Alessandro Rigolli, Paolo Russo, a cura di, Il suono riprodotto. Storia, tecnica e cultura di una rivoluzione del Novecento, EDT, Torino 2007, pp. 167.

Recensione a cura di Simone Broglia

 

Molte sono le declinazioni che un titolo del genere può assumere nella sua trattazione e molti possono essere i punti di vista o le angolature con cui il lettore ha la possibilità di avvicinarsi all‟argomento della riproduzione del suono. Il testo in questione è il terzo di una serie pubblicata dalla casa editrice musicale piemontese con l‟ausilio della Casa della Musica di Parma, anticipato da altri due volumi usciti in seguito a relativi convegni dal titolo: La divulgazione musicale in Italia oggi e La musica sulla scena. Lo spettacolo musicale e il pubblico. Questo terzo testo è composto da Alessandro Rigolli e Paolo Russo raccogliendo gli interventi esposti durante la sessione di dibattito sulla cultura della musica riprodotta e sulla qualità del suono registrato come “oggetto” culturale da conservare, spaziando dagli aspetti tecnico-creativi della registrazione a quelli sociologici fino ad arrivare all‟incisione del suono come interpretazione musicale del testo. Questa raccolta d‟atti dunque, come il convegno, è suddivisa in due parti di cui la prima curata nello specifico da Alessandro Rigolli dal titolo “Storia, cultura, tecnica e società” e la seconda da Paolo Russo che raccoglie invece le relazioni di due tavole rotonde: “La qualità del suono come „oggetto‟ culturale da conservare” e “L‟incisione del suono come interpretazione”.

Il saggio che apre il libro è di impostazione storica1: Marco Capra espone la nascita e lo sviluppo nei suoi primi anni di vita dell‟ascolto discografico. Analisi che viene condotta in modo piuttosto interessante creando continui parallelismi con le campagne pubblicitarie dell‟epoca; il contesto è quello dei primissimi anni del 1900, e gli slogan che accompagnano la promozione pubblicitaria riflettono un modo di concepire la registrazione quale sostituto tecnologico di una prassi musicale antiquata come quella del concerto.

Il teatro in casa diventa l‟espressione simbolo del rapporto tra la musica dal vivo e la sua registrazione: si punta a promuovere con l‟incisione un rapporto di comoda intercambiabilità tra esibizione e disco fondato sulla perfetta, o quasi, identità. Occupandosi della ricezione italiana di questo fenomeno Capra individua tre passaggi storici di sviluppo: a)la curiosità iniziale, in genere fine a sé stessa; b)l‟attenzione interessata nei confronti di un fenomeno e di oggetti che iniziano a essere diffusi all‟interno di un‟èlite; c)l‟accettazione incondizionata, fase in cui la musica riprodotta si afferma come parametro della musica eseguita dal vivo.

La mancanza di testimonianze critico-estetiche sulla questione della riproducibilità sonora negli anni della sua nascita non sembra essere indicativa della scarsità d‟interesse, quanto del fatto che il mercato discografico in Italia avesse ben pochi possibili acquirenti. Interessante allora l‟operazione che fa l‟autore del saggio ripercorrendo, seppur brevemente, le questioni legate all‟economia e al diritto, scoprendo come anche gli editori si trovassero spaesati nel considerare giuridicamente l‟opera riprodotta. La Convenzione di Berna del 1886 aveva stabilito che la riproduzione meccanica di musica non era da considerarsi contraffazione; l‟oggetto in questione era però la Cecilian-Pianola-Aeolian, che produceva musica tramite rulli e che spostava l‟asse del problema “diritti”: non era la riproduzione in sé ma il fatto che essa fosse o meno proposta al pubblico. Corsi e ricorsi storici della riproduzione musicale, la vicenda assume i colori dell‟attualità se la avviciniamo alle questioni economiche legate alle suonerie eseguite da sintetizzatori monofonici per i cellulari2.

Alessandro Rigolli intitola il suo saggio “La musica riprodotta dal secondo Novecento ad oggi: cultura musicale e cultura dell‟ascolto”3, lo scopo sembra essere quello di riassumere e raccogliere alcuni caratteri essenziali che denotano la cultura della fruizione musicale maturata negli ultimi cinquant‟anni attraverso i condizionamenti scaturiti dallo sviluppo e dalla diffusione dei sistemi di riproduzione sonora. La proposta al lettore diventa allora quella di spostare l‟attenzione verso fenomeni che della registrazione sono consequenziali diramazioni: a)sviluppo dei generi musicali; b)sviluppo di nuove modalità di ascolto e delle tecnologie legate ad esse; c)sviluppo di una cultura dell‟ascolto condivisa da una società. Gli esempi che porta Rigolli per sottolineare le possibilità offerte dalla registrazione spaziano su diversi settori, dall‟ambito colto con il rapporto costruttivo sviluppato con la tecnologia alla possibilità fondamentale per il jazz e l‟etnomusicologia di registrare e fissare musiche non scritte.

In linea con la chiusura dell‟intervento di Rigolli si sviluppano anche quelli, più brevi rispetto ad altri, di Dandolo4 e Clericetti5. Il primo dal titolo “La registrazione sonora: una testimonianza” si riallaccia alla questione storica e sociologica dei nuovi generi musicali; purtroppo solo in due pagine accenna ad una possibilità molto importante che si sviluppa con il passaggio dall‟analogico al digitale: la post produzione.

