Dopo aver compiuti
gli studi universitari di Giurisprudenza ed essersi specializzato in Economia
politica, a circa trent’anni Kandinskij decise di dedicarsi esclusivamente alla
pittura; sin dalla giovinezza aveva studiato musica, giungendo a suonare discretamente
il violoncello e il pianoforte, mentre il disegno e la pittura avevano rappresentato
per lui, fino ad allora, nient’altro che un piacevole passatempo; nel 1895 la
sua sensibilità artistica fu sollecitata in modo determinante dalla scoperta
della pittura impressionista, in particolare de La Meule di Claude Monet,
e dalla rivelazione della musica del Lohengrin di Richard Wagner: «Senza
che me ne rendessi ben conto - avrebbe scritto Kandinskij - era screditato ai
miei occhi l’oggetto come elemento indispensabile del quadro. Complessivamente
ebbi l’impressione che una piccola parte della mia Mosca fiabesca esistesse
già sulla tela. Il Lohengrin mi parve invece una perfetta realizzazione
di tale Mosca. I violini, i bassi gravi e particolarmente gli strumenti a fiato
incarnarono allora per me tutta la forza di quell’ora di prima sera. Vidi nella
mente tutti i miei colori, erano davanti ai miei occhi; linee tumultuose quasi
folli si disegnavano davanti a me» [1]. L’origine
moscovita di Kandinskij lo influenzò in modo determinante nel suo atteggiamento
di artista. È importante notare come Mosca rappresentasse per lui la più perfetta
fusione fra suono e colore, secondo un ideale perseguito per tutta la vita.
In Rückbilcke (Sguardo al passato) Kandinskij avrebbe annotato: «Mosca
si fonde in questo sole, in una macchia che mette in vibrazione il nostro intimo,
l’anima intera come una tuba impazzita. No, non è questa uniformità in rosso
l’ora più bella! Essa è soltanto l’accordo finale della sinfonia che avviva
intensamente ogni colore, che fa suonare Mosca come il fortissimo di un’orchestra
gigantesca...» [2]. Lasciata la Russia nel 1896, Kandinskij trovò a Monaco di Baviera
l’ambiente ideale per sviluppare le proprie aspirazioni artistiche; da allora
tutto il suo percorso di artista fu caratterizzato da una costante tensione
volta a trascendere il linguaggio tradizionale della pittura: egli avvertiva
in modo particolare il desiderio di ampliare la propria esperienza di pittore
al di là dei limiti imposti dalla propria arte. La pittura per Kandinskij divenne
sempre più una sorta di composizione musicale, una sinfonia di colori, come
ebbe a definirla in più occasioni: «Già molto presto mi resi conto dell’inaudita
forza d’espressione del colore Invidiavo i musicisti, i quali possono fare arte
senza bisogno di raccontare qualcosa di realistico. Il colore mi pareva però
altrettanto realistico del suono» [3]. La sua prima raccolta di incisioni, pubblicata a Mosca nel
1904, fu intitolata Romanze senza parole, in evidente analogia con il
fatto musicale.
Nel 1908 Kandinskij
stabilì la sua residenza a Murnau a sud di Monaco; assieme alla sua compagna
Gabriele Münter ed ai connazionali Aleksej Javlenskij e Marianne Verefkina,
suoi vecchi compagni di studi, diede vita a un sodalizio straordinariamente
fruttuoso dal punto di vista artistico. Lo studio e l’analisi dei rapporti fra
suono e colore fu uno degli aspetti essenziali della ricerca sviluppata a Murnau,
tanto che, ricordando quegli anni, Javlenskij avrebbe scritto: «Io volevo dipingere
nuovamente i miei quadri incisivi e dai forti colori, ma avvertivo che non era
possibile... dovevo cercare un nuovo linguaggio, un linguaggio più spirituale...
Io sentivo dentro di me, nel mio petto, un organo, e dovevo tradurlo in colori.
Solo la natura che era attorno a me mi ispirava. Questa era la chiave di tutto,
portare quest’organo alla luce e tradurlo in suoni... Dipinsi molti quadri,
che intitolai "Variazioni su un tema paesaggistico". Essi sono "Romanze senza
parole"» [4].
Nel salotto di Javlenskij
e della Verefkina, Kandinskij conobbe due degli artisti che avrebbero più profondamente
inciso sul futuro della sua esperienza artistica, e cioè il compositore Thomas
von Hartmann e il ballerino Aleksandr Sacharov. Hartmann era nato in Ucraina
nel 1885 e aveva studiato al Conservatorio di Mosca con Arenskij e Taneev; con
Kandinskij, Hartmann condivideva l’interesse per la teosofia, spingendosi ad
aderire alla setta Sufi dell’armeno Gurdjev. Sacharov (1886-1963) aveva studiato
pittura a Parigi, ma dopo aver assistito a una rappresentazione teatrale di
Sarah Bernhardt, aveva distrutto tutti i suoi dipinti, decidendo di dedicarsi
allo studio di una nuova arte, che avrebbe dovuto avere il suo fondamento nella
danza; poichè il balletto tradizionale non gli offriva alcuna possibilità in
questa direzione, egli elaborò una vera e propria teoria personale, che la critica
contemporanea definì "danza assoluta": lo scopo della sua arte era «Rendere
visibile l’invisibile» [5].
Kandinskij coinvolse
presto Sacharov, assieme a von Hartmann, in alcuni interessanti esperimenti:
«Il musicista sceglieva da una serie di acquerelli quello che, da un punto di
vista musicale, gli sembrava essere il più chiaro. In assenza del ballerino
suonava questo acquerello. Poi arrivava il ballerino, gli si faceva ascoltare
il brano musicale, ed egli lo trasponeva in danza, indovinando poi l’acquerello
che aveva ballato» [6]. Attorno al 1908 Kandinskij iniziò a comporre piccoli pezzi
teatrali, molto lontani da tutto ciò che fino allora era stato designato con
questo termine. I manoscritti di quel periodo, in russo o in tedesco, contengono
descrizioni riguardanti tre diverse componenti necessarie alla realizzazione
scenica:
- il suono musicale,
emesso dalla voce umana, inarticolata o su testo poetico, oppure da strumenti
musicali.
