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§ 18
Il cromatismo

La parola cromatismo ha preso molto tardi e solo per derivazione, l'attuale significato di «successione di due o più semitoni» [21]. Nella concezione arcaica, conservata fino al XVIII secolo, il criterio non è la successione, ma la misura degli intervalli. Abbiamo uno spostamento per attrazione dei gradi deboli all'interno del tetracordo, in cui i gradi rinserrati, o pycnon, raggiungono il semitono:

 

Il grande intervallo appartiene dunque al cromatismo allo stesso titolo di quelli piccoli.

Nel Medioevo, abbiamo ancora lo spostamento attrattivo dei gradi deboli nella "musica ficta". Così un intervallo re- sol diesis

in cui il sol si trova spostato per attrazione verso il la, è considerato cromatico. La scrittura, del resto , trae in inganno: il sol diesis cromatico subisce una forte attrazione e sorpassa di molto il semitono: Marchetto (XIV) lo situa ai 4/5 del tono, e non alla sua metà. Per il Medioevo il cromatismo è il trionfo del grande intervallo. Va ricordato che quest'ultimo è conforme alle misure pitagoriche, dove il semitono (1/2) cromatico è più largo del semitono diatonico.

Il Medioevo talvolta pratica la successione dei semitoni

spesso su voci differenti. Tale necessità non ha mai valenza determinata: nell'esempio precedente, essa significa che il primo fa, non spostato, si lega di nuovo al contesto che lo precede o che l'accompagna, mentre il secondo prepara per anticipazione il sol che lo segue e l'attira; si crea così una rottura fra i due fa. Succede la stessa cosa nel XVI secolo al di fuori del cromatismo deliberato degli umanisti (cromatismo d'attrazione o attrattivo).

Quanto al resto, le alterazioni sono dovute all'attrazione o alla consonanza: queste ultime non hanno valore di struttura nella scala o nel modo - compreso il Si gregoriano mobile, la cui qualificazione di bemolle o bequadro non tocca certo la struttura del modo. Gli umanisti del XVI secolo hanno voluto imitare l'antico tetracordo cromatico del quale leggevano presso Boezio la descrizione semplificata per razionalizzazione (terza minore + due semitoni): Ne derivavano "un cromatismo" a terza minore:

che a volte diventa per necessità

Costoro lo armonizzano per consonanza, eliminando tutto il valore attrattivo dei suoi gradi:

Effettivamente, i nuovi intervalli zarliniani avevano molto ridimensionato l'attrazione. Nel pitagorico, si intendeva

Con il re bemolle e il do basso. Gli umanisti traducevano do diesis grazie alla traduzione di Boezio (terza minore + due semitoni) e leggevano nella nuova scala

il che restringe [22] il pycnon La stabilizzazione delle strutture tonali si basa esclusivamente sulla scala diatonica senza altro spostamento di grado che i due gradi mobili del tetracordo minore, di cui anche la forma

ha cessato di essere considerata come forma cromatica. Il cromatismo vi interviene tanto con lo spostamento attrattivo dei gradi

tanto come traduzione ornamentale sulla tastiera del glissando delle musiche antiche (le note di passaggio).

Il cromatismo di Wagner non si distingue dai precedenti. Il celebre debutto del Tristano analizzato più avanti non si distingue da un esempio come:

se non per il fatto che presenta due appoggiature al posto di una, che esse si appoggiano più a lungo, rafforzando la tensione attrattiva, e introducono così un intenso clima espressivo e passionale che Mozart non aveva mai cercato.

Il cromatismo non ha dunque nulla a che vedere con la continuazione del circolo delle quinte, quale i fisici lo hanno stabilito in astratto.

 

E' solo per l'aspetto materiale della tastiera e per il compromesso del temperamento che l'ottava si divide in dodici semitoni. Nella realtà musicale, l'ottava si divide in sette gradi diatonici. All'interno dei toni di questi ultimi vengono combinati dei semitoni di sostegno, necessari allo spostamento dei gradi, ai cromatismi del glissando o delle trasposizioni. Tali semitoni, ridotti al temperamento per approssimazione dopo il XVIII secolo, non hanno alcuna realtà strutturale e rimpiazzavano per tolleranza gli intervalli corrispondenti delle scale reali, tutti irrazionali, come il limma delle quinte, (letteralmente "residuo", che significa resto irrazionale tra la terza minore ed il tono) o il suo equivalente zarliniano. Contrariamente al postulato "atonale" e coerentemente al loro nome, essi non giocano alcun ruolo unitario.

