Augusto Mazzoni

Husserl, il suono e la musica

Come è ben noto, il contributo di Edmund Husserl nel campo dell'estetica, pur non essendo affatto trascurabile, tuttavia non può dirsi propriamente ingente [1]. Gli accenni in proposito, concentrati principalmente in alcuni manoscritti inediti, si limitano a osservazioni ristrette o brevi appunti, da cui peraltro non sempre risulta in primo piano un esplicito riferimento alle tematiche della sfera artistica. Tale scarsezza di elementi di riflessione concerne particolarmente l'ambito musicale, che non pare certo essere privilegiato all'interno del pensiero husserliano, laddove gli accenni specifici in merito sembrano persino più rari ed esigui rispetto a quelli dedicati occasionalmente alla pittura o alla letteratura. Tutto ciò fa pensare che un'indagine sulla presenza della musica nella filosofia di Husserl non prometta risultati particolarmente significativi. E questo, in effetti, ha senz'altro il suo fondamento di verità, considerando soprattutto come qualsiasi speranza di dar luogo all'esposizione di idee organiche sull'argomento sarebbe comunque del tutto illusoria. Ma è altresì vero che non è poi troppo difficile, dando corso a una lettura anche solo un poco attenta della sua opera, riuscire a rintracciare spunti sufficienti per poter sviluppare un discorso su Husserl e la musica.

 

Innanzitutto bisogna tener conto di alcuni aspetti che riguardano l'origine stessa della fenomenologia. È opportuno infatti ricordare come le radici della filosofia husserliana affondino nel medesimo terreno che, alla fine del diciannovesimo secolo, ha visto fiorire in area tedesca le ricerche psicologiche sul suono e sulla musica. Husserl, oltre che di Franz Brentano, fu allievo di Carl Stumpf, figura eminente non solo nel campo filosofico e psicologico, bensì anche nel campo della musicologia sistematica. E parimenti non è da sottovalutare la vicinanza delle prime riflessioni husserliane a quel contesto speculativo che manifestò una notevole sensibilità per le tematiche della psicologia del suono e che comprese, per esempio, autori come Alexius von Meinong e Christian von Ehrenfels.

Certo l'interesse personale di Stumpf o, per altri versi, dello stesso Ehrenfels si rivolse alla musica in modo specifico, spesso costituendo un campo di indagine privilegiato. In Husserl viceversa, oltre a mancare un'apposita tematizzazione dell'arte musicale, sembra secondario addirittura l'interesse per una ricerca sui fenomeni sonori, che invece ha occupato tanti suoi colleghi contemporanei. Questo però vale solo entro certi limiti. Subito infatti si può notare come negli scritti di Husserl esempi tratti dal mondo dei suoni non siano affatto assenti. Le esemplificazioni talora sono puramente occasionali, subordinate a problematiche filosofiche di ben altro rilievo. Eppure in Husserl riecheggiano questioni tipiche della filosofia e della psicologia dell'epoca, nelle quali non è per nulla infrequente trovare il suono al centro dell'attenzione speculativa.

Non è affatto un caso se, affrontando la tematica sull'intero e le parti, il primo Husserl accenna talora alla sfera del suono musicale. Nella terza delle Ricerche logiche una melodia, in quanto successione sonora unitaria, è citata quale esempio di intero, cui i singoli suoni appartengono come sue parti. A sua volta ogni singolo suono possiede parti ulteriori: in particolare il proprio momento della qualità (qui da intendere come la sua altezza) o dell'intensità (sempre che, come sembra suggerire Husserl, quest'ultima non sia da considerare quale parte della qualità stessa). In tal modo un tutto melodico presenta una gerarchia di parti più vicine o più lontane dall'intero: parti immediate (suoni) o mediate in misura diversa (qualità e intensità), ossia parti primarie, secondarie ecc. La partizione vale qui come situazione oggettiva e non dipende affatto da condizioni psicologiche di privilegio soggettivo arbitrario [2].