- il suono corporeo-psichico,
espresso in movimenti talvolta culminanti in danze frenetiche.
- il suono del colore,
espresso da luci, costumi, scene.
I frutti di questa
ricerca condussero Kandinskij alla elaborazione delle sue "composizioni sceniche",
singolari opere che già rivelavano con chiarezza l’intento dell’artista di rinnovare
l’arte, di riunire i vari generi dello spettacolo (opera-dramma-balletto) in
un’opera d’arte totale, liberando ogni forma dal peso della tradizione e cercando
di recuperare la pura voce delle origini. Nelle composizioni sceniche Kandinskij
tentò la realizzazione di un progetto nel quale le molteplici forme artistiche
si facessero portatrici di un valore interiore unico: in questa prospettiva
movimento sonoro (musica, voce umana allo stato puro), movimento plastico (danza,
scultura in movimento) e movimento cromatico (luce, colore), dovevano essere
trattati secondo un progetto unico, interagendo fra loro, subordinati ad un
fine interiore, attraverso la fusione di forme, colori, luce, suoni, movimento.
Kandinskij lavorò a questi progetti dal 1908 al 1914 circa, raggiungendo il
suo esito più compiuto in Der gelbe Klang (Il suono giallo, originariamente
Riesen, Giganti) un lavoro che, pur senza essere rappresentato sulla
scena, seppe suscitare un ampio dibattito artistico, inaugurando un nuovo genere
teatrale. In Der gelbe Klang gli avvenimenti si succedevano apparentemente
senza scopo; le voci umane non avevano messaggi concettuali da trasmettere,
non avevano un’azione da sviluppare, come i messaggeri della tragedia antica.
I suoni prodotti restavano inarticolati o, al più, si compenetravano come incantazioni
poetiche brevi, ripetute da un quadro all’altro. Se vi erano delle parole, erano
utilizzate per creare un’atmosfera, per «rendere l’anima ricettiva». Nelle didascalie
poste da Kandinskij all’interno di Der gelbe Klang si legge ad esempio:
«Le persone parlano dapprime tutte insieme come in estasi; poi ripetono, ognuna
per proprio conto, le stesse parole... A tratti le voci si fanno roche. A tratti
qualcuno grida come un ossesso. A tratti le voci si fanno nasali, ora lente,
ora furiosamente rapide (...) Si sviluppa una danza generale che inizia in punti
diversi e dilaga via via trascinando tutti con sè... A volte si tratta di movimenti
collettivi. Interi gruppi ripetono a volte un unico movimento, sempre uguale» [7].
Der gelbe Klang
dovette attendere circa sessant’anni per essere rappresentato la prima volta.
In una lettera del 1937 allo storico dell’arte Hans Hildebrand, Kandinskij ricorda:
«Dunque già nel 1917 Lei ha scritto sul Suono giallo? Sa che per due
volte mi fu offerto di rappresentarlo? La prima volta appena prima della guerra:
la rappresentazione doveva avere luogo a Monaco alla fine dell’autunno 1914.
La seconda volta a Berlino (alla Volksbühne) nel 1922. E questa seconda volta
a intralciarmi non fu la guerra, ma il mio compositore Thomas von Hartmann,
allora irraggiungibile. Così dovetti rifiutare. Mi ricordo all’improvviso che
c’è stata anche una terza volta: Schlemmer voleva presentare il pezzo. Ma ancora
una volta il progetto andò a monte...» [8]. Riguardo il progetto di Monaco del 1914,
esso fu portato avanti da Hugo Ball, drammaturgo alla Münchner Kammerspiele,
che aveva conosciuto Kandinskij in occasione della pubblicazione di Der blaue
Reiter e di Dello Spirituale nell’arte, «due libri programmatici
con i quali Kandinskij aveva fondato l’espressionismo, poi così degenerato» [9]. Nel maggio 1914 Ball aveva proposto al
Kunstlertheater di Monaco la rappresentazione di Der gelbe Klang, uno
dei pezzi che, a suo dire «costituivano il fondo originale di tutta la vita
drammatica dispiegandosi simultaneamente in danza, colore, mimo, musica e parola [10]. Successivamente la rappresentazione di Der gelbe Klang
fu inserita in un progetto molto ambizioso, così presentato da Ball: «Ecco
la nuova idea: progettiamo per il 1° ottobre assieme a Kandinskij, Marc, Thomas
von Hartmann, Fokin e von Bechtejeff, un libro, Das neue Theater, nel
quale sviluppiamo assieme le idee che vogliamo introdurre nel Kunstlertheater,
con nuove scene, esempi musicali, figurine ecc.... Bisogna decidere nuovi progetti
architettonici. Un teatro completamente nuovo. Un nuovo Festspielhaus» [11]. Un’altra iniziativa per realizzare Der gelbe Klang
si deve a von Hartmann, che la propose senza successo a Kostantin Stanislavskij,
regista del Teatro degli Artisti di Mosca.
Se i tentativi di
realizzare Der gelbe Klang sulla scena furono numerosi, la prima rappresentazione
pubblica ebbe luogo solamente nel 1975, nell’allestimento di Jacques Polieri
all’Abbazia di Saint Baume in Provenza, con musica di Alfred Schnittke. Questo
allestimento fu riproposto l’anno successivo a Parigi, al Théâtre des Champs-Elysées.