Nello sviluppo delle tecniche di registrazione e riproduzione, la radio, aldilà della valvola termoionica o triodo, ha giocato un ruolo di centrale importanza in particolar modo in Europa dove gli studi di fonologia sono sorti a ridosso delle emittenti. Ma non è di questo che ci parla Clericetti nel suo “Musica riprodotta alla radio: un‟ipotesi di prassi esecutiva”, piuttosto si concentra sulla questione delle orchestre e delle registrazioni radiofoniche; affronta l‟atteggiamento differente che assumono grandi direttori d‟orchestra nei confronti del mezzo radiofonico e l‟avvento della schizofonia o scissione tra ciò che produce suono e ciò che lo emette mostrando al lettore come mutano la fruizione, la diffusione, ma soprattutto le prassi esecutive da parte dei musicisti.

Tornando al tema della radio, come accennato precedentemente, interessante è il fatto che attorno ad esse nascano verso la metà del Novecento delle scuole di sperimentazione legate alla riproduzione musicale e alla musica elettronica. Di questo, ma non solo, tratta il saggio di Martino Traversa “Il suono riprodotto come „materia‟ musicale”
6 che si sviluppa a partire da una interessante ricognizione storica fra gli scienziati che si sono occupati del suono: Helmholtz, Bell, König ed infine Edison. Con la possibilità di riproduzione, l‟insieme dei suoni, l‟intero panorama comprendente anche i rumori, può essere suddiviso a seconda dell‟origine in tre gruppi: a)suoni del mondo della natura e industriale; b)i suoni prodotti dagli strumenti tradizionali; c)i suoni prodotti da dispositivi analogici e digitali. Tutti questi possono essere utilizzati e registrati, ed è questa la questione più importante: si aprono con la possibilità di riprodurre il suono convivenze inattese e impensabili fra strumenti tradizionali e suoni di fabbrica, fra oscillatori armonico-sinusoidali e rumori. È proprio sulla possibilità di riproduzione che si concentrano gli interessi del Groupe de recherche de musique concrète, attorno al quale si raccolgono alcuni dei più grandi compositori del Novecento: musicisti coinvolti dalla scienza e dalle sue possibilità o scienziati affascinati dalla musica, come nel caso di Lietti a Milano, di Xenakis, oppure dell‟ingegnere del suono Pierre Schaeffer su cui si concentra buona parte del saggio di Traversa. Messo in continuità con l‟opera di Varèse, e in opposizione a quella di Stockhausen, con Schaeffer prende avvio un movimento musicale detto concretista che utilizza nella composizione gli elementi stessi della natura, della fabbrica e di quello che è il paesaggio sonoro che circonda l‟uomo e attraverso questi elementi compone.

Interessante e dibattuta è la tematica riguardante lo sviluppo storico-estetico-stilistico delle tre scuole europee di musica elettronica (Parigi, Colonia, Milano); come spesso succede le parole più chiare sono quelle del compositore stesso nel definire la propria musica e i propri progetti, per questo è opportuno citare un passo dalla intervista di Tim Hodgkinson a Pierre Shaeffer riguardo la differenza fra musica concreta e musica elettronica. “Per la musica concreta il carattere essenziale della musica come attività umana è tale che l‟esperienza d‟ascolto e l‟orecchio hanno funzioni cruciali; per la musica elettronica la priorità è nell‟idea, il sistema, la perfezione del controllo, la precisa razionalizzazione, nel diventare scientifica”.
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L' intervento della scienza nella composizione assume un ruolo sempre più importante, ma non solo in essa. Infatti, se fino ad ora si è parlato di riproduzione, l‟intervento specifico e scientifico di Martignon fa luce sulle tecniche di registrazione acustica e sulle questioni relative alla possibilità di spazializzare un segnale sonoro. Il suono lo si può pensare attraverso diversi parametri fisici; il modo più comune, fin dai primi calcolatori come chiaramente esposto anche da Mathews8, è quello di descrivere l‟onda con una funzione: viene considerata una variazione di pressione dell‟aria nel tempo, strettamente dipendente dallo spazio, rappresentabile numericamente. A partire dalla tecnica standard e più semplice di spazializzazione che è la stereofonia9, due canali di provenienza del suono, Martignon espone anche le più complesse e complete metodologie per la resa sonora del campo acustico: dalla quadrifonia alle tecniche di registrazione binaurale, fino all‟Ambisonics e il Wave Field Synthesis. Il problema è quello di creare uno spazio acustico fittizio che tenga conto sia della posizione angolare dell‟ascoltatore che della distanza a cui si vuol far apparire un suono e che quindi lavori sul rapporto fra energia diretta e riverberata e sulla perdita di componenti a bassa frequenza.

Tutt'altro che fittizio è lo spazio sonoro di cui si occupa invece Silvia Zambrini
10 nel suo “Commercializzazione e sonorizzazione delle aree urbane”. Articolo interessante che spazia fra la sociologia e le questioni percettive del contesto eterofonico in cui abitiamo, facendo emergere la dialettica tra uno spazio abitativo pubblico e la possibilità di elementi privati comunicanti.

