Dante Tanzi
Linguaggi compositivi e innovazione tecnologica fra scienza e arte


Dante Tanzi
Laboratorio di Informatica Musicale
Dipartimento di Scienze dell'Informazione - Università degli Studi di Milano
Via Comelico 39, I 20135 Milano (Italia)

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Enfatizzando le componenti razionali delle pratiche compositive, le tecnologie dell' informazione hanno favorito un uso esteso delle regole formalizzabili dei processi di ideazione musicale, tanto che la capacità di fornire descrizioni formali è visibilmente accolta come garanzia per una piena comprensibilità dei fenomeni musicali. Affermatosi nell' ultimo decennio, questo punto di vista è testimoniato dalla proliferazione di modelli compositivi che sembrano fondare la propria referenzialità su asserti extramusicali, piuttosto che su validazioni contestuali: forse seguendo il convincimento che proposizioni di tipo logico-predittivo siano più di altre in grado di legittimare la coerenza estetica di un' opera. Per questa ragione si sta manifestando un indebolimento delle relazioni che intercorrono fra le pratiche della produzione e le pratiche dell' ascolto, dovuto alla difficoltà di individuare parentele fra nuovi formalismi e meccanismi empatici, fra contenuti razionalizzati e sfera emotiva che, nella musica, dovrebbero poter essere avviluppati in una esperienza unitaria.

Secondo l'analisi di Dominique M. Richard, le pratiche compositive legate a tipologie procedurali troppo lontane dall' ordine linguistico condiviso non mostrerebbero di seguire strategie di tipo realmente comunicativo, fatta eccezione per quelle che sono in grado di istituire nuovi codici, promuovendone la diffusione, la condivisione e l' utilizzo (Richard, 1994). Mentre è raro che ciò accada, è molto meno raro che le imprese compositive trascurino i referenti che consentono ad una comunità di apprezzare i mutamenti di senso musicale. Anche se i rivolgimenti prospettici operati dalle tecnologie della informazione si palesano come un progetto di riforma del senso comune, non è sempre ammissibile correlare l' avvento di nuovi artefatti tecnologici con il prodursi di eventi comunicativi, poichè l' adozione di inediti punti di vista non sempre può dar luogo ad un corrispondente spostamento dei piani di correlazione linguistica tra gli individui di una medesima comunità (Stiglitz - Tanzi, 1989). Tuttavia, aspettative di questo genere sembrano fatalmente riproporsi, ogni volta che i fenomeni musicali vengono ri-modellati sulla base di nuovi paradigmi, il più delle volte trascurando che le relazioni che intercorrono tra ambienti cognitivi, contesti musicali e linguaggi compositivi andrebbero tracciate avendo cura di riconoscere e rispettare sia gli ambiti di contiguità, sia "le diseguaglianze di statuto e di prestigio fra scienza ed arte, che nessuna speculazione è stata fino ad ora in grado di dialettizzare" (Lacoue-Labarthe, 1980). La composizione dei timbri complessi rappresenta un esempio della facilità con cui nuove tecniche "sappiano" migrare senza intermediazioni verso lo status di modello compositivo, divenendo stilemi tout-court.

Fin dai primi anni '80 Hugues Dufourt, paventava le conseguenze di una rivoluzione tecnologica permanente, descrivendole come "assolutamente non compatibili con la necessità di procurare al codice musicale quel minimo di stabilità senza la quale esso viene privato di qualsiasi funzione di comunicazione" (Dufourt, 1982). Nello stesso periodo in Italia molti compositori erano consapevoli di dover esprimere una differenziazione teorica e una prassi diverse tra "comporre con i suoni che precedono" la composizione, e "trasformare direttamente energia attraverso un campo nel quale determinate forze divengono attive, secondo un ordine definito, differente a ogni suo punto, in cui il suono è la risultante del processo compositivo" (Branchi, 1988). Era inoltre evidente che le nuove forme di sensibilità per i suoni complessi erano destinate a cambiare lo statuto cognitivo del musicale, in quanto non più opponibile al sonoro: "I sistemi di sintesi numerica ... provocano il formarsi di un campo teorico specifico delle caratteristiche fisiche del suono con le loro proprietà psicoacustiche; e i dettagli microscopici del suono, che la tecnica mette alla portata dell' orecchio umano, diventano oggetto di una eccitazione cosciente e possono fin nelle loro transizioni, impercettibili nelle loro più tenui variazioni, fornire la materia di un' arte raffinata" (Dufourt).