Jacques Polieri aveva progettato una versione cinematografica di Der gelbe
Klang già nel 1957, e per quella occasione il pittore Mortensen aveva eseguito
ben 112 tempere. Una nuova messa in scena si ebbe nel 1982, a cura di Ian Strasfogel,
al teatro Marymount di Manhattan, in occasione di una esposizione di Kandinskij
al Salomon Guggenheim Museum. La musica era stata elaborata da Günther Schuller
su dei frammenti originali di Thomas von Hartmann, depositati presso lo Hartmann
Archive della Yale University. Il critico John Rockwell definì lo spettacolo
una «pioneering multimedia synthetic extravaganza» [12]. Riguardo questo allestimento, Günther Schuller ebbe a dichiarare
che, confrontando i frammenti musicali di Der gelbe Klang e le altre
composizioni di Hartmann, si è indotti credere che la musica della composizione
scenica possa essere stata elaborata dallo stesso Kandinskij, sotto dettatura [13].
Kandinskij ha lasciato
alcuni appunti per altre composizioni sceniche, e precisamente per Der grüner
Klang, (Il suono verde, originariamente Stimmen, Voci), Schwarz
un weiss (Nero e bianco, originariamente Nero-bianco-colori) e Violhetter
Vorhang (Il sipario viola, originariamente Violett, Viola). Il testo
di queste composizioni sceniche è stato pubblicato la prima volta nell’edizione
francese del III Volume degli Écrits complets a cura di Philippe Sers,
intitolato La synthèse des arts. Gli originali in russo si trovano nel
lascito Kandinskij, presso il Musée National d’Art Moderne di Parigi. I testi
sono costituiti prevalentemente da indicazioni sceniche sull’azione e hanno
un valore puramente informativo in rapporto alla prevista rappresentazione [14]. Alcune parti dei manoscritti sono accompagnate
da schemi in forma di partitura multimediale, che descrivono lo svolgimento
dell’opera come un coro a quattro voci: colore, movimento, musica e voce. Violett
doveva essere la più realistica delle composizioni sceniche; essa doveva svolgersi
davanti a una scenografia fantastica, i cui colori erano in costante metamorfosi
grazie a un sottile gioco di luci, «si doveva comporre di movimenti di folla
sapientemente orchestrati, di vari suoni prodotti da battimenti di zoccoli,
sonagli, campanelli, di strumenti tradizionali come violino e chalumeau, così
come di parole strane, incoerenti, a volte incomprensibili» [15].
Violett è stato realizzato
sulla scena solamente in tempi recentissimi, grazie a una produzione dell’associazione
Verein Kunst und Bühne di Hannover in collaborazione con il Museo Sprengel di
Hannover; lo spettacolo è stato rappresentato anche a Milano nell’ottobre 1996.
La parte musicale messa a punto per questa rappresentazione, realizzata in base
agli appunti di Kandinskij, prevedeva alcuni strumenti a percussione affidati
ad un esecutore a alcuni effetti elettronici; si trattava evidentemente di una
realizzazione arbitraria, ma sicuramente molto vicina a quello che poteva essere
l’effetto sonoro immaginato da Kandinskij.
Vasilij Kandinskij
Pagina con annotazioni rigardanti
la parte musicale di Violett (1914).
Mina a piombo 17,8 x 18 cm
Tra il 1908 e il 1912,
Kandinskij lavorò ad alcuni poemi in prosa, sorta di disegni parlati, accompagnati
da altrettante incisioni, alcune delle quali a colori. A questa singolare opera
Kandinskij diede il titolo tedesco di Klänge (Sonorità), in evidente
analogia con il fatto musicale. La pubblicazione avvenne a Monaco nel 1912,
dopo un lungo lavoro di preparazione. Il principio generale di Klänge
era la liberazione del suono interiore. Secondo Hugo Ball, Kandinskij fu il
primo a scoprire e ad impiegare l’espressione più astratta del suono nel linguaggio
delle vocali e delle consonanti armonizzate: «Anche in poesia - scrisse Ball-
egli è il primo a presentare dei processi esclusivamente spirituali. Con i mezzi
più semplici, egli crea davanti a noi, in suoni il movimento, la crescita, il
colore, e la tonalità, come ad esempio nel poema Basson. Da nessun’altra
parte, persino fra i futuristi, si è tentata una purificazione così ardita del
linguaggio» [16].
Verso la fine degli anni ’10, Kandinskij
iniziò la stesura di quella che sarebbe divenuta la sua opera teorica più significativa,
Dello spirituale nell’arte, (Über das Geistige in der Kunst - O duchovnom
v iskusstve), opera nella quale avrebbe dato forma compiuta e sistematica
alla propria concezione artistica: fu nello stesso periodo che egli dipinse
il suo primo acquerello astratto iniziando da allora ad intitolare le sue tele
«composizione» o «improvvisazione», utilizzando termini presi in prestito dal
linguaggio musicale. Numerosi passaggi degli scritti di Kandinskij di quel periodo
sembrano rimandare ad un primato della musica sulle altre arti; in Dello
Spirituale nell’arte si legge ad esempio: «Risulta che la migliore insegnante
sia la musica, l’arte che non si è dedicata alla riproduzione dei fenomeni naturali,
ma alla espressione dell’animo dell’artista e alla creazione di una vita autonoma
attraverso i suoni musicali» [17]. Nel descrivere il carattere della propria pittura di quegli
anni, Kandinskij sembra descrivere piuttosto il procedere di un brano musicale,
come in questo caso: «Lotte di toni, l’equilibrio perduto, principi che decadono,inattesi
colpi di tamburo, grandi domande, aspirazioni apparentemente insensate, impulso
e nostalgia e desiderio in apparenza lacerato, catene e vincoli distrutti che
uniscono, opposti e contraddizioni: questa è la nostra armonia»
[18].