Con l'intervento di Silvia Zambrini termina la prima sessione di lavoro e si apre la prima tavola rotonda tematica; questa curata nel testo da Angelo Pompilio ha come argomento cardine del dibattito “La qualità del suono come oggetto culturale da conservare”
11. Due soli articoli compongono questa parte del testo, il primo di David Arthur Contini12 ed il secondo di Sergio Canazza13 che espongono in modo interessante e piuttosto puntuale le modalità di restauro e le possibilità di spostare il materiale sonoro su altro supporto rispetto all‟originale; i due articoli portano alla luce i principali dubbi e le questioni metodologiche, sconosciute a chi non si occupa di queste tematiche, che si trova ad affrontare chi opera nel settore della ri-mediazione. Dalle problematiche legate alla eventuale, se possibile, ri-equalizzazione, al raffronto con la partitura, alla frequenza del La; una scelta operativa fondamentale si pone poi con l‟avvento della conservazione attiva, ovvero quella che avviene con la digitalizzazione, dove il possibile intervento diretto mette di fronte a due possibilità: conservare il suono del supporto oppure il suono dell‟artista correggendo errori e difetti dovuti a carenze tecnologiche dell‟epoca in cui è stato registrato?

La seconda tavola rotonda dal titolo “L‟incisione del suono come interpretazione” si apre con l‟intervento del moderatore Paolo Russo
14 che esponendo dapprima i campi d‟intervento del tecnico del suono, suddivisibili in cinque aree: tempo, tono, dinamica, qualità del suono, proprietà spaziali, giunge alla controversa questione di ECM se dunque la registrazione produca un evento acustico ideale o irreale. Stefano Albarello15 al quale è invece affidato il successivo intervento concentra la trattazione proprio sulla figura del tecnico del suono e sul suo ruolo divenuto via via sempre più importante sia nelle registrazioni real sound in sale storiche sia nelle fasi di successivo editing del materiale. Le sue scelte di microfonazione investono poi uno dei parametri fondamentali della registrazione sonora come la spazializzazione.

Su di un piano di ricerca e anche di approfondimento differente si pone l‟intervento di Vincenzo Caporaletti
16, che ha il merito di riuscire con chiarezza a far emergere il nucleo tematico della sua trattazione con profondità concettuale e ricchezza di riferimenti. Al centro della sua idea di “musica audiotattile” vi è il fatto che il medium diventi il fulcro fondamentale su cui si costruisce l‟estetica; il “principio audiotattile” diviene il mezzo con cui la musica è eseguita ma nello stesso tempo pensata, rappresentata e composta. L‟utilizzo del medium di registrazione ingenera nelle musiche caratterizzate dal “principio audiotattile” conseguenze di ordine cognitivo, orientando verso la formazione di tutte quelle musiche che assumono la possibilità di registrazione aldilà della dicotomia emersa tra documentale e creativo, ma che attraverso la fissazione su supporto audio possono fermare gli aspetti performativo evenemenziali di queste stesse. Se per Eisenberg, che cita spesso lo stesso Caporaletti, “„Registrazione‟ è una parola fuorviante. Soltanto le registrazioni dal vivo registrano un avvenimento; quelle prodotte in studio, vale a dire la stragrande maggioranza, non registrano nulla. Assemblate pezzo per pezzo ricucendo insieme brandelli di avvenimenti reali, costruiscono un avvenimento ideale. Sono il fotomontaggio di un Minotauro”17; per Caporaletti la possibilità reale aggiunta dalla registrazione è quella che riflette un complesso di dinamiche da lui stesso definito come codifica neo-auratica. Ponendosi ovviamente in una posizione antifrastica rispetto alla definizione benjaminiana di aura, per Caporaletti il fatto di poter fissare parametri e qualità processuali fa sì che si crei una nuova auraticità proprio grazie al supporto tecnologico.

L'ultimo intervento nel testo è quello di Angelo Orcalli
18 che torna a riaprire alcune questioni trattate precedentemente in questa tavola rotonda dandone una nuova problematizzazione e un approccio in qualche misura maggiormente sistemico alle possibilità di conservare e riprodurre eventi sonori. Secondo Orcalli lo studio dei documenti audio è stato erroneamente sempre svolto in una chiave limitativa, ovvero come documentazione storica che mummifica il suono, per questo si rende necessaria una nuova storia dei documenti audio che comprenda sia la storia delle trasformazioni del tessuto sonoro subite nel processo di costruzione e trasmissione sia la conoscenza delle caratteristiche dei materiali dei sistemi e degli apparati tecnologici che ce l‟hanno reso fruibile. Dovremmo allora parlare e pensare ad un processo di ri-mediazione formato da due sub-strutture: a)il documento analogico con il suo sistema di lettura b)il sistema di conversione e scrittura digitale con il nuovo documento. Queste restano per l‟ascoltatore comunicanti grazie al riconoscimento e alla ri-mediazione del documento e la distanza storica diviene per l‟osservatore fonte di informazione. Da qui il saggio poi sviluppa nuovamente le tematiche legate all‟autenticità, alla nuova oralità tecnologica, all‟auralità ramificando le possibilità di registrazione e conservazione in cinque differenti accezioni: conservativo, documentario, sociologico, ricostruttivo ed estetico. La chiusura con questo intervento mette il punto ad un testo molto interessante da leggere che ha il pregio di approfondire, sia dal lato storico che dal lato tecnico-esecutivo, alcune tematiche centrali legate allo sviluppo e alle possibilità di riproduzione di un segnale sonoro. La suddivisione del libro in due parti, gli interventi singoli e le tavole rotonde tematiche, sottolinea l‟organicità delle seconde mentre lascia alla prima parte un carattere di approfondimento introduttivo che ben riflette l‟intento multiramificato del libro.