Negli interventi raccolti negli atti del convegno dal titolo "Musica / Complessità", svoltosi nell' agosto del 1988, si avverte che il valore di fruibilità e la riuscita di un opera appaiono essere un elemento di costante preoccupazione in funzione dell' intesa che il compositore riesce ad avere con la propria idea di cosa è conveniente che ad altri debba essere proposto. Per questo occorre un monitoraggio continuo delle mutazioni che le tecnologie musicali inducono sui meccanismi percettivi all' interno del "circolo virtuoso" dell'ascolto, sapendo riconoscerne la produttività, e la capacità di stimolare (sulla base di proposte non elusive) l' interesse di una platea ampia di interlocutori. Nel momento in cui le poetiche e i linguaggi musicali subiscono trasmutazioni ad opera delle nuove tecnologie, al compositore spetta il compito di elaborare le condizioni di fruibilità della propria opera, da un lato riconoscendone quelle che da alcuni sono state chiamate le "invarianze" (Lazlo, 1982), dall' altro spingendosi a covarne i germi di devianza. Lo scopo è dunque ancora quello di offrire una ipotesi di fruizione di fatti musicali, avvalendosi di percorsi di conservazione o di innovazione dei codici stilistici, nella piena consapevolezza di esercitare verso la comunità di ascolto un potere dissuasivo, persuasivo, o prescrittivo

Nella prima parte dell' introduzione alla sua composizione "Furies and Voices", Otto Laske sembra voler rispondere alle obiezioni e ai timori espressi da D.M. Richard. Grazie al serrato confronto fra le conoscenze musicali tradizionali e le conoscenze innovative dei programmi di composizione assistita, il compositore è indotto ad un percorso che gli consente, se lo vuole, di mettere a frutto le sue capacità di sperimentatore. La gran parte di potenziale creativo esprimibile da parte dei programmi per la composizione è per Laske destinata ad essere utilizzata (o persa) in base alla capacità di astrazione e di formalizzazione delle regole compositive: è il compositore a decidere se e come elaborare il proprio vissuto: "poiché la musica non è solo un fatto musicale, ma è un esperienza cognitiva e antropologica, legata a come si sceglie di vivere la propria vita"(Laske, 1994). Viene dunque sottolineata una differenza di status tra composizioni basate sulle "abitudini" d' ascolto e composizioni basate sulla formalizzazione di nuove regole, anche se queste ultime possono venire praticate al punto da divenire pure consuetudini. Il nuovo e la creatività sembrano per Laske essere legate solo all' istituzione di nuovi codici, destinati a divenire significanti musicali, sonori, e strutturali, senza che nell' immediato attengano alla musica vista come fenomeno comunicativo. Insomma, l' elemento di costrizione, che impone al musicista di astrarre e codificare regole ancor prima di valutarne i significati musicalmente espliciti rappresenta per Laske l' approccio previlegiato all' innovazione creativa.

Altri compositori, perplessi sulla liceità dell' esercizio del pensiero musicale (quando) "si avvicina al modo di procedere del pensiero astratto", erano giunti a chiedersi "quale libertà, o più semplicemente quale spazio, la ripresa dell' astratto lasci ai movimenti misteriosi dell' inconscio" (Dufourt). Uno sperimentatore dei rapporti tra scienza e musica come Edgar Varèse aveva manifestamente chiaro che un' opera d' arte genera le proprie regole, ma le regole non fanno di per sé un' opera d' arte, poiché "la funzione dell' arte non è quella di fornire le prove concrete della validità di qualche dogma estetico o di qualche formula". Lo stesso compositore trovava peraltro necessario spingersi al di là del concetto di evoluzione, paradigma a suo tempo abusato dai critici musicali, ma ritenuto da Varèse poco o nulla in grado di render conto degli strappi e delle situazioni di cambiamento: fondamento del lavoro creativo erano per Varése l' irriverenza e il paradosso, considerate, in quanto produttrici di senso, modalità comunque attinenti alla sfera comunicativa (Varèse, 1985)