Una delle preoccupazioni
maggiori di Kandinskij in quegli anni è quella di riassumere in quadro in un
fatto dinamico, di dare espressione al concetto astratto di movimento. Le «composizioni»,
le «improvvisazioni», le «impressioni» sono la prima tappa verso l’evoluzione
della forma libera; secondo Kandinskij le «improvvisazioni» erano dipinti scaturiti
da un «evento di carattere interiore», mentre le «impressioni» erano più legate
a una esperienza diretta della «natura esteriore», che perveniva all’espressione
in forma grafico-pittorica. Le «composizioni» erano invece il frutto di una
ricerca ed una riflessione che richiedeva un lavoro lento, basato su studi preliminari
e abbozzi.
In quello stesso periodo
Kandinskij subì l’influenza della teosofia e delle dottrine esoteriche, partecipando
in pieno al clima artistico e culturale che da queste tendenze era determinato.
L’influenza delle dottrine teosofiche è evidente in numerosi riferimenti che
percorrono gli scritti di Kandinskij di quegli anni: «La teosofia rappresenta
un agente vigoroso nell’atmosfera spirituale, e in questa forma può raggiungere,
come un suono di liberazione, molti cuori disperati avvolti dalle tenebre e
dalla notte: esso rappresenta pertanto una mano che addita una direzione e porge
un aiuto» [19]. Kandinskij si interessava attivamente di
occultismo e di problemi religiosi, che considerava, in quel periodo di ricerca,
elementi fondamentali nella elaborazione di una propria teoria. Nei suoi quadri
precedenti la prima guerra mondiale, vi sono alcuni indizi che suggeriscono
una influenza diretta di tali idee. Le concezioni mistico-teosofiche delle ’oscillazioni’
e delle ’vibrazioni’ dell’anima, dovevano essere state per lui non tanto audaci
costruzioni del pensiero, quanto prove attendibili dell’origine mistica dell’opera
d’arte. Nel suo saggio Sulla comprensione dell’arte del 1912, Kandinskij
scriveva: «Nei grandi periodi l’atmosfera spirituale è tanto pregna di un desiderio
preciso, di una necessità ben definita, che si può diventare facilmente profeti.
Ciò vale in particolare per i periodi in cui si verificano svolte importanti,
nei quali la maturità interiore, celata all’occhio superficiale, dà un impulso
irresistibile al pendolo della vita spirituale» [20]. E nel 1913 Kandinskij così si esprime nel suo celebre scritto
Sguardo al passato: «Oggi è il giorno di una delle rivelazioni di questo
mondo. Il legame tra i singoli mondi s’è illuminato come per una saetta. Terrificanti
e confortevoli, questi mondi sono improvvisamente usciti dalle tenebre. Quella
saetta è scoccata in un cielo spirituale oscurato, che incombeva nero su di
noi, soffocante e morto. Di qui il principio della grande epoca spirituale» [21]. In Sguardo al passato Kandinskij tende ad identificare
il manifestarsi dell’esperienza artistica con la «creazione del mondo»: «Il
dipingere è uno scontro tempestoso di mondi diversi, che in questa battaglia
si definiscono reciprocamente per creare un mondo nuovo, che è l’opera. Ogni
opera nasce così, come nasce il Cosmo, attraverso le catastrofi che dal caotico
frastuono degli strumenti vanno a formare una Sinfonia, la Musica delle sfere.
La creazione di un’opera è la creazione del mondo» [22].
Un avvenimento centrale
per quanto riguarda l’attenzione di Kandinskij verso il fatto musicale è rappresentato
dalla pubblicazione del famoso almanacco Der blaue Reiter (Il Cavaliere azzurro),
che egli compilò nel 1912 assieme al pittore Franz Marc, che aveva conosciuto
nel gennaio 1911. Scrisse Kandinskij: «Marc e io ci eravamo battuti nella pittura,
ma la pittura sola non bastava. Ebbi allora l’idea di un libro sintetico che
togliesse di mezzo le vecchie, anguste, concezioni, facesse crollare i muri
divisori fra le arti (...) e dimostrasse infine che il problema dell’arte non
è un problema delle forme ma un problema del contenuto spirituale» [23]. In Der blaue Reiter, pur confluendo tendenze diverse,
veniva a delinearsi un quadro straordinariamente unitario; gli articoli a carattere
specificamente musicale che Kandinskij volle inserire nell’antologia furono
quattro: Das Verhältinis zum Text (Il rapporto con il testo) di Arnold
Schönberg, Über die Anarchie in der Musik (L’anarchia della musica)
di Thomas von Hartmann, «Prometheus» von Skrjabin (Il «Prometeo» di Skrjabin)
di Lev Sabaneev e Die freie Musik (La Musica libera) di Nikolaj Kul’bin;
un altro articolo della musicologa russa Nadezda Brjusova, dal titolo Musikwissenschaft,
ihr historischer Weg und gegenwärtiger Zustand (Musicologia, il suo cammino
storico e il suo stato attuale), non fu incluso all’ultimo momento; in Der
blaue Reiter furono inoltre riprodotti i brani musicali Herzgewächse,
per soprano, celesta, harmonium e arpa di Arnold Schönberg, e i due brani per
soprano e pianoforte Aus dem «glühenden» von Alfred Mombert, op.2 n.4
di Alban Berg e Ihr tratet zu dem herde, tratto da Jahr der Seele
di Stepan George di Anton Webern.
Dopo aver assististo
a un concerto che Schönberg aveva dato a Monaco il 1° gennaio 1911, (erano stati
eseguiti il Quartetto per archi op.10 e i Klavierstücke op.11)
Kandinskij scrisse al compositore, pur non conoscendolo, per renderlo partecipe
del proprio entusiasmo e per parlargli delle affinità che notava fra la sua
musica e i propri dipinti. A breve distanza da quel concerto, Kandinskij dipinse
Impressione 3 (Konzert), probabilmente una elaborazione pittorica della
forte emozione suscitatagli dal concerto di Schönberg: sulla tela si nota una
grande macchia nera che ricorda un pianoforte e un’ampia zona in giallo, che
per Kandinskij era il colore del calore spirituale, mentre alcune sagome sulla
sinistra suggeriscono la presenza del pubblico
Vasilij
Kandinskij
Impressione 3
(Concerto) (1911).