Per loro stessa struttura e per il fatto che lì la vicinanza al tema sia posta come requisito indispensabile, le due tavole rotonde presentano una linea d‟unificazione maggiormente evidente nelle declinazioni proposte; a volte anche troppo marcata, nel senso che le declinazioni rispetto al tema appaiono come riproposizioni più che come variazioni d‟approccio. Di questo soffre soprattutto la seconda, “L‟incisione del suono come interpretazione” che si trova a sviluppare un argomento indubbiamente coinvolgente ma che viene indirizzata quasi univocamente a livello concettuale sulle questioni dell‟autenticità e dell‟auraticità del documento audio. La domanda di autenticità rispetto alla registrazione di un documento sonoro, così come spesso viene posta da un punto di vista culturale, sembra soffre in partenza di una forte storicizzazione; porre la questione in termini non più storico-culturali ma psicologici, percettivi, filosofici o espressivi forse aiuterebbe a uscire da questo impasse. È quello che ha tentato di fare anni fa Eisenberg nel suo
L’angelo con il fonografo19, testo considerato sopravvalutato da molti musicologi, dove però apre alle questioni percettive del trompe l’oeil (altrimenti poco affrontate) quando cita il racconto “La pietra di Mazarino” di Conan-Doyle dove Sharlock Holmes si finge impegnato in una stanza nell‟esecuzione della Barcarolle di Offenbach quando in realtà utilizza un disco20. Suggerendo inoltre differenti questioni psicologiche e filosofiche nel capitolo “La catarsi in scatola”21 e problematizzando il rapporto tra musica e sentimento.

Un piano legato in qualche misura con l‟aspetto percettivo è quello che si può riscontrare quando viene affrontato il tema della spazializzazione. Questa tematica è accennata da molti ma trattata da pochi: Albarello parlando delle scelte di microfonazione in sede di registrazione e sopratutto Paolo Martignon
22; il suo intervento è molto interessante dal lato tecnico visto che espone in modo chiaro come si possa registrare e riprodurre un suono in funzione non solo del tempo, che è il principale strumento di analisi dell‟onda sonora, ma anche dello spazio. In questo rientra, o sarebbero potuti forse rientrare con maggiore forza alcuni cenni alle questioni percettive della spazializzazione cominciando da quella più semplice della “falsa stereofonia” come ritardo fino ad arrivare agli studi di Beranek sui descrittori acustici che parlano del suono nello spazio prima ancora che questo spazio venga ricreato artificialmente. Come espone giustamente da subito Martignon, e fa bene a far chiarezza su questo, stereofonia vuol dire utilizzare due canali distinti di registrazione; un effetto percettivo simile è quello che si può facilmente creare utilizzando un solo segnale e un programma qualsiasi di elaborazione, come Sound Forge, mandando l‟unico segnale in cuffia ma con un ritardo di circa 1/100 di secondo che ricrei la binauralità. L‟analisi di Martignon non colma però un limite che questo libro sul suono riprodotto condivide con molti altri che affrontano questo tema, ovvero il considerare sempre la tematica della riproduzione sonora per quel che riguarda l‟aspetto legato al prodotto discografico e alla registrazione come incisione conservativa. Leggere la possibilità di riprodurre un suono solo nell‟ottica della riproduzione a fine discografico esclude alcune interessanti analisi sulle possibilità d‟intervento a fine compositivo che si vengono a creare e che interessano sia la macrostruttura di un opera che la microstruttura del suono.

Per un’estetica del supporto. La riproduzione sonora come possibile virtualità temporale

La centralità d‟interesse che un tema come quello della riproduzione sonora potrebbe avere all‟interno della ricerca sul suono da un punto di vista estetico investe, oltre che l‟aspetto legato alla schizofonia, quello delle possibilità di intervento sulla forma e sulla percezione dell‟opera. Si dovrebbe cercare di fare un passo indietro e vedere come, aldilà delle questioni chiaramente emerse nel testo, si aprano, con la possibilità della riproduzione musicale, uno spazio e un tempo virtuali, possibili e modificabili, che entrano a far parte della composizione. Se per la tematica della virtualità della spazializzazione di un segnale musicale vi è l‟intervento di Paolo Martignon, manca qualcuno che prenda in esame il parametro temporale.