Al di la del binomio conservazione/innovazione, andrebbe peraltro approfondita la perversa relazione che si manifesta tra l' esuberanza (l' elefantiasi) esplicativa e la conseguente contrazione dell' area di intellegibilità e di fruibilità di un opera. Forse la speranza in un consenso preventivo induce alcuni compositori ad affidarsi alla risorsa della spiegazione, non fosse altro che per delineare una sorta di storia degli atti creativi. Ma a volte l' esigenza di poter contare su un apparato metodologicamente perfetto e formalmente affinato spinge ad adottare decisioni tanto arbitrarie quanto perfettamente descrivibili: "spiegabili" prima ancora che comprensibili, che in ogni caso valgano a surrogare la mancanza di un sentire comune con un "saper vedere" comune, o, peggio, con un comune ragionare. Di più: la proclamazione di un corpus di regole interpretative può suonare come "tentativo di riforma dell' accordo sociale sul modo di imputare le regole", fa osservare Davide Sparti in una convincente analisi sulle criticità dell' innovazione linguistica. Tale analisi conferma le osservazioni di Richard riguardo al rapporto tra innovazione e creatività nell' ambito della musica per elaboratore, paradigmaticamente contrassegnata come momento di rottura. Ma per Sparti il momento di rottura, per essere produttivo, deve anche essere in grado di "far superare positivamente l' occorrenza di un breakdown, o rottura di comprensione". Lo stallo deve poter rappresentare una sorta di viatico, "una delle occasioni che richiedono il passaggio alla spiegazione, che consiste nella modalità che rende possibile una operazione di ricomposizione, con l' obiettivo di proporre il consumo della teoria fornita per impattare l'identità culturale di un uditorio col sostegno di categorie collaudate (consenso preventivo) nella comunità disciplinare nella quale hanno preso forma" (Sparti, 1994). Insomma, la spiegazione come atto preliminare di un percorso compositivo corrisponde non altro che all' intenzione di introdurre una polarità interpretativa "come se" il consumo di una teoria rappresentasse un requisito obbligatorio, e non interlocutorio: ed è "bene" in alcuni casi che ciò avvenga affidandosi a proposizioni in grado di dilagare, di pervadere e riempire di "senso" aree della creatività musicale altrimenti poco decifrabili.

Sulla capacità di produrre una determinazione musicale significativa va ad insistere un insieme vasto, ricco, ma anche enormemente ambiguo, immaginabile sia come espressione di varianti ed articolazioni ma anche come flusso di sequenze che procedono in molteplici sensi: da, verso, ma anche oltre il riconoscimento di determinati caratteri. Una comprensione dei fenomeni musicali che voglia davvero tener conto di tutti elementi di polarizzazione, di trasformazione e di tensione, non dovrebbe (né potrebbe) essere immaginata come un iter puramente descrittivo, enunciativo. Sull' argomento ci è venuto in soccorso un passaggio tratto da Variazioni sul tema della differenza, di A. Greppi Olivetti: "La retorica della distinzione non è la medesima cosa del sapere per differenze, e delle strutture di connessione. Essa simula le singole note scritte sul rigo della partitura come fossero la melodia della musica. Ma …il problema del rigore nel processo conoscitivo non è la distinzione: questa può esserne la mappa del meccanismo; non è la singola idea: questa può essere il nome di una trasformata di differenze; il problema è come un differenza possa essere una struttura inter e intra parti agenti, una struttura che connette, che trascende il processo cognitivo della singola parte" (Greppi Olivetti, 1990). Le istanze che pretendono di presentarsi come veicolo di qualche tipo di ordine non dovrebbero in ogni caso essere sottratte al conflitto con altre istanze: esiste una dimensione di contemporaneità e di molteplicità di molte delle componenti della materia musicale, che insistono a svolgersi e a riaffiorare al di sotto, al di sopra o al di là delle istanze di tipo normativo

Insomma, anziché un modello di spiegazione concernente i controversi rapporti intercorrenti fra razionalità, emotività e conoscenze musicali, potrebbe essere vantaggioso ricercare al centro del percorso compositivo una "messa in scena" multisensoriale, destinata a mutare e a precisarsi in funzione della contiguità di soluzioni latenti, immaginabili come "campi" di variazione, inviluppi di tipo affermativo od oppositivo rispetto al contesto principale. Occorre poter pensare alle condizioni che determinano le fasi di orientamento nelle esperienze della produzione e dell' ascolto, per valutare i meccanismi della tematizzazione dell' assenso attorno ad una determinata organizzazione percettiva e simbolica. Marvin Minsky ha sostenuto che fare musica sia pensare per storie, raccontare storie liberamente (Minsky, 1992). In tale prospettiva, non pare che la comprensione formale di alcune procedure possa garantire una particolare sensatezza nello sviluppo di eventi musicali: occorrerebbe viceversa più attenzione verso il meccanismo della originazione dei punti di vista, della percezione di cambiamento di contesto: "il momento in cui una differenza si mostra come una inattesa novità ed emerge ad un livello superiore di aggregazione spazio-temporale" (Zanarini, 1990). Per Bateson il riorientamento gestaltico è condizione e premessa necessarie per un atto creativo qualitativamente nuovo, cioè non deducibile da comportamenti precedenti. "Quello che a Wiener appariva come un limite della conoscenza umana, cioè che l' osservatore è nello stesso tempo attore dentro il contesto che vuole osservare, diventa per Bateson il perno della riflessione sulla natura della conoscenza" (Zanarini, 1990). Se un soggetto è davvero pronto a far precipitare significati ed a istituire codici nuovi, può farlo estraendoli dall' emergenza di un insieme predefinito di regole, ma anche al di là delle categorie mentali e simboliche e degli elementi ricorsivi di un linguaggio. In una storia, il soggetto ha facoltà di decidere in conformità di elementi parziali, che non è al momento in grado di conoscere nel loro completo sviluppo.