Olio su tela, 77,5
x100 cm
Ricordando quel concerto,
Franz Marc paragonò la musica dei Klavierstücke op.11 al quadro springende
Flecken (Macchie che saltano) di Kandinskij: «Sono stato costretto a pensare
alle springende Flecken di Kandinskij nel momento in cui ho ascoltato
questa musica, dove ogni singolo suono ha una propria autonomia (una specie
di telo bianco tra macchie di colore!). Schönberg parte dal presupposto che
i concetti di dissonanza e consonanza non esistano affatto. La cosiddetta dissonanza
è soltanto una consonanza di note non collegate fra loro. Un’idea, questa, sempre
presente nella mia mente mentre dipingo (...)» [24].
Schönberg aveva pubblicato
nella rivista «Musik» dell’ottobre 1910 un estratto del capitolo Quinte e
ottave per moto retto, tratto dal suo Harmonielehre (Manuale di armonia),
ancora inedito. Tale fu l’interesse di Kandinskij per questo scritto,
che lo tradusse in russo (Paralleli v oktavach i kvintach) per il catalogo
della mostra del Salone della seconda esposizione internazionale d’arte di Odessa,
accompagnandolo da un proprio commento. Kandinskij mostrò un certo interesse
anche per l’attività di Schönberg come pittore, pur non condividendone lo spirito,
inserendo due dipinti del musicista, Vision (Visione) e Selbstportrait
(Autoritratto) nell’almanacco Der blaue Reiter. Attraverso Schönberg,
Kandinskij conobbe anche Berg e Webern: fu proprio Berg a proporre a Kandinskij
di scrivere un saggio sulla pittura di Schönberg, poi pubblicato con il titolo
definitivo di Die Bilder (I quadri) a Monaco nel 1912, in una miscellanea
dedicata al compositore [25]. Il libro fu offerto al compositore nel febbraio 1912, in
occasione di un concerto a Praga. In vista di questa avvenimento Webern scrisse
a Kandinskij: «Caro Signore, Alban Berg mi ha appena reso noto che gli avete
già inviato il vostro saggio intitolato "La pittura di Schönberg". Noi ve ne
siamo molto riconoscenti e apprezziamo particolarmente che abbiate voluto giudicare
la nostra opera degna del vostro contributo. Schönberg ne sarà soddisfatto...
Vi sarà possibile assistere al concerto di Schönberg a Praga? Avrà luogo il
29 febbraio. Quel giorno vorremmo offrire il nostro libro a Schönberg... Sarà
magnifico se voi potrete assistervi. Praga non è troppo lontana. Immaginate
solamente la gioia di Schönberg!» [26]. Kandinskij comunque non poté recarsi al
concerto.
La fitta corrispondenza
fra Kandinskij e Schönberg si protrasse fino al 1914; interrotta durante la
guerra, riprese solamente al rientro di Kandinskij in Germania, nel 1922, ma
solo per un breve periodo. Alcuni equivoci circa la presunta ostilità del pittore
al giudaismo, furono la causa che determinò la fine del rapporto di amicizia
fra i due artisti. L’interesse di Kandinskij per l’arte di Schönberg fu grande
ma, nonostante la fitta corrispondenza epistolare tra i due e nonostante le
molteplici occasioni di collaborazione, «non è difficile cogliere, pur nell’euforia
dello slancio comune, differenze, a volte semplici varietà di inflessione, sufficienti
però per lasciar delineare dietro la pur sempre sorprendente unità di intenti,
consapevolezze diverse. Il loro incontro è intessuto di fibre contradditorie
che il tempo ha teso a riassorbire, ma che emergono costantemente ad una analisi
più approfondita» [27]. Da una attenta lettura dei rapporti fra Schönberg e Kandinskij,
già oggetto di numerosi studi, non emergono in realtà, al di là della reciproca
stima e ammirazione, convergenze artistiche particolarmente significative, se
non una comune aspirazione verso il rinnovamento profondo dell’arte, attraverso
l’assoluta fedeltà alle proprie istanze interiori. Hanno un ruolo marginale,
in Schönberg, le due componenti fondamentali della concezione estetica di Kandinskij:
il rapporto sinestesico suono-colore e, soprattutto, l’idea di una arte totale
coinvolgente, allo stesso livello, tutte le forme di ogni singola arte. La sinestesia
è del tutto episodica nell’opera di Schönberg e l’associazione suono-colore,
affrontata nel suo atto unico Die gluckliche Hand, non sembra assumere,
nell’insieme della sua esperienza artistica, un ruolo determinante. Se la dissoluzione
degli oggetti e l’emancipazione delle forme e dei colori nella pittura corrisponde
in un certo senso alla dissoluzione delle tonalità tradizionali e all’emancipazione
della dissonanza nella musica, tuttavia molti erano gli artisti che in quegli
anni si rendevano protagonisti del rinnovamento dell’arte nella stessa direzione
indicata da Kandinskij e da Schönberg, tanto da non giustificare l’individuazione
di un asse privilegiato Kandinskij-Schönberg rispetto ad altre esperienze artistiche
contemporanee.
