Roberto Casati
Considerazioni critiche sulla filosofia del suono di Husserl


Rivista di Storia della filosofia, 4, 89, 725-743


Abstract

Philosophy of sound has to deal with both phenomenological and ontological problems. Although Husserl never worked out a systematic philosophy of sound, some hints can be found in published and unpublished works on perception and. I provide here a reconstruction of Husserl's ideas, on the background of Brentano's theory of phenomenal qualities and Stumpf's theory of sound perception. I try to point out that Husserl's analysis are at odd with most of our commonsensical intuitions, because his concern is mainly with the problem of the 'constitution' of the material world. This concern posits several constraints on Husserl's account of sound experience. Further developments, as Schapp's and C.-Martius', are presented as well.


Vi sono alcune domande a cui la filosofia del suono dovrebbe dare una risposta, o in rapporto alle quali dovrebbe cercare di prendere una posizione. Risposte ad alcune di queste domande sono state abbastanza chiaramente delineate da Husserl in una serie di scritti editi ed inediti, nella norma piuttosto asistematici, spesso in connessione a questioni di carattere più generale sulla natura delle qualità o della percezione delle cose materiali. Husserl sembra ispirarsi criticamente alle analisi di Brentano sulle qualità sensibili; non sembra invece esservi più che qualche blanda relazione a Stumpf e alla sua Psicologia del suono - un testo che solleva questioni di filosofia del suono solo tangenzialmente. Sviluppi fenomenologici ulteriori (Schapp, Conrad-Martius) scendono nel dettaglio delle analisi seppur perdendo la presa sulle questioni più generali, o propongono generalizzazioni metafisiche che si situano ben oltre il livello percettivo. In definitiva nessuna delle teorie fenomenologiche della prima ora offre una soddisfacente filosofia del suono.

1. Un breve elenco di domande che si pongono alla filosofia del suono mostra la relazione che quest'ultima ha con il più ampio dominio della filosofia della percezione:

A. I suoni sono oggetti primari dell'udito, od oggetti secondari? C'è una simmetria tra la percezione del colore e quella del suono in rapporto alla percezione delle cose colorate o sonore?

B. I suoni sono intrinsecamente spaziali? In caso affermativo,

C. Quale è la relazione tra il suono e lo spazio? Il suono occupa lo spazio, o è solamente localizzato in esso?

D. Quale è la relazione tra il suono e la cosa?

E. Tradizionalmente, il suono è considerato una qualità secondaria della cosa: E' legittima questa classificazione? In caso affermativo,

F. Il suono occupa un luogo particolare tra le altre qualità secondarie?

G. E' filosoficamente rilevante la distinzione tra suono e rumore? Lo è quella tra suoni quotidiani e musica?

Nel formulare queste domande vengono impiegati concetti classici come quello di qualità secondarie o di oggetti primari e secondari della percezione, e ci si ricollega a temi generali come quello dell'occupazione spaziale da parte di entità come definitiva del loro statuto ontologico. Concetti e temi che fanno parte della tradizione empiristica e che si ritrovano, mascherati in parte dal linguaggio estremamente tecnico, nelle ricerche che Husserl raccolse sotto il titolo di "costituzione della cosa materiale". Mi preme sottolineare il fatto che Husserl non dedicò un saggio specifico alla filosofia del suono, e che forse considerava i suoi argomenti in materia soltanto come uno strumento accessorio per meglio circoscrivere le modalità di costituzione che considerava paradigmatiche; che, inoltre, ciò implica la non separabilità delle conclusioni a cui pervenne dai risultati di ordine più generale cui egli mirava. D'altro lato alcune di queste conclusioni costituiscono delle valide risposte ad alcune delle domande sopra elencate, e delineano una posizione abbastanza sui generis che non è refrattaria ad un trattamento sistematico.

 

2. Suoni e colori sono due esempi comuni, nella filosofia moderna, di qualità secondarie. Ma questa non è una classificazione indiscussa. Esistono motivi per rubricare insieme suoni e colori come pure per tenerli ben distinti. Husserl aderisce alla tesi tradizionale che considera fondamentale per il concetto di qualità secondaria la dipendenza da un percipiente, da qualcuno che percepisca. Aderendo a questa tesi inserisce i suoni nella classe delle qualità secondarie: esistono noti fenomeni di relatività a chi percepisce che giustificano l'attribuzione. Uno di questi è, banalmente, la sordità. Per colui che è privo dell'udito i suoni non fanno parte del mondo se non in modo indiretto:

Le dipendenze ... determinate intenzionalmente [sono] in parte del tipo cosale/corporeo, in parte del tipo cosale/cosale. Il sordo dalla nascita non sente alcun suono e in tal modo nemmeno può essergli data una qualità sonora; tuttavia, egli percepisce un mondo e le stesse vibrazioni che un altro ode... Egli non può udire un colpo, ma può vederlo... [2] Siamo quindi indirizzati ad una risposta positiva alla questione E. Una conferma viene dalla discussione della soggettività delle qualità secondarie, in cui proprio il suono viene preso ad esempio: [Le qualità secondarie aderenti] hanno il loro significato solo in eventi matematico-fisici, e, come i suoni puramente soggettivi, sono meramente soggettive nel senso che ad esse nulla corrisponde nelle cose, e allora ciò significa che nelle cose non hanno luogo quegli stessi eventi oggettivi cui esse rimandano, qualora esse siano predicati effettivi nel senso solito; e significa che ad esse corrispondono altri eventi oggettivi, ovvero [eventi] nel corpo del soggetto che ha i suoni anomali, ecc. [3]. Ma il problema è complicato da due fattori: in primo luogo, per Husserl anche delle qualità primarie vale, in un certo senso, la relativizzazione a colui che percepisce, e in secondo luogo vi sono importanti asimmetrie tra i suoni e le qualità paradigmatiche come i colori (e, per un altro verso, le qualità tattili). Per quel che concerne il primo punto, Husserl recupera da un lato la tesi centrale della critica di Berkeley a Locke, che prescrive l'inseparabilità, nella percezione e nella concezione, di colore ed estensione: nella misura in cui spazio e qualità non possono che venir dati insieme, sono entrambi percettivamente dipendenti da colui che percepisce (D 13 XV 61). D'altro lato Husserl sposa a questa tesi di omogeneità un residuo della vecchia concezione del sensibile comune - la forma, la spazialità sono percepibili attraverso più sensi [4] trasformandola in un abbozzo di teoria dello schema della cosa: la spazialità rappresenta una sorta di telaio su cui le qualità di distribuiscono o che le qualità riempiono (ibid.; D 13 XV 45; D 13 XIV 54-55; cfr. anche Idee II, § 13). Quindi la distinzione ritrova una legittimità all'interno dell'esperienza, ma questa legittimità deriva dalle diverse caratteristiche funzionali della forma e delle altre qualità, e non da intrinseche differenze di ordine metafisico. Per quel che concerne il secondo punto, Husserl sottolinea una certa asimmetria tra le caratteristiche fenomenologiche dei colori e quelle dei suoni. Ma vale forse la pena di vedere queste asimmetrie sullo sfondo della teoria di Brentano, che è completamente orientata all'omogeneità intraqualitativa.
 