Tuttavia non è tanto la tematica sull'intero e le parti, quanto piuttosto quella sulla temporalità, l'ambito entro il quale Husserl dedica maggior spazio a esemplificazioni tratte dalla sfera sonora. In generale si può affermare che, se è possibile attribuire ad alcune riflessioni filosofiche husserliane un valore squisitamente musicologico, quantunque solo potenziale, ciò riguarda in modo particolare le ricerche intorno alla coscienza del tempo [3]. Il nesso suono-tempo assume infatti un rilievo notevole nel quadro dell'indagine fenomenologica. Ed è assai significativo che, come esempi consueti per illustrare le caratteristiche essenziali di un oggetto temporale, Husserl scelga prevalentemente proprio una successione melodica di suoni ovvero un singolo suono che dura. Come è ovvio, qui si parla di melodia o talora anche di ritmo non avendo di mira le peculiarità strettamente musicali del fenomeno in esame, ma cercando di sviluppare un'analisi filosofica intorno ad alcuni concetti fondamentali come quelli di successione, durata, mutamento ecc. (su un piano oggettivo) o quelli di percezione, ricordo e fantasia (su un piano soggettivo). Ma è proprio la prospettiva fenomenologica, che sempre riallaccia oggettività e soggettività in una correlazione intenzionale, a porre in evidenza come il suono emerga nel vissuto non quale mero evento fisico-acustico, bensì quale dato di coscienza, pronto in quanto tale a caricarsi di senso e, da ultimo, di significato musicale.

Osservazioni sulla temporalità di un oggetto sonoro si possono rintracciare in Husserl anche prima delle Ricerche logiche: almeno a partire dal 1893, come dimostra uno scritto sulla rappresentazione dell'unità di un processo continuato di mutamento, dove il tema dell'intero incontra quello del tempo proprio intorno all'esempio della rappresentazione intuitiva di una melodia [4]. Il luogo che riserva però un ruolo centrale a questo tipo di considerazioni è rappresentato senz'altro da quanto resta delle lezioni sulla fenomenologia del tempo dell'inverno 1905. Qui Husserl, seguendo proprio l'esempio di una melodia come ricorrente modello illustrativo, conduce una critica alla teoria delle associazioni originarie di Brentano e propone una personale visione teorica. L'argomento della successione melodica o del singolo suono è fondamentale altresì per lo sviluppo di un ulteriore ripensamento dello stesso Husserl in proposito, cosicché compare spesso negli scritti successivi in cui matura la concezione husserliana sulla coscienza interna del tempo. Ciò è ben evidente esaminando l'intarsio testuale che compone quanto nel 1928 fu edito a cura di Martin Heidegger sullo «Jahrbuch für Philosophie und Phänomenologische Forschung» [5].

Il suono, vista l'importanza che riveste nella riflessione husserliana in merito a una problematica fondamentale come quella della temporalità, certo non può dirsi tema secondario neppure per la fenomenologia nel suo complesso. E soprattutto sembra assumere un particolare interesse nel momento in cui si apre e si dispiega l'enorme campo di indagine occupato dalle analisi sulla costituzione. Nel secondo libro delle Idee è ancora un esempio tratto dalla sfera sonora a indicare il percorso a ritroso che si offre all'indagine fenomenologica attraverso i diversi gradi costitutivi. Una progressiva neutralizzazione può condurre dall'apprensione di una nota di violino in quanto evento spaziale-causale alla sua considerazione come puro fantasma sonoro e infine come mero dato della sensazione: portare cioè dalla nota appresa e afferrata come unità oggettuale reale fino al mutevole dato iletico immanente [6].