§ 19
Riemergere delle strutture arcaiche

Verso la fine del XIX secolo, le strutture determinate dal circolo delle quinte fanno la loro ricomparsa nella melodia, dapprima a titolo d'arcaismo, d'esotismo o di folklorismo. Già in Beethoven, Pastorale

Successivamente, la loro "naturalità" le impone al subcosciente, e si fanno sempre più numerose, senza alcuna intenzione particolare. Esse dominano la tematica di Debussy (pentatonismo), di Ravel (quinta =quarta + tono e tutte le strutture che ne derivano), di Bartok, del primo Strawinskij eccetera. Allo stesso tempo l'armonia di consonanza riprende i suoi diritti:

L'abitudine ramista di ricondurre l'analisi tonale all'esame del basso ha fatto prendere a torto per atonalità quella che è la struttura melodica per consonanza, liberata dal peso delle concatenazioni "razionali" del basso, la cui tirannia durava ormai da duecento anni.

§ 20
Conseguenze melodiche dell'estensione della consonanza

Si è visto come l'estensione della consonanza alle sezioni 1-7, poi 1-9, compatibili con la tonalità classica esclusivamente sul quinto grado, aveva influenzato la struttura melodica senza causare alcun conflitto con la tonalità fintanto che tale estensione si limitava al quinto grado.

Si constata dalla fine del XIX secolo:

1° L'estensione di queste consonanze a dei gradi diversi dal quinto, da cui sorge un conflitto con la struttura tonale. Così la settima naturale (che cessa di meritare il nome di settima di dominante) viene utilizzata già da Chopin sul primo grado (fine del preludio in fa maggiore), le sequenza di accordi di settima naturale da César Franck (notturno), le sequenze di accordi di nona naturale da Debussy.

2° L'estensione di tali consonanze aldilà della sezione 1-9, che introduce dei gradi che sono incompatibili con la gamma diatonica tonale. Dapprima utilizzati nelle note estranee (Debussy, la Balcon), le consonanze di risonanza vengono poi usate come accordi di risonanza nel quadro di una armonia di consonanza, che lasciano unicamente alla melodia conduttrice il compito di mantenere la struttura. Successivamente esse introducono, a loro volta, delle nuove strutture. Una di queste è la scala per toni interi. Diffusa da Debussy dopo numerosi tentativi da parte di precursori, e considerata generalmente come "atonale", essa sembra derivare dall'estensione della consonanza alla sezione 1-13, contemporanea alla sua introduzione

 

essa ha dunque una forma tonale, appoggiata su una quinta giusta:

Il che non impedisce a Debussy di privarla di questa quinta giusta per «sommergere il tono»[23].

 

Questa nuova sezione di consonanza introduce egualmente la politonalità.

Da

appena modificato in

Strawinskij nel 1912 trae il celebre

di Petrouchka, ed allarga in seguito il principio così avviato, tanto che Ravel, lo stesso anno, si basa su di una sonorità d'appoggiatura del Pelleas

per trarne (Valses Nobles)

Pur non avendo qui l'intenzione di studiare l'armonia, segnaliamo questi fatti solo per la loro influenza sulla struttura tonale, che essi hanno contribuito a trasformare, ma non ad indebolire.

La stesso accade per il famoso cromatismo del Tristano, basato sulla massima utilizzazione dell'appoggiatura attrattiva

Vale a dire di un rafforzamento delle attrazioni espressive nel quadro più tonale che ci sia (un semplice accordo di settima). Non siamo ancora riusciti a comprendere come abbia potuto diffondersi l'idea strampalata che questo passaggio fosse all'origine di una atonalità distruttrice di ogni attrazione. Non ritorneremo più sulle nuove strutture modali ugualmente reintrodotte in un quadro armonico: sono già state segnalate sopra.

 

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Note

[21] Per Chailley l'allontanamento dai principi organizzativi della struttura melodica, implica un imbrigliarsi delle possibilità relazionali del linguaggio musicale. La nozione di basso fondamentale, che è alla base della teoria ramista, viene considerata come non fondata sul piano teorico. All'impostazione ramista vengono riferite critiche sul piano fondazionale, mentre vengono sviluppate osservazioni non meno roventi per quello che riguarda l'assunzione acritica del modello ramista per quello che riguarda l'attuale studio dell'armonia. Il discorso di Chailley sembra voler sottolineare che la nozione di armonia va ampliata, a dispetto del concetto di basso fondamentale e di rivolto: sembra cioè che vi sia stata una interpretazione ideologica del concetto d'armonia, che è invece pre-esistente all'impostazione ramista. Questo atteggiamento spinge Chailley a guardare con grande interesse non solo all'ambito della modalità, ma a tutte quelle forme moderne di ripensamento dell'armonia, da Strawinskij a Bartòk, attraverso Chopin, Liszt, Berlioz, Debussy, Ravel, Hindemith, Messiaen, che egli considera un disvelarsi delle latenze spaziali del suono all'interno dello spazio sonoro, attraverso un fluidificarsi delle relazioni intervallari. Al tempo stesso, alcuni. aspetti teorici dell'interpretazione della consonanza del teorico belga De Momigny, sembrano incuriosirlo in modo molto vivo. Per l'aspetto teorico del problema, e per le relazioni della posizione ramista con l'impostazione cartesiana del problema dei suoni gravi che accompagnano quelli acuti, come accade,ad esempio in Expliquer l'harmonie ?, 1967, Ed. Rencontre. Questo aspetto ha delle pesanti ricadute anche sul piano della concezione del dinamismo interno ai sistemi, nel passaggio da modalità a tonalità. In questo senso, l'evoluzionismo di Chailley si rivela una nozione molto tormentata al suo interno da una continua riflessione sulla conflittualità fra struttura melodica ed intelaiatura armonica, tra architettura modale e suddivisione armonica (nota del traduttore).