3. Nelle Untersuchungen zur Sinnes psychologie[5] Brentano differenzia tre sistemi sensoriali (visivo, uditivo e aptico) assegnando a ciascuno di essi un continuo spaziale divisibile in parti ciascuna delle quali porta una determinazione qualitativa anche sotto la soglia del sensibile. Questa ipotesi gli permette di spiegare in modo relativamente semplice l'esistenza di qualità multiple come quella di una macchia arancione, che risulta composta da parti impercettibili di colore giallo e rosso, e la perdita di intensità di una qualità, risultante semplicemente dalla perdita di parti. Il tratto più marcato della teoria consiste nella ricerca di analogie tra le qualità di sensi diversi. A ciascuno dei tre sensi Brentano assegna una contrapposizione tra chiaro e scuro, che nel caso del suono ha un analogo nella contrapposizione tra acuto e grave e in quella del sistema aptico nella contrapposizione tra caldo e freddo. Allo stesso modo egli ritiene di discernere in tutti i sistemi di qualità una contrapposizione tra saturo ed insaturo, e di nuovo questa distinzione porta ad una semplice spiegazione di un importante fenomeno, l'iterazione dell'ottava: due suoni posti a distanza di un'ottava differiscono per chiarezza a parità di saturazione (così come blu chiaro e blu scuro); porta inoltre all'analogia tra bianco e nero, i colori "acromatici", con i rumori privi di qualità definita. Interessante per la nostra discussione è quanto Brentano dice della spazialità dell'udito:

Per tutti i sensi vale il principio dell'impenetrabilità. In effetti notiamo che una forte denotazione, lo sbattere di un mulino, un rullare di tamburi o un qualche forte rumore escludono altri suoni. A partire dal momento della sua comparsa un rumore forte occupa per così dire l'intero spazio dell'udito... così come accade per il campo visivo, anche il campo uditivo può venir riempito in parti diverse da molteplici suoni[6]. In un altro passo della stessa raccolta Brentano sottoscrive la tesi di una differenza nell'occupazione spaziale da parte di suoni acuti e suoni e gravi, e paragona l'intensità ad una specie di densità di ciò che viene sentito, similmente alla massa di un corpo a parità di volume[7]. I suoni non solo provengono da questa o quella direzione, ma occupano lo spazio e, in virtù della loro densità/intensità, impediscono ad altri suoni di penetrare all'interno del volume da essi occupato. Solo con l'aprirsi di lacune all'interno di quest'ultimo altri suoni possono penetrare dando così l'impressione auditiva della pluralità, come ad esempio nel caso di un accordo.

L'ipotesi di Brentano ha l'aspetto di una straordinaria variazione immaginativa sull'idea dell'occupazione spaziale da parte delle qualità. Non mi sembra qui il caso di argomentare nel dettaglio contro questa concezione, anche perchè alcuni elementi di critica implicita verrano esposti in quanto segue. E' d'altronde sintomatico che Brentano non offra dei veri e propri argomenti o evidenze a favore della sua teoria, cercando piuttosto di mostrarne il valore al fine di spiegare fenomeni auditivi complessi come quello della fusione sonora o quello delle qualità multiple. (Brentano risponde positivamente a B., e ammette profonde simmetrie tra le qualità riguardo ad A.).

 

4. Quali analogie e disanalogie tra le qualità sono sottolineate da Husserl? Egli si distacca dal monolitico modello brentaniano per cercare di mostrare una densa rete di interrelazioni e somiglianze, in parte sovrapponentesi, tra colori, suoni e qualità tattili. Il suono ha tratti in comune con il colore, è suono della cosa, è in essa; ma ha anche tratti in comune con il calore, si irradia dalla cosa per raggiungerci. Riguardo a quest'ultimo punto Husserl condensa una serie di osservazioni:

Inoltre, caldo e freddo, come qualità che ricoprono in modo bipartito i corpi; qualità irraggianti, qualità distanti non visive, il risuonare, il calore irraggiante; che promanano dal corpo e si propagano o si spandono nello spazio vuoto con forze differenti. Il suono, al modo in cui esso è sul corpo, promanante da esso o da un suo luogo; l'orecchio per così dire esplora lo spazio e coglie nel luogo in questione i suoni che sono lì presenti, e di contro coglie il suono (con l'appercezione) come esso è nella cosa. [Nel caso di C]orpi completamente risuonanti, vi è risuonare in ogni luogo del corpo e da ogni luogo fuoriesce nello spazio un raggio sonoro.

Avvicino un poco la mia mano ad un corpo, ed esso irraggia calore; avvicino il mio orecchio al corpo (o mi avvicino con tutto il corpo alla cosa), ed esso irraggia il suono... un rumore. Questo ne fuoriesce [8].
 

Vorrei brevemente criticare questa concezione. La tesi che il suono è percepito irraggiarsi dalla cosa per raggiungerci mi sembra errata. Percepiamo a volte un suono che si muove verso di noi, ma questo equivale a percepire una sorgente sonora che si muove verso di noi, ad esempio la sirena di una autoambulanza in corsa che ci sorpassa. Un caso in cui abbiamo l'impressione che il suono muova è il rimbalzare di un'eco da una parete all'altra della valle, o il riflettersi del tuono sulle montagne, o il venire a noi delle voci trasportate dal vento - ma si tratta evidentemente di casi limite. Quando percepiamo un suono lo localizziamo non soltanto come proveniente da una certa direzione, ma anche come prodotto ad una certa distanza. Del suono delle automobili per strada non posso dire che esso è qui. E quando dico che mi raggiunge parlo delle onde sonore, e non più dei suoni (non importa a che grado di raffinatezza sia condotta l'esplicazione: potrebbe bastare una proto-teoria fisica che preveda una qualche forma di trasferimento di energia, di informazione o di materia dalla cosa a noi). Ma vi sono casi che possono dare adito a obiezioni. Di una stanza rumorosa per via della strada trafficata si potrebbe anche dire che essa è piena di rumore, che il rumore arriva fin qui - ma il modo corretto di esprimersi sarebbe: il rumore è udibile fin da qui. Oppure: il rumore dell'aeroplano proviene da un luogo che non coincide con quello in cui lo vediamo: ma questa non è una vera dimostrazione del fatto che udiamo un suono muovere verso di noi, perchè si tratta di una inferenza - vedo il luogo in cui l'aeroplano è, vedo quello da cui sembra provenire il suono, e mi rendo conto del fatto che non sono lo stesso luogo; mi ricordo inoltre del fatto il luogo in cui ho visto poco fa l'aeroplano è lo stesso da cui sento provenire il suono; ne concludo che il suono è stato prodotto in quel momento in quel luogo e che solo ora è arrivato a me.

Sembra essere all'origine dell'errore l'assimilazione della propagazione delle onde sonore all'irraggiamento termico. D'altro lato non è nemmeno evidente in che senso si possa parlare di un'esperienza dell'irraggiamento. Il calore non è percepito provenire dalla cosa. Noi sentiamo, anche ad una certa distanza, che una cosa è calda, sentiamo che c'è caldo alla nostra destra o alla nostra sinistra, e diciamo: il calore proviene da quella cosa, proviene da destra, da sinistra; confondendo la descrizione del processo fisico o una proto-spiegazione fisica con la descrizione di quanto percepiamo. Un caso limite giustifica questo uso: se accendiamo il caminetto, la stanza si scalda a poco a poco - un caso del tutto parallelo, nel suo essere fuorviante, a quello del'eco o dell'aereoplano nell'ambito sonoro.