 

 

Edmund HusserlLa rilevanza degli esempi relativi all'ambito dei suoni si mantiene inalterata anche quando per Husserl, all'interno delle analisi sulla costituzione, si impone sempre più decisamente la problematica genetica. Osservazioni in proposito abbondano in special modo nelle lezioni dedicate al tema delle sintesi passive (1920-26). Il campo sensibile sonoro è luogo idoneo per verificare le leggi fenomenologiche essenziali che regolano, oltre alla sintesi originaria del tempo, le sintesi contenutistiche e le sintesi associative tra i dati [7]. Da notare in queste riflessioni il ricorso al concetto di fusione, che rimanda, almeno dal punto di vista terminologico, a un idea che con Stumpf aveva trovato ampia applicazione anche in sede specificamente musicale (in particolare a proposito delle questioni concernenti la consonanza e la dissonanza). Va detto peraltro che la pertinenza delle esemplificazioni desunte dalla sfera sonora non si limita alle analisi sulla genesi passiva, ma riguarda altresì la genesi attiva. Al di là della costituzione passiva del dato iletico immanente, senza alcuna partecipazione attiva dell'io, viceversa un suono appreso attualmente nella sua oggettualità indica bene il primo livello della spontaneità: quello in cui l'io nella ricettività lo afferra e lo coglie intenzionalmente [8].

Si può affermare, in definitiva, che sparsa in tutto l'arco del pensiero husserliano, nelle opere edite, nelle lezioni o in semplici appunti, sussista una sorta di speculazione intorno al mondo del suono: un nucleo filosofico che trova sviluppo non solo in Husserl, ma anche in autori di ispirazione fenomenologica come Wilhelm Schapp o Hedwig Conrad- Martius [9]. Questo però concerne un ambito relativo piuttosto all'estetica trascendentale che non all'estetica in senso stretto. Il percorso costitutivo entro il quale si soffermano fin qui le indagini fenomenologiche sull'oggetto sonoro è compreso infatti tra lo specifico campo sensibile e la realtà del mondo naturale. È lasciata invece in sospeso ogni problematica intorno a questioni di ordine assiologico o artistico, nel cui quadro principalmente è consentito avviare una riflessione sulla musica.

Spunti che diano accesso al campo dell'estetica, per la verità, possono trovarsi in luoghi alquanto diversi degli scritti husserliani. Un primo ambito in cui emergono osservazioni di Husserl inerenti le tematiche sull'arte non concerne propriamente una ricerca a proposito del valore estetico o artistico, bensì una ricerca sulla coscienza figurativa. Ciò vale, come è ovvio, soprattutto per le discipline pittoriche o per quelle in senso lato rappresentative. Non manca tuttavia un accenno husserliano che riguarda altresì la musica. In un breve scritto del 1905 a proposito della figuratività molteplice Husserl paragona appunto pittura e musica. Di un'incisione raffigurante un quadro si può parlare di immagine in un duplice senso: come immagine del quadro in quanto originale o come immagine del soggetto del quadro. Allo stesso modo l'esecuzione di un'opera musicale può essere considerata in rapporto all'opera stessa o in rapporto a ciò che l'opera esprime. Husserl ipotizza la riproduzione esecutiva di una sonata pianistica di Beethoven. Essa può essere riferita da una parte alla sonata in quanto originale, ossia così come è stata pensata dall'autore o, per meglio dire, così come ciascuno ritiene (appercettivamente) possa averla pensata. Ma d'altro canto il riferimento può andare alla sonata quale espressione di certi sentimenti o atmosfere. Emerge pertanto un'apprensione ideale di Beethoven che ognuno possiede e che tende a confrontare con quanto è proposto dagli altri. Di fronte al proprio Beethoven, il Beethoven altrui può essere giudicato, di conseguenza, come immagine buona o cattiva, come immagine adeguata o inadeguata. E tale ideale è relativo sia alla sonata nei suoi contenuti musicali (al rapporto tra le sue parti, alla sua unitarietà estetica oppure a ciò che intendeva rappresentare o suscitare l'autore) che alle modalità della sua riproduzione (correttezza e fedeltà esecutiva) [10].