Se il rapporto di
Kandinskij con Schönberg e i suoi allievi è stato oggetto di numerosi studi,
meno conosciuto è il rapporto con Skrjabin e i contemporanei russi Sabaneev
e Kul’bin. Leonid Sabaneev, nato a Mosca nel 1881, fu autore di numerosi testi
dedicati alla vita e all’opera di Aleksandr Skrjabin; trascrisse per due pianoforti
la partitura del Prometeo di Skrjabin e, ancor prima che l’opera fosse
eseguita in pubblico, pubblicò sulla rivista «Muzyka» del gennaio 1911 la tabella
delle corrispondenze tra suoni e colori elaborata da Skrjabin. Nikolaj Kul’bin
(1868-1941), teorico dell’arte e della musica, si occupò di sintesi delle arti
e teorizzò l’uso di intervalli inferiori al semitono in musica. Nel suo Studio
impressionistov trattò dell’audizione colorata e delle relazioni fra i colori
dello spettro e le note musicali. Nel 1911 fu pregato da Kandinskij di presentare
il suo discorso su Dello spirituale nell’arte al Congresso degli Artisti
di Pietroburgo. La relazione letta da. Kul’bin suscitò un grande entusiasmo
nell’uditorio. «Dopo la sessione - scrive Kandinskij a Marc il 17 gennaio 1912,
- una folla enorme di persone è venuta in segreteria, di volere cortesemente
rileggere il testo... Kul’bin mi ha scritto subito dopo, e la sua scrittura
rivelava ancora tutta la sua eccitazione» [28].
All’ epoca in cui
redasse Dello spirituale nell’arte, Kandinskij era affascinato degli
esperimenti di Skrjabin con la luce, anche se notava una maggiore affinità delle
proprie idee con quelle di Schönberg. Scriveva Kandinskij: «Ogni nuova bellezza
appare informe, perchè in essa non c’è immagine del passato: è deforme. E per
questo vengono sempre malvisti coloro che devono cercare e trovare la nuova
bellezza... Il compositore viennese professor Schönberg è forse il più libero
nella forma generale della nuova musica, essendo più costante di Debussy (Francia),
R.Strauss (Germania), Skrjabin (Russia) e di altri ancora» [29]. Nonostante l’interesse per l’opera di Schönberg, l’attenzione
di Kandinskij si concentrò sempre più su Skrjabin e il suo Prometeo,
come è confermato dai numerosi riferimenti che compaiono sempre più frequenti
negli scritti del pittore; nella formulazione della propria idea di arte sintetica,
nata da una armonica fusione di tutte le forme delle singole arti, l’esperienza
del Prometeo di Skrjabin, primo tentativo di fusione fra suono e colore,
appariva a Kandinskij come fondamentale.
Da quando era venuto
a conoscenza degli esperimenti di Skrjabin con suoni e colori, Kandinskij aveva
avuto conferma della giustezza delle proprie intuizioni, così come le andava
esponendo in Dello spirituale nell’arte.. Kandinskij e i suoi amici discutevano
spesso della musica di Skrjabin. In una lettera del 1910 a Gabriele Münter,
Kandinskij scrive: «Hartmann e io abbiamo sentito da poco la musica di Skrjabin.
Se già la trovavo interessante, ora mi è sembrata ancora più bella. Skrjabin
riflette molto sulle corrispondenze del tono musicale e di quello cromatico,
ma ne so ancora troppo poco. Forse andrò da lui, perchè adesso è qui» [30]. Nell’articolo Il Prometeo di Skrjabin di Sabaneev
inserito da Kandinskij ne Il cavaliere azzurro si trovano numerosi spunti
interessanti riguardanti il rapporto fra Skrjabin e Kandinskij. In una lettera
del 31 dicembre 1911 a Franz Marc, Kandinskij scrive: «L’articolo di Sabaneev
su Skrjabin è interessantissimo e farà certamente una grossa impressione. Ieri
con Hartmann abbiamo coscienziosamente lavorato tutta la sera alla traduzione.
Spero di finirla per oggi» [31]. Pochi giorni dopo, in una lettera del 16 gennaio 1912, Kandinskij
scrive a Schönberg, chiedendo la sua disponibilità a correggere le bozze dell’articolo
tradotto: «È per Il cavaliere azzurro, che dovrebbe essere definitivamente
pronto fra cinque o sei settimane. Se solo Lei sapesse che razza di lavoro è
questo. Posso mandarGliene un giro di bozze? Si tratta di un articolo su Skrjabin,
che ho dovuto tradurre io stesso e ho una paura nera di aver fatto un uso indebito
di termini tecnici! Mi aiuti per favore! L’articolo è brevissimo. Vuole?» [32]. In una lettera a Schönberg di pochi giorni
posteriore, Kandinskij torna di nuovo sull’articolo di Skrjabin. È chiaro che
dietro il pretesto della propria incompetenza nel far uso di termini musicali
tecnici, Kandinskij vuole chiedere a Schönberg una opinione sulla musica di
Skrjabin: «Spero di non sorprenderLa troppo con le bozze di Skrjabin. È stato
veramente gentile a occuparsene dopo il concerto. Temo che abbiamo inserito
nella nostra traduzione ogni sorta di assurdità musicali. Le sarò molto riconoscente» [33].
Sebbene Skrjabin non
avesse fornito nella partitura del Prometeo alcuna spiegazione circa
il modo di realizzare i colori durante l’esecuzione, tuttavia le importanti
novità ivi contenute fecero subito notizia nell’ambiente culturale europeo,
alimentando un dibattito che si protrasse per alcuni anni, e al quale Kandinskij
partecipò attivamente. L’articolo di Sabaneev sul Prometeo di Skrjabin,
contenuto in Der blaue Reiter, trattava soprattutto del rapporto-suono
colore così come si presentava all’interno della partitura. Scrive Sabaneev:
«Le sensazioni coloristiche musicali di Skrjabin possono, in un certo senso,
rappresentare un canone teorico di cui lo stesso compositore si è reso conto
solo attraverso tappe successive. Il canone risulta evidente dalla distribuzione
dei suoni ad intervalli di quinta. I colori si distribuiscono in modo quasi
esattamente corrispondente alla sequenza dello spettro... Chi ha ascoltato il
Prometeo con i relativi effetti di luce deve effettivamente riconoscere
che l’impressione musicale corrisponde in modo perfetto agli effetti luminosi
e che questa combinazione raddoppia e intensifica al massimo la forza espressiva
dell’opera» [34]. Sabaneev include nel suo articolo la tabella delle corrispondenze
fra suoni e colori, così formulata da Skrjabin: «do-rosso / sol-arancio / re-giallo
/ la-verde / mi-blu biancastro / si-blu biancastro / fa#-blu intenso / re bemolle-violetto
/ la bemolle-porpora violetto / mi bemolle-riflessi metallici / si bemolle-colore
acciaio / fa-rosso scuro» [35].