Abbiamo anche visto che Husserl sostiene l'essere del suono nella cosa:

Il calore come calore del corpo e calore nella stanza, la determinazione sonora sul corpo, il corpo risuona ed è riempito dal suono[9]. Quest'idea è da prendere con le dovute cautele. Solo una cosa risonante sembra possedere il suono al modo che viene qui descritto: un diapason, un gong, uno strumento musicale dotato di cassa di risonanza. Quando indosso la camicia il fruscio non è nella camicia, e nemmeno nel mio corpo. Lo stormire dell'albero non è nell'albero (è forse sull'albero?), lo sbattere di una porta non è nella porta. Dicendo che un suono è in una cosa pensiamo di solito a una scatola all'interno della quale è stato messo un oggetto sonoro: ma allora è più appropriato riferisrsi all'oggetto (sento suonare la sveglia e la trovo nascosta in un cassetto). Di nuovo, l'apparente analogia con il calore - che è ed è percepito nella cosa o in una sua parte, eventualmente alla sola superficie, su un solo lato, o sotto la superficie [10] - porta fuori strada. Credo che la migliore descrizione del fenomeno acustico sia la seguente: il rumore od il suono si producono in un luogo, e noi li udiamo come prodottisi in quel luogo. Non li udiamo venire verso di noi e solo in alcuni casi (corpi risonanti) li udiamo risiedere nel luogo in cui si producono. Per quel che concerne il fenomeno termico, il calore risiede nella cosa ed è avvertibile ad una certa distanza da essa, ma ciò non implica che noi lo avvertiamo irraggiarsi dalla cosa. Husserl ha quindi torto nell'ipotizzare una troppo forte simmetria col caso del calore se la percezione del calore deve avere le caratteristiche fenomenologiche che egli le attribuisce; e d'altro canto attribuisce alla percezione del calore caratteristiche che non sono del tutto esenti da critica. Husserl è inoltre indeciso sulla relazione tra suono e spazio, sulla possibilità dell'occupazione spaziale. Anche se il caso per lui paradigmatico sembra essere quello del corpo risonante, esso non è affatto decisivo: Quale tipo di localizzazioni di suoni o di determinazioni termiche sono queste? Che tipo di riempimento dello spazio è questo? Certo in opposizione al ricoprimento o al riempimento di uno spazio con il colore[11]. Un suono rimanda al corpo che lo ha prodotto: Lo spazio vuoto non viene, in senso proprio, intuito come fosse riempito da suoni, ma io sento suoni ad ogni distanza alla quale il corpo sia situato e questi rinviano ad un corpo risuonante; ed i molteplici suoni, che sento cambiando posizione, rimandano forse ad uno e uno stesso corpo di volta in volta modificato o immodificato e manifestantesi in tal modo per l'aspetto sonoro. Considerato in questo modo il suono è solo nel corpo risuanante come sua qualità, ma non come ricoprente una vera e propria forma spaziale, perché non si ripartisce sulla forma[12]. Ma, dice Husserl, il suo essere nella cosa non ha la determinatezza che può avere la presenza del calore, che riempie l'oggetto in modo più compatto, nè quella che ha la presenza del colore, il quale aderisce con precisione al contorno della cosa. Un modo per renderci chiara questa distinzione consiste nel dire che il confine del suono non coincide, se non in estrema approssimazione, col confine della cosa: la localizzazione è imprecisa. Ma anche questa immagine è confusa. Forse si può diagnosticare la confusione se si considera l'immagine come il risultato dell'incrocio tra due esigenze non ovviamente compatibili: da un lato quella di conservare la localizzazione del suono nella sorgente sonora, dall'altro quella di attribuire comunque una forma spaziale alle qualità. Ma la seconda di queste esigenze non è giustificata (se non da motivi teorici generali, extrafenomenologici). Per un suono, essere udito prodursi in un punto o in una regione dello spazio non implica occupare quel punto o quella regione di spazio. Lasciando quindi cadere questa ipoteca sulla descrizione si giunge ad un più soddisfacente stato di cose: il suono non necessita di un telaio spaziale da riempire con la sua presenza - nè, come abbiamo visto, da attraversare per giungere fino a noi.
 

5. Vediamo ora altre possibili analogie, questa volta con l'ambito visivo, lasciando da parte i problemi della localizzazione. Una di queste analogie concerne la coesistenza di più qualità contemporaneamente. Stumpf, nella sua opera principe, la Tonpsychologie[13], aveva introdotto, per fornire una base fenomenologica alla teoria della consonanza, il concetto di fusione: due suoni "si fondono" quando è difficile distinguerli in un suono composto di cui essi sono elementi. Nella teoria di Brentano, critico nei confronti di Stumpf, i fenomeni di fusione sono generalizzati ed interpretati in base all'ipotesi dell'occupazione contemporanea dello spazio da parte delle qualità, di modo che ciascuna entri nelle parti lasciate libere dall'altra. L'analogo visivo della fusione sonora è per Brentano il colore composto: il verde, l'arancio, il violetto. Husserl propone un'altra analogia, a mio avviso più interessante: quella con la percezione della trasparenza. Il problema viene impostato con una considerazione di carattere negativo:

Due qualità in quanto qualità uguali sono possibili nel momento presente solo se hanno una differenza di luogo [14] Non possiamo udire due suoni identici (per altezza, intensità, timbro) in un'identica direzione: essi si ricoprirebbero costituendo una unità. Non troviamo suoni del tutto identici coesistenti. Forse che non sono pensabili? Qui sorgono nuovi problemi. E' chiaro che possono esserci processi sonori simultanei. Una melodia risuona, e lì vicino risuona simulataneamente il rumore di un'auto; viene lanciato un segnale con la tromba e contemporaneamente vengono dati ordini, ecc.; certo l'uno disturba l'altro, e il "disturbo" è tanto maggiore, quanto più simili sono i processi acustici; ad es., due segnali di tromba o due melodie che risuonano assieme, o due rumori che assieme si producono [...]

Aggiungiamo una integrazione al caso precedente. In effetti una macchia può coprirne un'altra, così che questa non è più visibile. Ma una macchia può anche passare al di sopra dell' altra in modo da lasciarla "intravedere"; si deve così tenere in linea di conto il caso di una più o meno grande trasparenza. Una banda luminosa dotata di forma si muove come fosse un'unità di forma riempita di luce, ma tocca oggetti che sono lì e restano immobili, e che sono visti attraverso la banda luminosa... E lo stesso avviene per un'ombra colorata dotata di forma,... un banco di nebbia, ecc. [15]

Husserl prosegue con una interessante osservazione: Nella sfera acustica c'è questo di particolare, che ogni oggetto acustico copre o nasconde ogni altro oggetto acustico simultaneo oppure anche, si potrebbe dire, lo ombreggia o ne cambia il colore; mentre nella sfera visiva o in quella tattile anche se gli oggetti possono coprire o cambiare il colore, non si dà affatto il caso che ogni oggetto ne copra o ne colori ogni altro[16]. L'analogia tra suoni contemporanei e percezione della trasparenza sembra estremamente calzante; in ogni caso sembra migliore di quella proposta da Brentano, che prendeva come esempio visivo quello di colori composti. Questo perchè possiamo considerare il colore composto anche come una unità - e la lunga discussione svoltasi sul finire del secolo scorso sul numero dei colori primari mostra che non è facile raggiungere l'accordo su ciò che si deve considerare unitario o composto. Non è comunque possible considerare nello stesso senso di unità un esempio di trasparenza: anche se può non essere evidente quali sia il colore di ciascuna delle due superfici trasparenti, è fuor di dubbio la percezione di due entità; così come all'ascolto è evidente che quello che percepisco è un accordo, una struttura composita, e non un suono singolo, per quanto le sue parti possano essere ben fuse.