Il ricorso a un esempio musicale per sviluppare una riflessione su un argomento come quello della figuratività rivela chiaramente la concezione di Husserl in campo artistico. È evidente come egli, pure nel caso della musica, pensi a una funzione di rappresentazione e di raffigurazione. L'esecuzione è da ritenere non solo come immagine riproduttiva dell'opera, ma anche come tramite per rappresentare, se non proprio per raffigurare, il soggetto dell'opera stessa: i suoi contenuti espressivi nonché i suoi contenuti formali o estetici. L'arte musicale si troverebbe quindi, sotto questo riguardo, esattamente nella medesima situazione delle altre discipline artistiche, ossia in una dimensione in cui prevale l'aspetto figurativo. Ciò, del resto, non dovrebbe affatto stupire, considerata la tipica visione di Husserl in merito, che può ben essere interpretata quale tributo a una metafisica dell'arte come riproduzione, se non addirittura a una «mimetica» [11].

 Edmund Husserl

C'è però, all'interno del pensiero husserliano, un'altra direzione che consente parimenti di trasferire lo sguardo dalla sfera puramente sonora alla sfera in senso stretto musicale. È la prospettiva che porta a volgere l'indagine fenomenologica dal campo del mondo naturale a quello del mondo spirituale. In tale ulteriore ambito di ricerca non si incontrano più soltanto mere cose, bensì anche oggetti culturali, che rimandano sempre a finalità o motivazioni di ordine soggettivo e intersoggettivo: le finalità e le motivazioni delle persone che li hanno creati e delle persone cui sono in qualsiasi modo rivolti. Qui si può constatare che ogni oggetto culturale è costituito da una duplicità di elementi. Oltre alla fisicità della cosa si aggiunge la spiritualità di un senso o di un significato. I due elementi peraltro non sono semplicemente connessi in una pura giustapposizione. Al contrario, tra loro c'è un'intima fusione, laddove il senso spirituale compenetra la cosa fisica, per così dire animandola.

 

Sono oggetti culturali tutti gli oggetti d'uso che riguardano la sfera della vita e in particolare della vita comune. Tra questi rientrano ovviamente tutte le opere d'arte, in quanto opere dello spirito. Esse formano anzi, secondo Husserl, un genere del tutto peculiare di oggetti culturali, giacché il senso, l'elemento per l'appunto spirituale, si unisce a un corpo sensibile che non è propriamente esistente. Se negli oggetti d'uso generalmente c'è come base del senso spirituale una natura fisica che possiede un'esistenza reale, nelle opere d'arte invece come base c'è un qualcosa di fisicamente irreale, privo di autentica esistenza. Sono oggetti spirituali ideali. Per Husserl è facile illustrare questa caratteristica nel caso della musica. Un'opera musicale, per esempio una sonata o una sinfonia di Beethoven, non consta propriamente di suoni fisici, di suoni in quanto cose sensibili che si danno nella realtà. Al contrario, ad essa appartengono suoni, come pure battute o successioni ritmiche, che sono ideali. Pur nelle differenti riproduzioni esecutive, i suoni, le battute e le successioni ritmiche dell'opera sono idealmente identici. E se i fenomeni sonori reali sono diversi per ciascuna riproduzione, viceversa i suoni e le unità musicali all'interno dell'opera sono un unicum che si attualizza riproduttivamente, dandosi all'ascolto innumerevoli volte, moltiplicandosi, per certi versi, ma conservando sempre la propria identità ideale [12].

Bisogna qui considerare un duplice aspetto che riguarda il lato soggettivo dell'ascoltare musica. L'ascolto è senz'altro una realtà psichica, giacché in esso, a meno che non si tratti di un'illusione sonora, si manifesta un suono reale, che gode di un'effettività fisica. Ma insieme al manifestarsi psichico del suono si compie altresì un ascolto specificamente musicale: un ascolto che, in quanto tale, si distingue dall'ascolto abituale rivolto al mero momento fisico. L'ascoltatore, in verità, è atteggiato in modo che, con la coscienza del decorso sonoro, gli è presente altresì un'unità di significato musicale. Ciò si evidenzia in particolare nel caso di una ripetizione, per esempio quando risuona per una seconda volta un determinato ritmo, allorché chi ascolta, pur essendo di fronte a due successivi e distinti eventi sonori, può comunque affermare di aver udito un solo e unico ritmo che si è ripetuto [13].