[22] L'osservazione di Chailley va chiarita: il termine pycnon è connesso alla tematica della definizione dei generi cromatico, diatonico ed enarmonico, generi fondamentali della musica greca. I generi davano il colore espressivo alla struttura melodica, senza modificarne il profilo, ma arricchendone le possibilità espressive attraverso una serie di inflessioni cromatiche. Il genere cromatico era studiato a partire dal tetracordo meson, in cui i due suoni interni (lichanos e parhypate) potevano distare l'uno un tono e l'altro un semitono da quello più grave. Il problema viene variamente interpretato all'interno della discussione dei generi, che Aristosseno elabora nel II libro degli "Elementi di Armonica", che ne propone un'interpretazione all'interno della discussione sulle posizioni delle note interne del tetracordo, offrendone una interpretazione topica, che ha il suo modello nella interpretazione continuista dello spazio sonoro, secondo la nozione di continuità come continuità nel movimento, elaborata nella Fisica aristotelica. In realtà, il genere cromatico presentava numerose varianti, tanto che lo stesso Aristosseno proponeva come criterio di misurazione che all'interno del tetracordo il pycnon venisse definito dalla riunione di due intervalli che, riuniti, potessero abbracciare un intervallo più piccolo dell'intervallo residuale nella quarta: ciò trovava fondamento nel rinserrarsi degli intervalli all'interno del tetracordo, in presenza dei fenomeni cromatici connessi alla attrazione che il suono più grave esercitava su quelli interni. La stessa teoria delle sfumature, ossia il fatto che i tre generi valevano come semplici tipologie all'interno delle possibilità offerte dalla infinità di posizioni possibili della lichanos, indica che il tema del cromatismo veniva pensato nella teoria greca con una grande ampiezza di tipologie possibili. La soluzione proposta da Aristosseno poneva come centrale il riconoscimento sensibile, basato sulla sensazione uditiva, più che sulla misurazione dei rapporti fra intervalli, come aveva proposto il pitagorico Archita, definendo delle tipologie fisse del rapporto fra lichanos e parhypate. La proposta boeziana, chesegue un orientamento pitagorico, viene così definita una razionalizzazione di un problema molto ampio, in quanto propone una interpretazione di una tipologia fra le molte possibili. In questo senso, la esemplificazione offerta da Boezio schematizzava in parte la complessità del fenomeno cromatico, che è un fenomeno che si ripercuote sull'intero tetracordo in forme variabili. Il teorico francese ne conclude che il cromatismo nella musica greca si riferiva al grande intervallo. Dalla schematizzazione di Boezio deriva la particolare interpretazione del cromatismo, che incontriamo oggi su molte storie della musica e che è all'origine della concezione moderna della struttura cromatica. Ma l'osservazione teorica di Chailley si connette anche ad una modificazione nella elaborazione del concetto topico delle relazioni fra le altezze in questa nuova interpretazione del fenomeno cromatico. L'esemplificazione tratta da Boezio intendeva comunque mantenere un criterio di misurabilità che permettesse di definire in modo univoco le dimensioni del fenomeno: in questo senso viene colta univocamente una caratterizzazione direzionale alla attrazione cromatica, che orienta le note essenzialmente verso un estremo discendente, cercando di non soffermarsi sul problema dell'addensamento connesso al pycnon.La rielaborazione proposta dal teorico francese, con la sottolineatura della restrizione del pycnon,sottolinea la presenza di due tendenze possibili nel fenomeno cromatico:una, verso l'estremo più basso, che attrae, l'altra, in direzione opposta, che avvicina i gradi intermedi. Tali direzioni sono una conseguenza della continuità dello spazio musicale: al loro interno, le note possono assumere qualunque posizione. In tale caratterizzazione Chailley coglie bene il senso della nozione di continuità dello spazio sonoro in Aristosseno, una nozione con cui si confronterà spesso e che considera paradigmatica rispetto al tema dell'intendere musicale (nota del traduttore).

[23] Utilizzando il frammento dall'armonico 7 a quello 13, elidendo il Sol*: la scala esatonale risulterebbe costruita sugli armonici 7-13, elidendo il Sol, 12° armonico (nota del traduttore).


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