Non è invece ovvio quanto Husserl dice sulla coloritura che si manifesterebbe nella sfera acustica ed in quella visiva. Possiamo ammettere che dati due oggetti sonori contemporanei si può dare il caso che l'uno copra l'altro o che entrambi siano udibili contemporaneamente presentando una più o meno marcata fusione. Ma in quest'ultimo caso ha senso parlare di una coloritura reciproca? Nell'esempio visivo il dubbio è altrettanto legittimo. Una pellicola trasparente messa di traverso su un rettangolo non gli dona il suo colore, nè si trasforma assumendo quello del rettangolo, ma ciascuno dei due elementi conserva il suo colore (è per questo che i gestaltisti parlano di "scissione" dello spezzone di campo visivo comune alla pellicola e al rettangolo, scissione correlativa alla costanza dei colori dei due elementi). E' comunque interessante il riferimento ad una asimmetria tra auditivo e visivo: due suoni contemporanei debbono per forza o sovrapporsi o fondersi, ma due macchie colorate presenti contemporaneamente nel campo visivo non sono soggette a questa restrizione: possono semplicemente stare una accanto all'altra. E degna di nota pure l'osservazione che la percezione del movimento è una condizione sine qua non della percezione della trasparenza (D 7, 37-8, Randnotiz), che altrimenti si dissolverebbe nella percezione di una serie di macchie colorate giustapposte. Per quanto essa non sembri reggere davanti a elementari esperienze di trasparenza in assenza di movimento, segnala una delle intuizioni fondamentali ed ancor oggi attuali intorno a cui è costruita la teoria della percezione di Husserl: sono le situazioni dinamiche a fornire il materiale primario di indagine fenomenologica.

 

6. Il silenzio è presentato da Husserl come l'analogo auditivo dello spazio vuoto. La possibilità di vedere lo spazio vuoto ha costituito per Husserl un significativo problema fenomenologico a partire dalla Dingvorlesung[17]. Nello scritto del 1917 sulle unità sensibili egli considera un esempio di vuoto visibile l'oscurità,

dalla quale un oggetto può emergere e nella quale un oggetto può immergersi e che può percorrere. Questo vuoto visivo può essere colto come tale, ed in tal caso l'oggetto che emerge non nasconde nulla, oppure esso può venir colto come sfondo più scuro, che viene ora nascosto dall'oggetto che emerge, o che ne viene colorito, come nel caso di una nebbia[18]. Naturalmente questa linea espositiva si presta all'obiezione che l'oscurità non è priva di determinazioni qualitative, avendo per l'appunto un caratteristico modo di riempire lo spazio simile a quello in cui l'inchiostro delle seppie riempie una parte del mare. Ma si tratterebbe di un'obiezione affrettata. Diventare nero e diventare scuro, per quanto i due processi possano sovrapporsi, non sono un'identico processo. L'aria tra noi e le cose, quando abbassiamo la luce, non diventa nera, e nemmeno perde in trasparenza. Ciò tuttavia non implica che una qualità (oscurità) si sostituisca ad un'altra, occupando lo spazio che quest'ultima occuplva. Questo perchè l'oscurità non è una qualità, al modo in cui possono esserlo il rosso od il verde. Vedere l'oscurità non può stare accanto al veder rosso come un genere di una medesima specie di percezione: perchè non c'è un vedere l'oscurità. Essere in una situazione di oscurità deve piuttosto venir contrapposto ad essere in una situazione in cui si vede chiaramente (così come l'essere miopi viene contrapposto al vedere distintamente: ma non c'è un vedere l'indistinzione, così come non c'è un vedere l'oscurità). In questo senso Husserl sbaglia cercando nell'oscurità un esempio od un paradigma della percezione del vuoto; ma curiosamente questo errore è rilevante solo all'interno del suo tentativo di paragone dello spazio vuoto visivo al silenzio. Il passo citato prosegue infatti nel modo seguente:
Al vuoto visivo corrisponde il vuoto acustico, il silenzio [19] .

L'analogia sarebbe più precisa se al posto del vuoto visivo si parlasse dell'oscurità. Non c'è una qualità uditiva del silenzio, ma c'è un non riuscire a sentire suoni molto lontani anche se non si è disturbati da altri suoni, o un non sentire nulla. Se sento che qui c'è silenzio non sento alcun rumore, o sento un rumore estremamente attenuato. Husserl intende comunque mostrare anche un elemento di disanalogia riguardo alla possibilità di concepire il silenzio come una sorta di quasi-spazio in cui possano celarsi i suoni che non vengono più uditi:

Evidentemente non si può dire qui che il "silenzio" viene attraversato da un oggetto, che un oggetto entra in qualche modo nel silenzio (non in un qualche luogo di uno spazio costituito altrove), lo attraversa e ne esce in qualche luogo. E' questo il motivo per cui non si può concepire il silenzio come uno sfondo spaziale, al modo in cui si può concepire come sfondo spaziale il vuoto visivo[20]. Questo passo ha delle risonanze strawsoniane e, letto con quello che immediatamente lo segue, costituisce una prefigurazione del famoso argomento contenuto nel secondo capitolo di Individuals[21], in cui vengono messe alla prova le due fondamentali caratteristiche del nostro concetto di individuo (esistenza non percepita e reidentificabilità) ricorrendo alla finzione di un mondo puramente sonoro in cui queste caratteristiche andrebbero a vuoto se non venisse introdotta una analogia dello spazio tridimensionale, il contenitore capace di ospitare gli oggetti quando essi sono al di fuori del nostro raggio di coscienza per lasciarli emergere in un successivo decorso di percezioni. Husserl scrive infatti: Da questo siamo portati ad una prima costituzione di oggetti trascendenti e specificamente oggetti tali che sono dati "al di fuori" del campo attuale e quindi in un campo non attuale, che ha con l'attuale una unità di connessione, sebbene si tratti di un'unità non percepita; che vi sono oggetti che non sono percepiti, che entrano nel campo attuale ed in seguito ne escono; in questo il campo originario si trasforma in uno spazio inglobante, che si presenta come campo, così come l'oggetto immanente, che vi viene costituito come oggetto in movimento, si trasforma in un oggetto trascendente dato come percepito solo in questa fascia temporale della percezione attuale[22]. Il silenzio non costituirebbe quindi, in termini strawsoniani, una analogia dello spazio in senso proprio[23].