Anche nel caso di questa seconda prospettiva certo Husserl sembra restare fedele a una concezione teorica che intende l'arte come riproduzione: non più riproduzione figurale, bensì attualizzazione di un senso spirituale, ma pur sempre mediante una riproduzione esecutiva. Eppure si possono notare sfumature che segnano differenze di qualche rilievo. Innanzitutto tende a prevalere un accostamento della musica al linguaggio, anziché alle arti pittoriche. L'esecuzione, riproducendo il senso musicale attraverso suoni reali, può essere paragonata alla realizzazione verbale di un significato linguistico. Molteplici e ripetuti decorsi sonori, distinti dal punto di vista della loro realtà fisico-acustica, possono costituire la riproduzione di una medesima unità musicale ideale, nella stessa maniera in cui molteplici e ripetute espressioni verbali possono riprodurre una medesima unità linguistica ideale. Va sottolineata inoltre, rispetto a prima, una diversa accezione da attribuire all'idealità del contenuto musicale in rapporto alla sua riproduzione. Non si tratta più dell'idealità di un modello originale, cui l'esecuzione, a mo' di copia, deve tendere, per risultare il più possibile corretta e fedele. Si tratta piuttosto dell'idealità del senso, che, in quanto elemento peculiare di ogni oggetto culturale, aggiungendosi alla natura fisica sulla quale si fonda, è in grado di animarla e dotarla di vita spirituale.

Con queste ultime osservazioni le pur brevi notazioni di Husserl sulla musica si inseriscono in un quadro di ricerche ben più ampio: quello che ha preso corpo intorno alle riflessioni di alcuni suoi allievi, esponenti dell'estetica fenomenologica delle origini. La problematica concernente lo statuto dell'opera musicale rispetto a quello delle sue riproduzioni esecutive si iscrive nell'orizzonte di una meditazione filosofica sul dualismo tra idealità e realtà, o, per altri aspetti, tra spirito e natura. Nella prima estetica fenomenologica è proprio lo statuto ideale della musica a essere posto sotto indagine. Già nel 1908 Waldemar Conrad ha parlato dell'oggetto musicale come oggetto ideale [14]. Anche le successive indagini di Roman Ingarden si sono concentrate sul dibattito tra idealismo e realismo, giungendo però a conclusioni in parte differenti. Per il filosofo polacco infatti l'opera musicale, come ogni opera d'arte, è da intendere quale oggetto puramente intenzionale e quindi quale oggetto che ha un modo di esistenza diverso dagli oggetti propriamente ideali. [15]

Note

[1] Sull'estetica husserliana si vedano S. Zecchi, Un manoscritto husserliano sull'estetica, «Aut-aut», CXXXI-II, 1972, pp. 80-94, ora anche in S. Zecchi, La magia dei saggi, Jaca Book, Milano, pp. 111- 127; G. Scaramuzza, Una lettera di Husserl a Hofmannsthal, «Fenomenologia e scienze dell'uomo», I/2, 1985, pp. 203-206 e G. Scaramuzza e K. Schumann, Oggettività estetica: un manoscritto di Husserl, «Rivista di Estetica», II, 1990, pp. 3- 14, entrambi ora anche in G. Scaramuzza (a cura), Estetica monacense, CUEM, Milano, 1996, pp. 11-14 e pp. 15-28.

[2] Cfr. E. Husserl, Logische Untersuchungen, Niemeyer, Halle, 1900-1, tr. it. di G. Piana, Ricerche logiche, Il Saggiatore, Milano, 1968, pp. 61- 62.

[3] Si vedano G. Schuhmacher, Edmund Husserls Problemstellung zur Wahrnehmung musikalischer Sinneinheiten, in Berichte über den Internationalen Musikwissenschaftlichen Kongress Berlin 1974, Bärenreiter, Kassel, 1980, pp. 491-494; F. J. Smith, Musical Sound, a Model for Husserlian Time-Consciousness, in The Experiencing of Musical Sound, Gordon & Breach, New York, 1979, pp. 91-118; F. Orlik, «Inneres Zeitbewußtsein» und «attentionale Modifikation», «Archiv für Musikwissenschaft», LI, 1994, pp. 253-273.