I problemi connessi
al rapporto suono-colore erano comuni a molti artisti dell’epoca, ma fu Skrjabin
per primo a metterne in atto alcune delle possibilità più inesplorate. La tabella
di corrispondenze suono-colore utilizzata nel Prometeo incuriosì molto
Kandinskij, che da tempo si interessava a quel problema, associando i colori
a determinati timbri strumentali, piuttosto che a determinate armonie. Ne
Il linguaggio dei colori incluso in Dello Spirituale nell’arte, Kandinskij
aveva associato il verde al timbro del violino nel registro grave, l’azzurro
al flauto nel registro acuto e all’organo o al contrabasso nel grave, il giallo
alla tromba, il rosso agli ottoni e in particolare alla tuba (in alcune sue
sfumature al violoncello), l’arancione alla viola o alla voce di contralto,
il violetto al corno inglese o al fagotto. In un passo di Dello spirituale
nell’arte si legge: «Sulla base di molteplici analogie, si troverà anche
per la pittura una possibilità di costruire un proprio contrappunto; d’altra
parte è stato compiuto con successo il tentativo di far apprendere una melodia
a bambini musicalmente poco dotati con l’aiuto di colori, ad esempio mediante
i fiori. In questo settore la signora Sacharjn-Unkovskaja ha lavorato per anni,
costruendo uno speciale metodo esatto per vedere i suoni cromaticamente e ascoltare
musicalmente i colori. Anche Skrjabin ha redatto in modo empirico una tabella
parallela dei toni musicali e cromatici, la quale è molto simile alla tabella,
più fisica, della signora Unkovskaja. Skrjabin ha applicato in modo molto persuasivo
il suo principio nel Prometeo» [36].
Al di là delle corrispondenze
fra suoni e colori, fissate sia nel Prometeo che ne Il linguaggio
dei colori, numerose testimonianze documentano che Skrjabin e Kandinskij
possedevano sicuramente determinate capacità sinestesiche. Sergej Rachmaninov
racconta di un incontro fra Rimskij Korsakov e Skrjabin, risalente al periodo
durante il quale fu composto il Prometeo. Rimskij Korsakov era sostanzialmente
d’accordo con Skrjabin circa le impressioni colorate che egli provava in rapporto
a certe note, benchè non tutte le corrispondenze indicate da lui coincidessero
con quelle di Skrjabin. Ad esempio il suo mi bemolle era blu, mentre Skrjabin
sosteneva che il mi bemolle era rosso (nel Prometeo il mi bemolle è però
colore acciaio). Entrambi concordavano invece sul re-giallo
[37]:
|
Skrjabin (accordo di Prometeo) |
Rimskij Korsakov (tonalità) |
Do |
rosso |
bianco |
Sol |
rosa-arancione |
cannella dorato |
Re |
giallo |
oro brillante |
La |
verde |
verde dorato |
Mi |
bianco azzurro (blu luna) |
blu zaffiro |
Si |
bianco azzurro (blu luna) |
blu piombo |
Fa# |
blu vivo |
verde grigio |
Do# |
viola |
violetto |
La b |
viola porpora |
grigio violetto |
Mi b |
grigio acciaio (colore metallico) |
blu grigiastro |
Si b |
grigio acciaio (colore metallico) |
colore scuro imprecisato |
Fa |
rosso-bruno |
verde |
La parte «Luce» notata
nella partitura del Prometeo di Skrjabin svolge anche una funzione indipendente
dall’andamento armonico della composizione, investita piuttosto di un significato
esoterico e programmatico. Il reciproco gioco di forze centrifughe e centripete,
così come appare evidente nell’uso della Luce nel Prometeo di Skrjabin,
trova conferma nelle trattazioni di Kandinskij, il quale illustra chiaramente
l’azione centrifuga del blu e quella centripeta del giallo: «Il movimento del
giallo e dell’azzurro, che contribuisce al loro grande contrasto, è il loro
moto centrifugo o centripeto. Se si descrivono due circoli di uguale grandezza,
e se ne riempie uno di colore giallo, e l’altro di azzurro, si nota, dopo essersi
concentrati brevemente su entrambi, che il giallo s’irradia verso l’esterno,
riceve l’impulso motorio dal centro e quasi si avvicina a chi guarda. L’azzurro
invece sviluppa un movimento centripeto (come una chiocciola, che si rintani
nella sua casetta) e si allontana da noi; dal primo circolo l’occhio è colpito
mentre affonda nel secondo» [38]. Per Kandinskij: «Il rosso esercita interiormente l’azione
di un colore molto vivo, vivace e irrequieto... nonostante tutta la sua energia
e intensità ha una robusta nota di immensa forza quasi consapevole del proprio
scopo. In questo fremere e ardere precipuamente in sè, e pochissimo verso l’esterno,
v’è, per così dire, della maturità virile» [39]. Questa definizione del rosso da parte di Kandinskij molto
bene si accorda con la conquista della consapevolezza di sè da parte dell’uomo,
come viene simboleggiata dalla sezione centrale del Prometeo di Skrjabin.
La polarità spirito-materia si manifesta qui attraverso l’opposizione di due
colori primari (rosso e blu), corrispondenti a due suoni alla massima distanza
intervallare possibile, il tritono (do e fa#).
Attraverso l’estasi
finale, intesa come limite della consapevolezza umana, Skrjabin voleva attuare
nel Prometeo la sospensione di ogni percezione di spazio e di tempo,
così come si era verificata nel corso della crescita auto-cosciente dell’uomo.