Osservazione. L'errore fenomenologico di Strawson consiste nell'aver negato spazialità ai suoni. Essi sarebbero entità intrinsecamente non-spaziali. Abbiamo visto che questo è corretto solo se per spazialità si intende l'occupazione spaziale; in un mondo puramente uditivo sarebbe però ancora possibile distinguere sopra e sotto, destra e sinistra. Tale mondo avrebbe una terza dimensione? E' forte la tentazione di immaginarlo come completamente piatto - uno schermo sonoro - in virtù del sofisma seguente: un suono debole vicino è in alcuni casi indistinguibile da un suono forte lontano, dunque è possibile considerare tutti i suoni ad una medesima distanza, assegnando opportune intensità a ciascuno di essi (posso mettere la radio sul davanzale della finestra e immaginare che vi sia un concerto per strada; Husserl stesso considera questo come uno dei passaggi preliminari all'afferramento di un puro dato della sensazione: cfr. Idee II, § 10[24]); dunque non ha senso parlare di una terza dimensione sonora. L'argomento è fallace perchè include una generalizzazione indebita. Dal fatto che in alcuni casi non si possa distinguere un suono vicino debole da uno forte lontano, non segue che ciò debba avvenire in tutti i casi. Per i suoni semplici (sibili ecc.) non sembra che la tesi ponga problemi, ma per insiemi sonori più complessi l'assimilazione non è praticabile: Un accordo di chitarra suonato in fortissimo ha una qualità particolare data dalla percussione violenta delle corde, percepibile anche a distanza, e impossibile a confondersi con lo stesso accordo suonato in pianissimo qui accanto a noi.

E' chiaro che l'esistenza di una intrinseca spazialità del suono non mina direttamente l'argomento di Strawson; essa lo rende tuttavia meno mordace, costringendoci a recuperare la dimensione spaziale nel dominio dell'analogia[25].

 

7. Veniamo ora all'enunciazione di alcune asimmetrie tra suoni e colori che configurano in modo più preciso la filosofia del suono di Husserl. Un punto fondamentale è che i suoni, a differenza dei colori, non ci presentano direttamente la cosa, come avviene invece nel caso del tatto e della vista:

...in entrambi i casi [tatto e vista] è data la cosa stessa (e non solo si rimanda ad essa, come avviene nel caso del suono).

[I]o sento suoni ad ogni distanza alla quale il corpo sia situato e questi rinviano ad un corpo risuonante[26].

I suoni rimandano alla cosa. Questo ci fornisce gli elementi per rispondere alla questione A.: a differenza del colore, il suono è un oggetto primario per la percezione. La classica formulazione del realismo diretto deve quindi subire una correzione: non udiamo direttamente oggetti materiali - laddove invece vediamo direttamente oggetti materiali , o le loro superfici - ma udiamo suoni, e questi eventualmente ci rinviano agli oggetti che li producono.

A questa riformulazione si può obiettare che noi udiamo treni, automobili, aerei direttamente, così come li vediamo. Ma credo che l'obiezione non sia sostenibile, per due motivi: in primo luogo perchè è comunque possibile essere di fronte a casi di irriducibilità del suono all'oggetto, e in secondo luogo perchè il suono può venire al più ricondotto ad un processo, e da qui eventualmente all'oggetto coinvolto nel processo. Suoni irriducibili ad oggetti sono tuoni, esplosioni (si dice "Ho sentito la bomba", ma questo può voler dire solamente che l'ho sentita scoppiare. Una bomba in quiete non viene "sentita"), suoni prodotti da entità con struttura-massa (acqua, aria) In questi casi è comprensibile come la sonorità sia in primo luogo di un processo (una cascata è, come testimonia la radice stessa del termine, il processo di caduta dell'acqua, e subisce una oggettualizzazione solo per ragioni topografiche). Ma credo che ciò valga in tutti i casi. Al limite potrebbero sottrarsi a questa legge oggetti intrinsecamente sonori, capaci cioè di emettere un suono per tutto l'arco della loro vita senza mai variarlo. Si tratterebbe ancora di un processo, ma saremmo portati a tralasciare la struttura processuale per arrivare direttamente all'oggetto. Ma questo è un caso chiaramente delimitabile; un'esemplificazione approssimativa potrebbero ancora essere i corpi risonanti (si immagini un diapason percosso in vostra assenza e portato poi vicino al vostro orecchio: potreste pensare che esso suona per conto proprio); nella norma la sonorità è una caratteristica dei processi. La salvezza della tesi del realismo diretto uditivo dipende ora da quale delle due alternative viene scelta: o si ritiene che all'udito siano presenti direttamente processi e che nella percezione di un processo sia direttamente percepito un oggetto, oppure si ritiene che, sempre essendo dati direttamente i processi, nella percezione di questi ultimi non vi sia compercezione diretta di oggetti. Ma questo è un punto che esula dalla nostra esposizione; l'esistenza di suoni che non rimandano ad oggetti costituisce di per sè una critica sufficiente al realismo diretto uditivo, e questo argomento può sorreggere l'indicazione husserliana per cui vi sarebbe a questo proposito una disanalogia tra colori e suoni.

 

8. Una seconda asimmetria fa corpo con le osservazioni fin qui commentate circa le relazioni tra suoni e forme o figure spaziali:

Un suono può essere più o meno "acuto" o rotondo, e qui analogie remote possono esser sottese a trasformazioni e passaggi continui; ma si tratta comunque di analogie, che non ci permettono di inferire alcunché quanto alla spazialità[27]. L'uso di predicati spaziali per proprietà dei suoni non è una garanzia per riconoscere al suono una struttura spaziale. L'acutezza o l'altezza del suono non hanno direttamente a che fare con una determinazione geometrica dello spazio sonoro. Brentano aveva parlato di minor occupazione spaziale da parte dei suoni acuti ma in questo caso l'analogia sembra essere sotto la presa dell'immaginazione. Di questo avviso sembrano essere anche Stumpf e Révész (quest'ultimo riconduce l'uso dei predicati "alto" e "basso" all'osservazione che i suoni acuti risuonano nella testa mentre quelli gravi risuonano nella gola[28]).
 

9. Possiamo ora condensare la posizione filosofica di Husserl in relazione ai suoni. Se consideriamo la lista di questioni posta ad introduzione del nostro saggio, troviamo una serie di risposte:

A. I suoni sono oggetti primari dell'udito.

B. Non si può negare ad essi un elemento spaziale pur dovendo riconoscere che questo si limita alla direzionalità ed alla distanza.

C. Il suono occupa lo spazio in modo impreciso, con una essenziale indeterminatezza.

D. il suono rimanda alla cosa; in alcuni casi è in essa e la riempie; in altri casi proviene da essa.

E. Il suono è una qualità secondaria (essendo possibili alterazioni funzionali della percezione), ma

F. occupa un luogo particolare tra le altre qualità, essendo situato al confine tra le qualità localizzate e quelle irraggianti.

