980, p. 34.
50 B. Croce, La teoria dell’arte nell’età barocca, in Storia dell’estetica per saggi, Laterza, Bari 1942.
51 Ibid., p. 64.
52 Cfr. A. Trione, “Pensare la poesia”, in
Ostinata armonia. Filosofia ed estetica tra otto e novecento, op.cit., cap. III, p. 50.
53 È opportuno rilevare che, tra l’altro, la prima tesi di laurea di Pasolini preparata con R. Longhi era proprio dedicata al periodo barocco Il barocco romano. Successivamente, in seguito allo smarrimento di questa, durante la fuga da Pisa dopo l’8 settembre 1943, optò per la tesi su Pascoli.
54 P.P. Pasolini, Studi sullo stile di Bach [1944-45], in Saggi sulla letteratura e sull’arte, op. cit.,vol. I, p. 86-87.
55 J.W. Goethe, “6 ottobre, di sera”, in Viaggio in Italia, commento di H. von Einem adattato da E. Castellani, prefazione di R. Fertonani, trad.it. di E. Castellani, Mondadori, Milano 1983, pp. 90-92.
56 P.P. Pasolini, Studi sullo stile di Bach [1944-45], in Saggi sulla letteratura e sull’arte, op. cit.,vol. I, p. 87-88.
57 G. Scarpetta, “Variazioni musicali”, in
L’artificio. Estetica del xx secolo da Picasso a Warhol, da Schoenberg a Berio, da Gadda a Kundera, op.cit., cap. XIII, p. 153.
58 Sul rapporto tra musica e matematica si veda E. Fubini, “Musica e matematica, in Estetica della musica,op.cit., p. I, cap.III, pp. 24-27.
59 J. Dieudonné, L’arte dei numeri. Matematica e matematici d’oggi, trad.it. di P. Pagli, Mondadori, Milano 1989, p. 5.
60 Il riferimento è al musicista F.Schubert (Vienna 1797-1828). Nel 1814 compose il lied
Gretchen am Spinnrade, Margherita all’arcolaio, su testo di Goethe, l’inno Canto di un viandante nella tempesta. In Schubert si trova l’anticipazione e lo sviluppo di ogni forma liederistica, il suo catalogo conta oltre mille lieder musicati su testi di H. Heine, W. Muller, F. Schiller e di J. F. Goethe.
61 In questo momento della trattazione critica inerente la purezza del canto, in cui predomina l’aspetto tecnico formale, il sentimento sembra apparire come assente. Successivamente l’argomento verrà ripreso in modo dettagliato introducendo il concetto di “distacco intimo”, in cui il sentimento puro è correlato al suo analogo, il canto puro.
62 Cfr. A. Trione, “Pensare la poesia”, in
Ostinata armonia. Filosofia ed estetica tra otto e novecento, op.cit., cap. III, p. 50.
63 P.P. Pasolini, Studi sullo stile di Bach [1944-45], in Saggi sulla letteratura e sull’arte, op. cit., vol. I, p. 88.
64 Cfr. E. Franzini, M. Mazzocut-Mis, “Il Rinascimento”, in Estetica. I nomi, i concetti, le correnti, B.Mondadori, Milano 1996, parte prima, cap.2, p.20.
65 G. Scarpetta, “Variazioni musicali”, in
L’artificio. Estetica del xx secolo da Picasso a Warhol, da Schoenberg a Berio, da Gadda a Kundera, op.cit., cap. XIII, p. 155.
66 Cfr. ibid., p. 156.
67 P.P. Pasolini, Studi sullo stile di Bach [1944-45], in Saggi sulla letteratura e sull’arte, op. cit., vol. I, p. 88.
68 La tecnica formale della musica è parte rilevante dell’opera pasoliniana. Inoltre l’autore nel romanzo autobiografico Atti impuri afferma “Bisogna che mi esprima in musica. […] ma cambierei tutta la terminologia. […] Ma la vera, necessaria novità, consisterebbe nella vera e propria tecnica musicale”. P.P.Pasolini, Atti impuri, in Romanzi e racconti, op.cit., vol. I 1946- 1961, cap. VII, p. 107.
69  P.P. Pasolini, Penso ai mondi metafisici…, in Saggi sulla letteratura e sull’arte, op. cit., vol. I, p. 149.
70  P.P. Pasolini, Studi sullo stile di Bach [1944-45], in Saggi sulla letteratura e sull’arte, op. cit., vol. I, p. 88.
71  P.P. Pasolini, Penso ai mondi metafisici…, in Saggi sulla letteratura e sull’arte, op. cit., vol. I, p. 149.
72 Ibid.
73 I. Kant, Critica del giudizio, trad.it. di A.Gargiulo, riv. da V.Verra, Laterza, Bari1984, par. 49, p.179.
74 Ibid., par. 46, p. 166.
75 Cfr. ibid., par. 47, p. 167.
76 J.W. Goethe, Semplice imitazione della natura, maniera, stile [1789], in
Scritti sull’arte e sulla letteratura, a cura di S. Zecchi, Bollati Boringhieri, Torino 1993, pp. 86-87.