Piana
23 parlando della stereofonia fa notare come questa “è stata perlopiù presentata come una riproduzione all‟insegna dell‟alta fedeltà, quindi una riproduzione più fedele del suono, che, in quanto reale, si modifica in vari modi secondo l‟ambiente”. In realtà l‟attenzione verso la riproduzione reale di un ambiente, o meglio di un suono che si modifica a seconda dell‟ambiente, ha una duplice storia a livello estetico: la prima che progredisce con i sistemi di registrazione ed incisione sviluppatasi come una ricerca della fedeltà; e la seconda che si sviluppa attraverso l‟utilizzo delle tecniche di registrazione e riproduzione da parte di compositori e che apre ad un percorso fatto di “infedeltà”. Seguendo questa linea di analisi, laterale a quella dell‟ottica culturale con cui vengono affrontati la maggior parte degli interventi nel libro, bisogna cercare di mettere in luce come tutto questo processo ponga in realtà l‟accento sul suono stesso, sul timbro e sulla possibilità che con la riproduzione si ha di modificarlo attraverso una peculiarità: il fatto che il tempo della registrazione sia un tempo virtuale. Andando con ordine, prendiamo in considerazione questo groviglio di sfaccettature, ovvero quello riguardante le possibilità d‟intervento su forma-percezione-riproduzione, sia dal lato conservativo che non, cominciando col dire che, generalmente, quando si parla di riproduzione sonora si sottolinea poco la relazione che questa ha con il tempo e con lo spazio. Una relazione che tutta la musica elettronica coltiva avendo la possibilità di intervenire su di essi.

Vogliamo condurre un‟analisi riguardo alcuni aspetti del primo, il parametro temporale, per sottolineare, senza arrivare alla maniacale presenza di questo come in alcuni scritti di Stockhausen, come ci si trovi di fronte ad una carenza se non si evidenzia con forza la relazione che intercorre fra la riproduzione del suono e questo parametro. Partendo proprio dal principio, dal suono nei suoi connotati fisici e da ciò che lo produce, possiamo dire che ogni oggetto sonoro ha nella produzione del suono un transitorio d‟attacco, ovvero un tempo proprio di emissione del segnale sonoro. Questo è uno delle formanti del timbro e ci permette un riconoscimento preciso di tale strumento (ovviamente nel caso questo non sia preparato); la possibilità che la tecnica e la registrazione concedono è quella di trasformare e intervenire su questo: sia nel caso di un suono registrato (fin dai primi supporti analogici) per cui mutando la velocità di riproduzione se ne muta l‟altezza, sia nei suoni sinusoidali prodotti dall‟oscillatore e riprodotti attraverso altoparlanti. La prima questione allora che sta al fondo della possibilità di riproduzione sonora è proprio il fatto che i transitori d‟attacco e di estinzione
24 di un impulso dato diventano parametri modificabili, virtuali e su cui è possibile intervenire; si chiama in causa, infatti, il generatore di rumore bianco quando si vogliono simulare i suoni degli strumenti naturali che spesso presentano nella fase di transitorio d‟attacco caratteristiche casuali (ad esempio il flauto). Questa possibilità di avere un tempo manipolabile, virtuale, permette alcune operazioni compositive non di poco conto rispetto al timbro e alla percezione del suono. Prima di tutto a livello percettivo è utile citare “Scambi” di Pousseur e il suo specifico intento di evitare l‟effetto di trompe l’oeil degli strumenti acustici giocando con la camera d‟eco e anteponendo l‟eco all‟emissione25. Il secondo aspetto che riguarda l‟intervento sul parametro temporale è la possibilità di trasformare un suono impulsato in un suono continuo o in un glissando continuo attraverso il lavoro sul tempo di emissione. A questo proposito è interessante guardare più da vicino una library, ovvero quelle discoteche immense di suoni che vengono campionati per vari e possibili utilizzi compositivi. Generalmente le library sono insiemi di campioni sonori che permettono una discreta gamma di altezze, ma hanno una scarsità timbrica ed espressiva notevoli. La library www.synful.com, che in questo caso ci interessa citare, non lavora così. Agendo proprio sulla possibilità di un tempo modificabile, i suoni qui non vengono campionati, quindi non hanno la fissità della registrazione, ma vengono prodotti tramite algoritmi basati su processi di sintesi additiva26 e riescono, a seconda della pressione delle dita sulla tastiera MIDI, a regolare l‟espressività dell‟attacco. Non solo: è stata ricreata, all‟interno di questa, una funzione virtuale che permette di suonare i legati e i glissandi, che agisce tramite la regolazione, in automatico e in divenire, del transitorio d‟attacco gestendone la progressiva diminuzione nel caso del glissando. Questo esempio in particolare è uno di quei casi un cui il suono non viene più riprodotto in base ad una registrazione, ma viene prodotto a seguito di uno studio del suo spettro; l‟aspetto più interessante della library, al quale qui accenniamo soltanto, è quello di togliere addirittura la biforcazione fra analogico-continuo e digitale-discreto, nel senso che tutti gli elementi legati ai processi di riproduzione per analogia, come i timbri e le componenti espressive o i legati, vengono recuperate anche in digitale.