Non abbiamo elementi per rispondere alla questione G sulla rilevanza della distinzione tra rumore e suono. Una valutazione complessiva ci porta a considerare insoddisfacenti le risposte alle questioni C., D., E. ed F.. La debolezza delle tesi di Husserl su questo punto sembra essere una conseguenza del privilegio accordato alla ricerca di soluzioni al problema della costituzione del mondo materiale a partire da sistemi sensoriali diversi, costituzione che richiede l'instaurazione di concordanze intrasensoriali la cui condizione di possibilità è a sua volta l'esistenza di uno schema spaziale che alberghi le determinazioni qualitative. Passa così in secondo piano il momento della descrizione fenomenologica dell'esperienza sonora, cui si preferisce l'uso di esempi non sempre ovvii. D'altro lato alcune strutture fondamentali dell'esperienza uditiva vengono problematizzate in modo decisamente originale - di particolare rilievo sembrano essere i tentativi di perlustrazione dei casi limite (silenzio, mondo puramente uditivo) estranei alla discussione contemporanea a Husserl e ancor oggi non sovente utilizzati per circoscrivere i concetti rilevanti di una teoria dell'esperienza sonora.
 

Appendice . Un breve sguardo a due opere di allievi della cerchia gottinghiana di Husserl rivela l'ulteriore vita del problema. Nel caso di Wilhelm Schapp, autore di una dissertazione sulla fenomenologia della percezione, centrata sulle relazioni tra colore e cosa, viene sollevata la questione di come i suoni presentino il mondo[29]. Il suono ci dischiude una porzione di spazio, che al termine del suono scompare. Una zanzara disegna figure sonore, una voce al di là del muro ci fa accedere ad uno spazio che altrimenti ci è precluso. E' scorretto considerare lo spazio sonoro come derivativo da quello visivo; il primo è altrettanto originario quanto il secondo. Ma i suoni non ci presentano lo spazio, nè - al modo dei colori - oggetti nello spazio, quanto piuttosto interazioni tra oggetti: ascoltando il passaggio di un carro traballante per la via sentiamo le asperità della strada, il peso del carro, la presenza di una molteplicità di casse sul carro ecc. Oppure, ascoltando un urto tra due oggetti ne sentiamo la fragilità o la durezza; dell'acqua sentiamo che è fluida ecc. - e tutto questo senza l'aiuto di immagini mentali. Quello che il suono non riesce a segnalare sono i contorni precisi della cosa, o il suo colore; in generale, comunica caratteristiche che sono eminentemente accessibili al tatto e solo derivativamente alla vista. La musica di contro non svolge una funzione presentativa: in essa ci rivolgiamo direttamente ai suoni; a meno che essi non mimino eventi sonori della vita quotodiana.

Se i suoni ci presentino qualche cosa di oggettuale è un problema aperto. Schapp nega che questa oggettualità presentata abbia le caratteristiche della definitezza. Non ascoltiamo un suono sotto una descrizione, non usiamo concetti precisi per classificare il mondo a partire da quanto vi udiamo. Piuttosto, i concetti sotto i quali cadono i nostri percetti sonori sono quelli della forza, dell'attività, della lotta tra elementi, dispiegate in processi che costituiscono, secondo il famoso passo della Farbenlehre di Goethe, le voci della natura[30].

La posizione di Schapp costituisce un'interessante sviluppo delle intuizioni di Husserl. In particolare essa si distacca dal corpo della discussione filosofica tradizionale sulle qualità per cercare di disegnare una mappa più articolata dell'esperienza sonora. Questo permette a Schapp di impostare in modo originale l'analisi delle relazioni tra suono e spazio, suono e cosa. L'uso di descrizioni puramente interazionali per caratterizzare i referenti dell'ascolto costituisce a mio parere una delle chiavi del problema del realismo diretto uditivo. Si può difendere questa tesi sulla base di quanto è stato sopra (par. 7) argomentato circa la percezione diretta di processi. La tesi di Schapp potrebbe riassumersi dicendo che nell'ascolto siamo sempre posti in presenza di un agente - o, meglio (dato che vi sono processi come disintegrazioni o esplosioni che non lasciano intravedere nessun agente in senso proprio), di un agire. Il concetto di suono si rivelerebbe così intrecciato a quello di causa: con i suoni ci si dischiude il mondo delle interazioni causali. Una tesi analoga viene sostenuta da Hedwig Conrad-Martius in due scritti pubblicati nello Jahrbuch di Husserl[31]. Lo spiccato tono metafisico delle analisi di Conrad-Martius rende difficile valutare il suo contributo al tema specifico della filosofia del suono. La filosofa si propone di rispondere in modo esaustivo alla domanda "cos'è la realtà" [32]e sviluppa a tal fine una teoria a priori delle distinzioni del senso comune, una teoria in cui i concetti di oggetto reale e immaginario, di materia, di stati della materia, di suono, luce e temperatura trovano il loro posto e la loro giustificazione. Se da un lato questo stile di indagine sconfina spesso in considerazioni di ordine mistico (i tre stati della materia, per esempio, vengono considerati come equivalenti alle forme del corpo, dell'anima e dello spirito[33]), ha anche il pregio di basarsi su di un ricco insieme di variazioni immaginative e di tentativi di associare tra loro concetti che non mostrano che una superficiale parentela. In questo contesto ai suoni e ai rumori viene attribuita una categoria ontologica a sé stante. I rumori hanno il compito di rivelare la qualificazione materiale dei corpi che li producono (§ 183); i suoni per contro sono pura rivelazione, apertura del proprio sé, non vincolata ad un oggetto materiale se non per una coincidenza fattuale (§ 191); in questo essi non si rivolgono al corpo, ma direttamente alla mente. In un articolo precedente, più direttamente legato allo studio della percezione, venivano raggruppati i sensi a seconda del loro valore teoretico[34], della loro capacità di darci accesso al mondo. Vista e udito vengono contrapposti agli altri sensi perché per essi il corpo del percipiente ha un significato del tutto diverso (p. 492-3): questi due sensi sono le porte dello spirito. Sono inoltre sensi di distanza (p. 473): anche se avvicino una sorgente sonora al mio orecchio il suono non entra nel mio corpo, laddove viceversa una sensazione termica è sempre localizzata nel corpo. Suono e colore sono entità oggettuali, ma non indipendenti esistenzialmente. L'individuazione - l'avere oggettualità - presuppone localizzazione spaziale e possesso di forma, ma l'oggettualità in sé non richiede esistenza indipendente. Suoni e colori soddisfano le condizioni per l'individuazione (p. 475-6), in quanto occupano una porzione individuata dello spazio. In particolare, il suono occupa una sfera che si irradia dall'oggetto (p. 468). La differenza tra vista e udito si gioca sul diverso modo di presentazione: i suoni ci portano in presenza di eventi in modo più diretto di quanto non facciano i colori (p. 483); e sono, come abbiamo visto, un'espressione della materialità degli oggetti. Inoltre, con i suoni è più facile avere un esempio di oscillazione tra oggetto udito e sensazione sonora (pp. 302-304): l'attenzione può spostarsi dall'uno all'altra indifferentemente, mentre con i colori essa è vincolata all'oggetto.
 


Note

[1] Parte di questa ricerca è stata condotta presso l'Archivio Husserl di Friburgo. Desidero ringraziare Hans Reinhard Sepp per l'indispensabile aiuto prestatomi e l'estrema disponibilità; Georg Mohr e Benoît Winiger per utili discussioni.

I manoscritti Husserliani vengono citati nella paginazione della trascrizione dattiloscritta. Si tratta dei manoscritti:

D 7 (Estate 1917, Bernau): Sinnliche Einheiten und Affektion. Konstitution von Gegenstaenden in der Sinnlichkeit. Concretum, Individuum. Principium Individuationis.