77 Con “l’altro aspetto delle caratteristiche degli oggetti” Goethe intende la capacità dell’arte di esprimere tramite un linguaggio universale la conoscenza approfondita delle proprietà degli oggetti e i loro modi d’essere, fino a percepire la serie delle loro configurazioni, giungendo al fondamento più profondo della conoscenza, “all’essenza delle cose”. Cfr. J.W. Goethe,
Semplice imitazione della natura, maniera, stile [1789], in Scritti sull’arte e sulla letteratura, op.cit., pp.85-86.
78 Ibid., p.87.
79 Ibid.
80 Ibid., pp. 85-86.
81 Innumerevoli sono le ricorrenze all’ossimoro, qui riportiamo un esempio di prosa giovanile in cui la formula ossimorica si trova nella forma etimologica, accentuando il livello retorico, “Sarà più grande la gioia di chi avrà disperatamente sperato”, da P.P.Pasolini,
Ragionamento sul dolore civile, in “Il Setaccio”, III, n. 2, dicembre 1942, (corsivo nostro). Per quanto riguardo la presenza dell’ossimoro nella poesia pasoliniana più matura, lo si trova come modulo stilistico e come tale percorre l’intero volume delle Ceneri di Gramsci, su questo aspetto si veda G. Santato, Le ceneri di Gramsci, in Pier paolo Pasolini: L’opera, op.cit., p. 160.
82 P.P. Pasolini, Studi sullo stile di Bach [1944-45], in Saggi sulla letteratura e sull’arte, op. cit., vol. I, p. 88.
83 Ibid., pp. 88-89.
84 Sull’aspetto dell’antitesi come elemento presente in tutti i livelli della scrittura pasoliniana e come scoperta delle “incommensurabili possibilità stilistiche ed espressive” dell’autore si veda F. Fortini, Saggi italiani, Dedalo, Bari 1974, pp. 130-131.
85 Per quel che riguarda l’analisi della sineciosi da un punto di vista semantico si fa riferimento agli studi di H. Weinrich. La dilatazione di significato all’interno della contraddizione nella sineciosi è un fenomeno che rientra in quel processo che H. Weinrich chiama controdeterminazione. Cfr. H. Weinrich, Metafora e menzogna: la serenità dell’arte, Il Mulino, Bologna 1976, p. 89.
86 Per il periodo classicista goethiano si veda S. Givone, Educazione estetica, classicismo, Goethezeit, in Estetica. Storia, categorie, bibliografia, La Nuova Italia, Firenze 1998, p.47, e P. Szondi, Antico e moderno nell’estetica dell’età di Goethe, introduzione di R. Bodei, trad.it. di P. Kobau, Guerini, Milano 1995.
87 Si cita da P.P. Pasolini, Studi sullo stile di Bach [1944-45], in Saggi sulla letteratura e sull’arte, op. cit., vol. I, pp. 80-90. Si precisa che il manoscritto originale Studi sullo stile di Bach si conserva in due stesure, di cui una interrotta: entrambe si trovano nei Materiali di Casarsa, cassetta n.1, il materiale lasciato a Casarsa prima del trasferimento a Roma nel 1950. La prima stesura A presenta alcune correzioni a penna e diversi spazi bianchi in attesa di integrazioni, per lo più di singole parole; B è una copia di A, completa le parti mancanti e introduce qualche modifica già nel titolo del saggio: Studi sullo stile di Bach (limitatamente alle sei sonate per violino solo) in A, e semplicemente Studi sullo stile di Bach in B. Diverso nelle due stesure è anche il titolo del capitolo introduttivo “Prefazione ossia confessione” in A, e “Nota” in B. Il testo pubblicato segue B, finché è possibile, per la “Nota” e il capitolo I, proseguendo con A per le parti che l’autore non ha trascritto in pulito. Gli esempi musicali di Pasolini a un certo punto si interrompono nel manoscritto, quando il testo ha consentito ad individuarli sono stati inseriti gli esempi mancanti. Riportiamo da P.P. Pasolini, “Note e notizie sui testi”, in Saggi sulla letteratura e sull’arte, op. cit., vol.II, pp. 2877-2879, le seguenti indicazioni: “Nel secondo esempio musicale (dalla Sonata n. 6, Preludio) Pasolini manca di notare il tempo (3/4) e la pausa iniziale del valore di una croma, posta prima delle note, anche se il testo rivela la pausa iniziale (“prima il silenzio, dopo il suono”). Nel primo esempio musicale (dal Siciliano, frammento dell’ultima parte della prima battuta), Pasolini non registra un bemolle al si. Diamo qui, come nel caso delle altre sviste, segnalate più  oltre, il testo corretto secondo la partitura dell’edizione Bach-Gesellschaft, vol. XXVIII, Leipzig 1851-99. Nel commento al terzo esempio musicale (ultime due battute del Siciliano), è da notare che dove Pasolini parla di “semibiscrome” è da intendere, invece, “semicrome”. Il primo esempio musicale (Sonata n. 1, Adagio, battuta 1) è notato correttamente nei valori, ma scorretto nelle indicazioni delle alterazioni. Nel secondo esempio musicale (Sonata n. 1, Adagio, battuta 21ª), al si manca un bemolle. La battuta è la penultima, e non, com’è detto nel testo, l’ultima. Nel testo, Pasolini impiega sempre il termine “suonata”, ma abbiamo preferito riportarlo al più regolare “sonata””.

 

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