Sorprende un po' allora che nessuno dei relatori, interrogandosi sulla riproduzione sonora e sulle possibili modificazioni di un materiale prodotto, sia partito interrogandosi proprio riguardo al carattere tecnicamente mutevole di un suono registrato dove, come sottolinea Piana, “appellarsi al realismo della riproduzione diventa sempre più ambiguo”
27. Suoni inscatolati, incisi, registrati, congelati che sono di certo infinitamente riproducibili uguali a se stessi, ma allo stesso tempo infinitamente ritoccabili nei parametri. Questa possibilità di creare un ambiente di temporalità virtuale è in qualche misura insita nel supporto in generale visto che, anche prima della digitalizzazione, bastava far girare un vecchio 33 giri alla velocità di un 45, per accorciare tutti i tempi di emissione, aumentarne le altezze e mutarne i timbri.
Sulla scia dell‟esempio precedentemente fatto di Pousseur sembra necessaria un‟ulteriore puntualizzazione che viene spesso ignorata negli studi sulla riproduzione del suono, ovvero la questione riguardante eco e ritardi. Prima di tutto il fatto che l‟utilizzazione di eco o ritardi (delay) che ripetono il segnale emesso ad una certa distanza temporale è un procedimento di registrazione/riproduzione che arriva prima della biforcazione (forzata e limitante, ma che ora usiamo per comodità) fra conservativa e non. Dall‟eco magnetofonica di Ussachevsky, ai delay di Tudor ai Frippertronics, apparecchi che si basano su nastro magnetico e bobine, i sistemi di riproduzione con ritardo hanno svolto un lavoro fondamentale nella composizione: hanno permesso, ad esempio, ad un singolo esecutore di sovrapporsi e suonare con se stesso e creare forme musicali, come il canone, da sempre legate alla polifonia. Due esempi vorremmo fare per testimoniare l‟importanza dell‟utilizzo dei sistemi di ritardo in chiave compositiva. Il primo seguendo l‟esempio del canone è “Thema” di Luciano Berio, dove il lavoro sulla lingua e sulle possibilità di sovrapposizione e montaggio del nastro a diverse velocità di scorrimento entrano nell‟opera senza aprire alcuna domanda sull‟auraticità del prodotto finale, ma impressionando semplicemente per il lavoro sul suono reso possibile dal connubio felice di tecnica e voce (si pensi anche a “Gesang” di Stockhausen che interessa la riproduzione sonora e la voce umana). L‟opera si rifà nel testo all‟episodio delle “Sirene” tratto dall‟Ulysses di J. Joyce; un episodio particolare del libro che richiama la passione per la musica e la musicalità della lingua dell‟autore e che molti, a partire dallo stesso Joyce, avevano detto rifarsi nella scrittura ad una fuga per canonem. Il lavoro di Berio, e la sua genialità, stanno proprio nello sfruttare le possibilità date dalle tecnologie per ricreare quella composizione a partire dagli effetti di eco e dalle combinazioni di montaggio e sovrapposizione del nastro. Berio in sostanza va nella stessa direzione dello scrittore inglese costruendo, o meglio, scomponendo il testo e ricomponendolo attraverso avvicinamenti e “il raggruppamento in accordi di parole secondo una scala di colori vocali che tiene conto dei punti di risonanza dell‟apparato vocale; questi accordi, che troveranno largo impiego nel brano, si collegano direttamente ai verbal chords tentati da Joyce sulla carta”
28.

Non solo, questi aspetti della possibilità di riproduzione sonora investono in modo fondamentale il rapporto che si crea fra una temporalità virtuale ed una temporalità reale. Fino ad ora abbiamo trattato opere fissate su nastro, opere nate per essere stabilizzate e fermate su di un supporto rigido: ora sembra necessario osservare in che rapporto si posiziona la possibilità di interagire in “tempo reale” sull‟opera in esecuzione. Già questo primo aspetto terminologico richiede una spiegazione per evitare che si generino cortocircuiti: “tempo reale”, ovvero quando il periodo di tempo per l‟acquisizione del segnale è immediato, uguale al tempo di campionatura; significa che nello stesso istante di tempo reale ed effettivo di svolgimento dell‟opera, si può effettuare sul segnale sonoro un lavoro. Abbiamo parlato di eco e ripetizione di un segnale ad una determinata distanza temporale, si può ora aggiungere che la reiterazione forzata di un suono registrato o della parte di un impulso è quello che prende il nome di loop. Anche questo è un lato interessante delle possibilità di registrazione del suono, soprattutto con la digitalizzazione del segnale e i due procedimenti principali, campionamento e quantizzazione
29. Lo sviluppo del live electronics apre a diverse tipologie d‟interventi in tempo reale sul suono campionato, principalmente quattro, che si sviluppano proprio a partire dal connubio tra registrazione istantanea e ambiente specifico di diffusione. Queste sono: amplificazione trasparente, registrazione e riproduzione di campioni, algoritmi di elaborazione del suono e spazializzazione. L‟amplificazione trasparente serve a modulare l‟acustica naturale di uno spazio, cercando una scala di omogeneità tra suono naturale e sua amplificazione; omogeneità che è possibile ottenere soltanto analizzando l‟acustica di ogni singolo luogo e adattandovi di conseguenza tutti i dispositivi rilevanti alla percezione del suono: il numero di diffusori utilizzati (per l‟amplificazione e per il movimento dei suoni), le loro posizioni, l‟equalizzazione, i sistemi di ritardo, le riverberazioni. Se tutto questo è collegabile alla spazializzazione del suono, sono rimaste escluse le due operazioni fondamentali che agiscono proprio sulla riproduzione del segnale, ovvero la registrazione e riproduzione di campioni e gli algoritmi di elaborazione. Quest‟ultimo è il caso ad esempio dell‟algoritmo di trasformazione chiamato Harmonizer che varia l‟altezza del segnale d‟ingresso di un determinato intervallo, aggiungendo all‟originale uno o più segnali trasposti; strumento utilizzato tanto nella musica colta per live electronics quanto nella popular music, esempio su tutti Laurie Anderson che lo applica più volte alla voce. Nello sviluppo del live electronics, in relazione alla possibilità di riproduzione sonora, giocano un ruolo fondamentale gli algoritmi di campionamento (freezing) e di ritardo o delay. Se a questi ultimi abbiamo già accennato, anche in relazione alla digitalizzazione con il loop, bisogna aggiungere qualcosa sui processi di freeze che sono delle registrazioni in tempo reale di frammenti più o meno selettivi dell‟esecuzione e di una loro riproposizione in istanti successivi. Questo può riguardare singole note, accordi, intere frasi musicali articolate ritmicamente oppure interi blocchi strutturali che, grazie a delay che arrivano fino ad alcuni minuti, vanno a sovrapporsi e stratificare determinate sezioni concedendo dunque al compositore la possibilità d‟intervento sia sulla microstruttura che sulla macrostruttura dell‟opera durante la sua stessa esecuzione. Se quanto finora esposto riguardo il live electronics mirava soltanto a mettere in luce la possibilità di modificare in tempo reale il segnale, cercando di aprire strade differenti rispetto alla considerazione della registrazione come prodotto discografico, ora è necessario andare ancora più in profondità e analizzare come nel live electronics il tempo giochi un ruolo di primaria importanza nei suoi algoritmi di trasformazione. Il primo degli effetti che lavorano sul tempo è ovviamente il delay: questo opera attraverso una traslazione temporale del segnale, circa con t>50ms, ed il risultato è quello di una semplice eco o ripetizione. Strettamente legato a questo è il feedback delay che processa il segnale attraverso un‟accumulazione e dove sul feedback si possono inserire altri elementi di trasformazione come filtri o trasposizioni. Vi sono poi due effetti che operano un processo di sampling: il primo agisce sul tempo rallentandolo ed influenzando così il parametro dell‟altezza, il secondo opera una inversione temporale dell‟emissione sonora. Vicino a questi ultimi due trattamenti visti si può inserire anche l‟aumento o la diminuzione della durata di un suono: in sostanza si può aumentare o accorciare la durata di un suono mantenendo inalterate le caratteristiche di attacco e di decadimento. C‟è poi il processo di freezing, un tipo di campionamento, che opera nel senso di un prolungamento della finestra temporale di un suono e il foot tapping che è l‟estrazione del beat da un ritmica. In ultimo per le possibilità d‟azione che concede vi sono i processi di stretching e shrinking che permettono di modificare, allungando o comprimendo, la durata di una sezione musicale senza variarne l‟altezza.