Occorrerebbe convenire che le regole di un linguaggio musicale non sono escogitazioni arbitrarie che si sostengono a vicenda nella loro pura e semplice coesione sistematica: prima di esse vi sono infatti quelle regole fenomenologiche che costituiscono una grammatica di base (Piana, 1991): sono esse a porre alcune delle condizioni di ammissibilità (non di deducibilità) di materiali, approcci, e intenti musicali non vincolati ad un medesimo regime di regole. Insomma, potranno essere regole di una nuova storia, o regole di un gioco complesso, che potrà rimanere tale fintanto che sarà possibile optare per una convivenza stilistica e per una antropologica apertura del diverso al diverso.


Riferimenti Bibliografici

    Bateson, G.

  • 1987
    Dove gli angeli esitano. Verso un' epistemologia del sacro. Adelphi, Milano.

  • Branchi, W.

  • 1988
    Configurare il tempo, in atti del convegno Musica/complessità, SuonoSud dossier, Amelia, agosto 1988, ISMEZ Editore.
  • Dufourt, H.

  • 1982 La dialettica del suono fabbricato, da: Numero e Suono, catalogo de LA BIENNALE, Settore musica 1982, a cura di Barbara Barbini.
  • Greppi Olivetti, A.

  • 1990 Variazioni sul tema della differenza , OIKOS N. 1 - marzo 1990, Pierluigi Lubrina Editore, Bergamo.
  • Iacono, A. M.

  • 1988 Del contesto, della paura, della meraviglia, della storia, OIKOS N. 1 - marzo 1990, Pierluigi Lubrina Editore, Bergamo.
  • Lacoue-Labarthe, P.

  • 1980 La melodia ossessiva, Psicanalisi e musica, Feltrinelli, Milano.
  • Laske, O. E.

  • 1992 "Furies and Voices": Composition-Theoretical Observations, Readings in Computer-Generated Music, by Denis Baggi, IEEE computer Society Press Los Alamitos, California.

    Lazlo, E.

  • 1988 Significato e comunicazione in musica, in: atti del convegno Musica/complessità, SuonoSud dossier, Amelia, agosto 1988, ISMEZ Editore.
  • Minsky, M., Laske, O.E.

  • 1992 Foreword: A Conversation with Marvin Minsky, in: AA.VV: Understanding Music with AI: Perspectives on Music Cognition. Edited by Mira Balaban, Kemal Ebcioglu, and Otto Laske. The AAAI Press.

    Piana, G.

  • 1991 Filosofia della musica, Guerini e Associati, Milano.

    Richard, D.M.

  • 1994 Computer Music and the Post-modern: A case of Schizophrenia, Computer Music Journal, Vol. 18, N. 4, Winter 1994, MIT Press, Cambridge, Massachussets USA.
  • Sparti, D.

  • 1988 Se un leone potesse parlare, Indagine sul comprendere e lo spiegare, Sansoni Editore, Firenze.
  • Stiglitz A., Tanzi, D.

  • 1989 Strumenti s/w per la performance in tempo reale di "Louvre", Atti del VIII Colloquio di Informatica Musicale, Cagliari 26 ottobre -27 novembre 1989.

    Varèse, E.

  • 1985 Il suono organizzato, Scritti sulla musica 1883-1965, Unicopli-Ricordi, Milano.
  • Zanarini, G.

  • 1990 Diario di viaggio. Autoorganizzazione e livelli di realtà, Milano, Guerini e associati.

 

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