[4] Cfr. E. Husserl, Zur Phänomenologie des Inneren Zeitbewußtseins (1893-1917), «Husserliana» Bd. X, Nijhoff, Den Haag, 1966, tr. it di Alfredo Marini, Per la fenomenologia della coscienza interna del tempo, Angeli, Milano, 1981, pp. 165-176, anche in E. Husserl, Aufsätze und Rezensionen (1890-1910), «Husserliana» Bd. XXII, Nijhoff, Den Haag, 1979, pp. 269- 283.

[5] Cfr. E. Husserl, Per la fenomenologia della coscienza interna del tempo, cit.

[6] Cfr. E. Husserl, Ideen zur einer reinen Phänomenologie und phänomenologischen Philosophie. Phänomenologische Untersuchungen zur Konstitution (Zweites Buch), «Husserliana» Bd. IV, Nijhoff, Den Haag, 1952, tr. it. di E. Filippini, Idee per una fenomenologia pura e per una filosofia fenomenologica. Ricerche fenomenologiche sopra la costituzione (Libro secondo), Einaudi, Torino, 1976, pp. 420-423.

[7] Cfr. E. Husserl, Analysen zur passiven Synthesis, «Husserliana» Bd. XI, Nijhoff, Den Haag, 1966, tr. it. di V. Costa, Lezioni sulla sintesi passiva, Guerini, Milano, 1993.

[8] Cfr. E. Husserl, Erfahrung und Urteil, Claassen & Goverts, Hamburg, 1948, tr. it di F. Costa e L. Samonà, Esperienza e giudizio, Bompiani, Milano, 1995, pp. 96-97.

[9] Si veda R. Casati, Considerazioni critiche sulla filosofia del suono di Husserl, «Rivista di Storia della Filosofia» , 4, 1989, pp. 725- 743.

[10] Cfr. E. Husserl, Phantasie, Bildbewußtsein, Erinnerung (1898- 1925), «Husserliana» Bd. XXIII, Nijhoff, Den Haag, 1980, pp. 158-160. Si può notare come, in occasione di esempi musicali, il riferimento a Beethoven sia piuttosto frequente da parte di Husserl. Si veda, oltre ai luoghi citati successivamente in nota, anche E. Husserl, Vorlesungen über Ethik und Wertlehre (1908- 1914), «Husserliana» Bd. XXVIII, Kluwer, Dordrecht, 1988, p. 27e p. 413. Il nome di Beethoven compare anche nell'epistolario di Husserl.

[11] Si veda J. Derrida, Marges de la philosophie, Éditions du Minuit, Paris, 1972, tr. it. di M. Iofrida, Margini della filosofia, Einaudi, Torino, 1997, p. 218 n.

[12] Cfr. E. Husserl, Formale und traszendentale Logik, Niemeyer, Halle, 1929, tr. it. di G. D. Neri, Logica formale e trascendentale, Laterza, Bari, 1966, p. 26, anche in E. Husserl, Lezioni sulla sintesi passiva, cit., pp. 301-302.

[13] Cfr. E. Husserl, Phänomenologische Psychologie, «Husserliana» Bd. IX, Nijhoff, Den Haag, 1962, pp. 398-399.

[14] Si veda W. Conrad, Der ästhetische Gegenstand, «Zeitschrift für Ästhetik und allgemeine Kunstwissenschaft», III, 1908, pp. 80-118.

[15] Ingarden, Utwór muzyczny i sprawa jego tożsamosci, in Studia z estetyki, II, PWN, Warszawa, 1958, pp. 169-307, tr. it. di A. Fiorenza, L'opera musicale e il problema della sua identità, Flaccovio, Palermo, 1989, versione ted. in R. Ingarden, Untersuchungen zur Ontologie der Kunst, Niemeyer, Tübingen, 1962, pp. 3- 136, tr. it. parziale di M. Garda, Il problema dell'identità dell'opera musicale, in G. Borio e M. Garda (a cura), L'esperienza musicale, EdT, Torino, 1989, pp.

 

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