Senza entrare nella complessità di alcuni aspetti delle opere che utilizzano elettronica in tempo reale possiamo citate un esempio felice dell‟utilizzo di un‟elettronica semplice che però ricopre un ruolo essenziale nella composizione del brano. Questo è il “Post-prae ludium per Donau” di Luigi Nono scritto per la tuba di Schiaffini che mette in mostra da un lato come la scrittura e la composizione di Nono si basasse sui suoi interpreti, vista la presenza di molti suoni ottenuti da mezzi pistoni, dall‟altro come tutto il brano sia giocato su apertura e chiusura di delay e feedback. Vi è qui anche l‟utilizzo di uno degli strumenti dello studio di Friburgo per il live electronics chiamato Infernal Machines che permette il mantenimento stabile del ritardo e crea spazi di virtualità temporale che distendono l‟emissione del suono generando una stratificazione che cambia di spessore nonostante la presenza di un unico interprete. Questa lunga parentesi sulle possibilità di sviluppo di un tema come quello della riproduzione sonora può essere rivolta sia al testo in questione, da cui scaturisce, sia in generale all‟editoria specializzata che non compone e affronta progetti editoriali dove la tematica della riproduzione sia analizzata attraverso tutte le sue possibili declinazioni e non solo attraverso una lente di lettura storico-culturale. Interrogarsi sulla possibilità della riproduzione sonora, dovrebbe voler dire cominciare dal principio, dal domandarsi sul suono, sulla possibilità di trasformare un suono in un segnale, sulle possibilità che si ottengono nel trasformare quello stesso segnale. È quanto si è cercato di fare in queste considerazioni, prendendo ad esempio uno dei molti parametri, di sicuro uno dei più importanti, che è quello temporale; si è cercato di mostrare come, aldilà della biforcazione di cui spesso ancora si discute fra analogico e digitale, con la registrazione si crea una virtualità temporale che investe le possibilità d‟intervento sia sulla microstruttura dell‟opera o del suono stesso, operando sui transitori e sul timbro, sia sulla macrostruttura. Essa permette di creare un duplice tempo di emissione che porta a formare opere prima impossibili per un singolo esecutore, e una duplicità dell‟istante di scelta da parte del compositore nel caso del tempo reale