D 13 XIV (1921): Normalität in ihrer konstitutiven Bedeutung; sekundäre Qualitäten. Worin besteht die Geschlossenheit der physischen Natur (das sich selbst überlassen)?

D 13 XV (1910 e 1918): Raumkonstitution. Primären und sekundären Qualitäten.

D 13 XXIII (1907) Orientierung. Konstitution des Sinnendinges, Sinnenraumes.

Del corpus Husserliano edito si sono usati il volume IV (Ideen II) ed il volume XVI (Ding und Raum. Vorlesungen 1907) della Husserliana, Den Haag: Nijhoff, 1952, 1973. Per Ideen II si è citato dalla traduzione italiana, Torino 1965.

Al tema delle qualità secondarie in Husserl è stata dedicata un'unica monografia: G. Witschel, Edmund Husserls Lehre von densekundären Qualitäten, Dissertation, Bonn 1961, di cui un estratto in G. Witschel, 'Zwei Beiträge Husserls zum Problem der sekundären Qualitäten', Zeitschrift für philosophische Forschung, 18, 30-49. Per il problema del colore negli inediti cfr. G. Piana, 'Un'analisi husserliana del colore' Aut-Aut 92, 1966, 21-30. La letteratura secondaria sulla teoria della percezione di Husserl si concentra nella norma sul tema (di matrice kantiana) delle condizioni di identità dell'oggetto percepito, lasciando in disparte i classici problemi delle qualità secondarie. Un importante studio è quello di U. Melle, Das Wahrnehmungsproblem und seine Verwandlung in Phänomenologischer Einstellung, The Hague: Nijhoff, 1983, anch'esso tuttavia orientato epistemologicamente piuttosto che ontologicamente.

[2] [D]ie intentional beschlossenen [...] Abhängigkeiten [sind] teils leib-dingliche, teils ding-dingliche. Der Taubgeborene hört keine Töne und kann somit auch keine Tonqualitäten gegeben haben; aber er nimmt doch eine Welt wahr und dieselben Luftschwingungen, die ein anderer hört... Er kann einen Schlag nicht hören, aber sehen...(D 13 XV, 42).

[3] ...[die sekundär anhängenden Qualitäten] haben ihre Bedeutung nur in mathematisch-physikalischen Vorkommnissen, und sind sie, wie bloss subjektive Töne, bloss subjektiv in dem Sinne, dass ihnen in den Dingen nichts entspricht, so meint das, dass in den Dingen eben diese objektiven Vorkommnisse, auf die sie hinweisen, wenn sie im gewöhnlichen Sinne wirklich giltige Prädikate sind, fehlen, dass ihnen dann aber andere objektive Vorkommnisse entsprechen, nämlich in dem Leib des Subjekts, das die anomalen Töne etc. hat. (D 13 XV, 47).

[4] Una considerazione di rinforzo è che non esisterebbe una cecità alle forme nello stesso senso in cui la si ha al colore: "Es kann neben der Farbenblindheit... keine analoge Gestaltblindheit geben, die die übrigen Sinne als normal belässt im ersten Sinn, denn Gestalt ist ein aistheton koinon (D 13 XIV, 5).

[5] Franz Brentano, Untersuchungen zur Sinnespsychologie, hrsg. von Roderick M. Chisholm und Reinhard Fabian, Hamburg: Meiner, 1979.

[6] Für alle Sinne besteht das Gesetz der Undurchdringlichkeit. so bemerken wir ja, dass ein sehr starker Knall, ein Mühlengeklapper, ein Trommerwirbel oder sonst ein starker Schall andere Töne ausschliesst. Von dem Moment des Auftretens an nimmt er sozusagen den ganzen Raum des Gehörs ein...[w]ie das Sinnesfeld des Gesichts kann auch der Sinnesraum des Gehörs in verschiedenen Teilen von vielfachen Tönen erfüllt sein... (Brentano 1979, 19).

[7] ...Art Dichtigkeit des empfundenen, ähnlich der Massenhaftigkeit eines Körpers bei gleichem Volumen (ibid., 170).

[8] Ferner, Wärme und Kälte, als zweiteilig Körper bedeckende Qualitäten; strahlende Qualitäten; nicht-visuelle Fernqualitäten, das Tönen, die strahlende Wärme; von Körper ausgehend und im leeren Raum allseitig verbreitet bzw. sich ausbreitend in verschiedenen Stärken. Der Ton, wie er am Körper ist, von ihm oder von einer Stelle desselben ausgehend; das Ohr tastet gleichsam den Raum ab und erfasst an den betreffenden Raumstellen vorhandene Töne, andererseits fasst es (durch Apperzeption) auf den Ton wie er im Ding ist. Ganz und gar tönende Körper, an jeder Stelle des Körpers tönt es und von jeder läuft ein Tonstrahl in den Raum hinaus (D 13 XV, 39).

Ich bringe meine Hand etwa einem Körper nahe, und er strahlt Wärme aus; ich bringe mein Ohr dem Körper nahe (oder nähere mich überhaupt leiblich dem Körper), und er strahlt den Ton... einen Tönen, ein Geräusch aus. Das geht von ihm aus (D 13 XXIII, 31).

[9] Wärme als Wärme des Körpers und Wärme im Zimmer, Tonbestimmtheit am Körper, der Körper tönt und ist erfüllt von Ton (D 13 XXIII, 30).

[10] Esistono fenomeni di trasparenza termica? A differenza da quella visiva, si tratterebbe di una percezione mediata? Se mi consegnano una pietra bollente in una scatola di cartone, posso sentire il calore della pietra direttamente attraverso il cartone, e sentire che non si tratta di calore del cartone ma della pietra.

[11] Was sind das für Lokalisationen von Tönen, von Wärmebestimmtheiten? Was ist das für eine Art von Raumerfüllung? Natürlich im Gegensatz zur Bedeckung eines Raumes oder Erfüllung durch Farbe. (D 13 XXIII, 31).

[12] Der leere Raum wird eigentlich nicht angeschaut als mit Tönen erfüllt, sondern ich empfinde bei jeder Fernlage des Körpers Töne und diese weisen auf einen tönenden Körper zurück; und die mannigfaltigen Töne, die ich beim Wechsel der Stellung höre, weisen vielleicht auf einen und denselben, je nach dem tonal veränderten oder unveränderten und so erscheinenden Körper zurück. So angesehen ist der Ton nur im tönenden Körper als seine Qualität, aber keine eigentliche Raumgestalt bedeckend, da er sich nicht der Gestalt nach teilt (D 13 XV, 39).

[13] Carl Stumpf, Tonpsychologie, vol. I 1883, vol. II 1890, Leipzig: Hirzel.

[14] Zwei Qualitäten als gleiche sind im Jetzt nur möglich, wenn sie einen ortsartigen Unterschied haben (D 7, 19).

[15] Völlig gleiche koexistierende Töne finden wir nicht. Sind solche nicht denkbar? Da ergeben sich also neue Probleme. Dass es gleichzeitige Tonvorgänge geben kann, ist klar. Eine Melodie ertönt, und daneben in Gleichzeitigkeit damit ertönt das Rollen eines Wagens; ein Trompetensignal wird geblasen und gleichzeitig erfolgen Kommandorufe usw.; freilich eins stört das andere, und die "Störung" ist um so grösser, je ähnlicher die beiden akustischen Vorgänge sind; z.B. zwei Trompetensignale oder zwei Melodien, die zugleich erklingen, oder zwei Geräusche, die zusammen ablaufen (D 7 34) (...) Zu dem vorigen Fall werden wir noch eine Ergänzung beifügen. Nämlich ein Fleck kann einen anderen überdecken, so dass er unsichtig wird. Aber es kann auch ein Fleck über den anderen so hinweggehen, dass dieser "durchscheint", also der Fall der grösseren oder geringeren Durchsichtigkeit ist mit heranzuziehen. Ein gestalteter Lichtstreif wandelt dahin, als Einheit lichterfüllter Gestalt, aber es betrifft Gegenstände, die da sind und "ruhend" dableiben, die durch den Lichtstreif hindurchgesehen sind... Und ebenso ein gestalteter farbiger Schatten... ein Nebelstreif etc. (D 7, 36-7, Ergänzung I).

[16] In der akustischen Sphäre haben wir das Eigentümliche, dass jedes akustische Objekt jedes gleichzeitige andere akustische Objekt verdeckt oder überdeckt oder, wie wir auch sagen können, verschattet oder verfärbt, während in der visuellen oder taktuellen Sphäre zwar Objekte verdecken oder verfärben können, aber keineswegs jedes Objekt jedes andere verdeckt oder färbt (Ibid., 37).

[17] L'appendice VII alla Dingvorlesung (HuA XVI, pp. 361 sgg.) è dedicata a questo problema. Husserl fa riferimento al lavoro di un suo dottorando, H. Hofmann, che nel 1913 pubblicò nell'Archiv für die gesamte Psychologie una dissertazione sull'analisi del concetto di sensazione. Hofmann sosteneva la possibilità di vedere lo spazio in assenza di qualità "riempienti" (come nel caso della percezione di un pezzo di vetro trasparente), tesi contraria ad uno degli assunti fondamentali di Husserl.

[18] in dem ein Objekt auftauchen ebenso wie es in dasselbe eintauchen und es durchwandern kann. Diese visuelle Leere kann als solche genommen werden, dann verdeckt das auftauchende Objekt nichts, oder sie kann als dunkler Hintergrund gefasst sein, der durch das auftauchende Objekt nun verdeckt oder, wie im Falle eines Nebels, verfärbt wird (D 7, 38).

[19] Der visuellen entspricht die akustische Leere, die Stille.

[20] Hier kann man evidentermassen nicht sagen, die "Stille" wird von einem Objekt durchwandert, ein Objekt tritt irgendwie in die Stille ein (nicht irgendwo in anderwärts konstituierten Raum), durchwandert sie und tritt irgendwo aus ihr aus. Darin liegt, dass man die Stille nicht als einen räumlichen Hintergrund auffassen kann, wie man die visuelle Leere als einen solchen auffassen kann (D 7 38).

[21] P.F. Strawson, Individuals, London, Meuthen, 1959, tr. it. Milano 1978.

[22] Von da aus führt der Weg in eine erste Konstitution trascendenter Gegenstände und zwar solcher, dass sie "ausserhalb" des aktuellen Feldes sind und dann in einem nicht aktuellen Feld gegeben sind, das mit dem aktuell gegebenen eine Einheit der Verbindung hat, obschon eine nicht wahrgenommene einheit; dass es Gegenstände gibt, die nicht-wahrgenommen sind, die in das aktuelle Feld eintreten und dann wieder aus ihm heraustreten; dabei wandelt sich das ursprüngliche Feld in einem umfassenden Raum, der sich als Feld darstellt, wie sich der immanente Gegenstand, der da als beweglicher konstituiert ist, sich umwandelt in einem trascendenten und nur in dieser Zeitstrcke aktueller Wahrnehmung sich als wahrgenommen gebenden (D 7, 39).

[23] Husserl considera anche la possibilità di un mondo completamente sonoro che esisterebbe però solo per un soggetto solipsistico (D 13 XV, 43).

[24] "Prendiamo quale esempio... una nota di violino. Questa nota può essere appresa come una nota reale, e quindi come un evento spaziale-reale. Questo evento rimane lo stesso sia che io mi allontani, sia che io mi avvicini... Facendo astrazione dalla realtà materiale, io posso conserare un fantasma spaziale sonoro, che appare secondo un determinato orientamento, che procede da un certo punto dello spazio, che risuona attraverso lo spazio, ecc. Ma alla fine anche l'apprensione spaziale può essere neutralizzata, e quindi la nota può essere presa, invece che come una nota che risuona nello spazio, come un mero "dato della sensazione". Al posto di ciò che, sulla base dell'avvicinamento o dell'allontanamento, era presente alla coscienza come una nota immutata nello spazio, attraverso il rivolgimento dello sguardo, attraverso la considerazione del dato della sensazioe, si presenta qualche cosa che si modifica continuamente".

[25] In una comunicazione personale il Prof. Strawson mi fa presente che considera oggi l'asserzione di una intrinseca non- spazialità del suono come un "phenomenological mistake".

[26] ...In beiden Fällen das Ding selbst gegeben ist (und nicht etwa wie durch Töne nur angezeigt ist) (D 13 XV, 48). [I]ch empfinde bei jeder Fernlage des Körpers Töne und diese weisen auf einen Tönenden Körper zurück... (D 13 XV, 40).

[27] Ein Ton kann mehr oder minder "spitz" oder rund sein, da mögen entfernte Analogien kontinuerlicher Wandlungen und Übergänge vorliegen; aber das sind eben Analogien, die keineswegs auf Räumlichkeit schliessen lassen (D 7, 35-6).

[28] Einführung in die Musikpsychologie, Bern: Francke 1946, p. 76- 8. Recentemente Piana (La notte dei lampi, Milano: Guerini, 1987, cap. 3) ha fornito una lucida descrizione delle interrelazioni tra sintesi immaginative e strutture dell'esperienza criticando in modo assai convincente l'ipotesi "genetica" di Révész.

[29] Beiträge zur Phänomenologie der Wahrnehmung, Göttingen, Kaestner 1910, Cap. I, par. 4.

[30] Un passo citato da Schapp: "Man schliesse das auge, man öffne, man schärfe das Ohr und vom leisesten Hauch bis zum wildesten Geräusch, vom einfachsten Klang bis zum höchsten Zusammenstimmung, von dem heftigsten leidenschaftlichen Schrei bis zum sanftesten Worte der Vernunft ist es nur die Natur, die spricht, ihr Dasein, ihre Kraft, ihr Leben und ihre Verältnisse offenbart, so dass ein Blinder, dem das unendlich Sichtbare versagt ist, im Hörbaren ein unendlich Lebendiges fassen kann" (Vorwort; cit. a p. 29 dell'edizione 1925 dei Beiträge).

[31] H. Conrad-Martius, Zur Ontologie und Erscheinungslehre der realen Aussenwelt, "Jahrbuch für Philosophie und Philosophische Forschung", Bd. III, 1916: cap. 2, §§ 4-5; Realontologie, ibid., Bd. VI, 1920.

[32] Realontologie, § 1.

[33] Ibid. § 128.

[34] Zur Ontologie... cit.
 

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