Note

1 Marco Capra, “Il teatro in casa. L'idea di musica riprodotta in Italia tra Otto e Novecento”, in Rigolli, Russo, Il suono riprodotto, op. cit., pp. 3-11.
2 Per dati e riferimenti puntuali si veda la ricerca Ask che la Bocconi svolge ogni anni sul mercato musicale italiano in materia di vendite e diritti. http://www.francofabbri.net/files/Testi_per_Studenti/RapportoAskMusica2007.pdf
3 Alessandro Rigolli, “La musica riprodotta dal secondo Novecento a oggi: cultura musicale e cultura dell'ascolto, in Rigolli, Russo, Il suono riprodotto, op. cit., pp. 13-28.
4 Andrea Dandolo, “La registrazione sonora: una testimonianza”, Ivi, pp. 47-49.
5 Giuseppe Clericetti, “Musica riprodotta alla radio: un‟ipotesi di prassi esecutiva”, Ivi, pp. 29-35.
6 Martino Traversa, “Il suono riprodotto come „materia‟ musicale”, Ivi, pp. 37-45.
7 Aa.Vv., Prove, esorcismi. Sulle tracce della nuova musica, Auditorium edizioni, Milano 1992, p. 19. Interessante a proposito della differenza organizzativa e nelle finalità di queste due musiche è la lettura nel medesimo testo del saggio di Marilinda Santi su “Mantra” di Stockhausen.
8 M. V. Mathews, “Tecnologia della musica di elaboratore”, in Pousseur H., a cura di, La Musica Elettronica, Feltrinelli Milano 1976, pp. 186-202.
9 Importante ritengo sia la precisazione di Martignon sulla stereofonia che riguarda due canali di registrazione distinti, visto che con un qualsiasi programma musicale, Sound Forge per fare un esempio, è possibile ricreare una falsa stereofonia attraverso un ritardo di riproduzione sullo stesso segnale.
10 Silvia Zambrini, “Commercializzazione e sonorizzazione delle aree urbane”, in Rigolli, Russo, Il suono riprodotto, op. cit, pp. 67-74.
11 Angelo Pompilio, “La qualità del suono come oggetto culturale da conservare”, Ivi, pp. 77-79.
12 David Contini, “Il restauro del disco storico”, Ivi, pp. 81-86.
13 Sergio Canazza, “Note sulla conservazione attiva dei documenti sonori su disco”, Ivi, pp. 87-107.
14 Paolo Russo, “L'incisione del suono come interpretazione”, Ivi, pp. 111-119.
15 Stefano Albarello, “Il tecnico del suono: l'altro interprete”, Ivi, pp. 121-126.
16 Vincenzo Caporaletti, “Codifica neoauratica e post-produzione: alcuni effetti sul jazz”, Ivi, pp.127-141.
17 Evan Eisenberg, L’angelo col fonografo. Musica, dischi e cultura da Aristotele a Zappa, Instar Libri, Torino 1997, p. 152.
18 Angelo Orcalli, “Per un approccio sistemico alla ri-mediazione dei documenti sonori”, Ivi, pp.143-167.
19 Evan Eisenberg, L’angelo con il fonografo, op. cit.
20 Questo esempio è suggerito da Vincenzo Caporaletti, “Codifica neo-auratica e post-produzione: due effetti sul jazz”, in Rigolli, Russo, Il suono riprodotto, op. cit., p. 133.
21 Evan Eisenberg, L’angelo con il fonografo, op. cit., pp. 237-282.
22 Paolo Martignon, “Tecniche sperimentali di riproduzione sonora”, in Rigolli, Russo, Il suono riprodotto, op. cit., pp. 51-65.
23 Giovanni Piana, Barlumi per una filosofia della musica, http://filosofia.dipafilo.unimi.it/~piana/barlumi/barlumi_idx.htm, 2007, p. 44.
24 Per transitorio d’attacco si intende il periodo di tempo precedente l'emissione a regime; per transitorio d’estinzione il tempo che intercorre tra la cessazione della emissione della sorgente e l'estinguersi del suono.
25 Alcuni compositori sentono con più ansia rispetto ad altri questa ricerca di utilizzo della registrazione in modo da marcare una differenza netta con la musica precedente. Anche Stockhausen ripete spesso che da un monitor ha più senso fare uscire un suono di oscillatore che altrimenti non avrebbe risonanza.
26 La sintesi additiva è il metodo di sintesi più usato dopo l'avvento dei calcolatori in ambito musicale. Basandosi sul teorema di Fourier, che permette la scomposizione o di una forma d'onda complessa in una serie di armoniche semplici e sinusoidi. Sommando le frequenze delle armoniche secondo criteri noti dall'analisi e assegnando ad ogni componente la propria ampiezza è possibile ricostruire qualsiasi fenomeno sonoro, così come è possibile costruirne di nuovi.
27 Piana, Barlumi per una filosofia della musica, op. cit., p. 45.
28 Nicola Scaldaferri, “«Bronze by gold», by Berio by Eco. Viaggio attraverso il canto delle sirene”, in De Benedictis, Rizzardi, a cura di, Nuova musica alla radio. Esperienze allo Studio di fonologia di Milano, 1954-1959, Rai-Eri, Roma 2001, p. 132.
29 Con campionamento si intende il processo che, definito l'intervallo di tempo
'16;Tc, periodo di campionamento, estrae i valori del segnale S t in istanti di tempo equispaziati, multipli di '16;Tc. Significa quindi creare una sequenza il cui valore n-esimo è il valore assunto dal segnale a tempo continuo nell'istante nTc. La quantizzazione invece è quel processo affidato al circuito successivo e che permette di effettuare comparazioni, ovvero assegnare a ciascun valore di tensione campionato una quantità o valore numerico. Questo si basa su tre dispositivi posti in loop: contatore, DAC (convertitore digitale-analogico) e comparatore.

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