Per ottenere questo effetto, in contrasto con l’immobile blu della voce inferiore,
la voce superiore, con i suoi rapidi e continui movimenti, produceva un effetto
stimolante che sosteneva la musica con determinazione crescente [40]. In numerose tele di Kandinskij, si può rilevare un effetto
caleidoscopico molto simile a quello immaginato da Skrjabin nel finale del suo
Prometeo; il critico Ludwig Grote parlando del Quadro dalla macchia
rossa del 1914, scrive: «Per vivere questa tela si esige l’attitudine più
semplice e insieme più complessa... calarsi in queste nuvole iridate che seguono
chiaramente un movimento ascendente, accompagnare queste forme vaghe dai contorni
incerti, che si metamorfosano davanti i nostri occhi... Senza inizio nè fine,
nello sviluppo incessante di sensazioni cromatiche, come l’istantanea di un
caleidoscopio, l’immagine diviene un mondo per sè, un organismo riempito di
tensione e di forza, planante con beatitudine nelle sue proprie sfere» [41].
Vasilij
Kandinskij
Quadro con macchia
rossa, (1914).
Olio su tela 130 x
130 cm
In un altro quadro
del 1914, dal titolo Improvvisazione contenuta-Fuga, forme colorate amorfe
sembrano sospese nel vuoto; il titolo Fuga fu aggiunto da Kandinskij
in un secondo momento, dopo che egli si rese conto dell’ordine polifonico del
dipinto.
Kandinskij era in
grado di percepire sensazioni uditive in accordo con determinati colori. In
un significativo passo di Dello spirituale nell’arte si legge: «Negli
esseri umani più evoluti, le vie che conducono all’anima sono così dirette,
e le impressioni psichiche raggiungibili così rapidamente, che un’azione che
si eserciti attraverso un senso arriva direttamente all’anima, facendo vibrare
per simpatia le vie corrispondenti che vanno dall’anima agli altri organi sensoriali.
Si potrebbe paragonare questo fenomeno a una sorta di eco o di risonanza quale
si ha in determinati strumenti musicali quando, senza essere toccati, entrano
in risonanza con un altro strumento, suonato invece direttamente (...) [42]. «È chiaro pertanto che l’armonia dei colori deve fondarsi
solo sul principio della giusta stimolazione dell’anima umana» [43]. In un altro luogo, Kandinskij afferma
che le sensazioni provenienti da sfere sensoriali confinanti possono vibrare
per simpatia, alla stessa maniera con cui, per usare una sua espressione, «vibrano
tutte le corde di una violino se una sola di esse viene sfiorata» [44]. Operando con questi presupposti, Kandinskij in Dello Spirituale
nell’arte ha collegato i colori non solo con i suoni ma anche con i sensi,
i pensieri, le azioni, i temperamenti, organizzandoli in modo corrispondente
al loro grado di intensità, in un circolo i cui poli opposti rappresentano la
vita tra la nascita e la morte:
Colore
|
Effetto-umore
|
Equivalente
strumentale
|
Nero |
eterno silenzio,
il silenzio della
morte, non speranza
futura
|
il colore più
povero di suono,
completo riposo finale
|
Grigio |
immobile, senza speranza,
rigido
|
nessuno |
Marrone |
inibizione |
nessuno
|
Verde |
apatia, pace; riposante
e calmo,
benefico per un uomo stanco
|
suoni di
violino nel registro medio
|
Viola |
sensuale, smorzato,
triste |
corno inglese, chiarina,
oboe e, nei toni più
profondi, i fiati (basso)
|
Blu |
generalmente: di colore
celestiale tipicamente concentrico (cfr.giallo=
eccentrico
|
violoncello, mentre
la tristezza aumenta |
Blu scuro |
pace, tristezza non
umana |
i meravigliosi suoni
del contrabbasso, in forma
profonda, solenne, come
l’organo profondo
|
Azzurro |
diventando più
chiaro
assume carattere piu`
indefinito
|
flauto |
Rosso freddo, profondo |
un’attesa energica,
come qualcosa che giace in attesa, pronto a fare un balzo selvaggio |
suoni centrali e profondi
del cello, evocanti, un elemento di passione |
Rosso freddo, chiaro |
giovane, pura gioia;
libertà; la fresca, pura immagine di una ragazza |
più acuti;
suoni chiari e melodiosi di violino o "piccole campane" |
Vermiglio |
come una passione
che scorre continua, una forza
che conta su se stessa
|
tuba; tamburo profondo |
Rosso caldo, chiaro |
effetto entusiasmante che
può giungere al punto di dolore;
simile al sangue che
scorre
|
ottoni, fanfare suoni
forti, ostinati |
Arancione |
come un uomo convinto
della propria forza; una sensazione sana |
campane di chiesa
medie che suonano all’Angelus; voce
forte di viola
che intona un Largo
|
Giallo |
tipico colore terrestre;
eccentrico e senza spessore; inquieto,eccitante; influenza fortemente l’umore.Toni
più leggeri possono raggiungere una forza e altezza insopportabili
all’occhio e alla mente. Può rappresentare la pazzia nel colore. |
ottoni; mentre il
giallo diventa piu`chiaro, suona come le note acute di una tromba sempre
più forte, o come una fanfara in crescendo |
Bianco |
silenzio; non di morte,
ma ricco di possibilità. |
un silenzio
che può improvvisamente venire
compreso,come le pause
in musica che solo interrompono
lo sviluppo di un movimento o il
contenuto per un dato tempo,
e non sono la conclusione definitiva.
|
Il fecondissimo periodo
tedesco di Kandinskij fu interrotto dal rientro in Russia nel dicembre 1914;
dopo un breve soggiorno in Svezia, durante il quale dipinse fantasie acquerellate
che intitolò «bagatelle», negli anni successivi Kandinskij partecipò attivamente
al riassetto delle istituzioni culturali russe dopo la rivoluzione d’ottobre,
proponendosi di rifondare in maniera radicalmente nuova l’istruzione artistica
in Russia, nel grandioso progetto del Programma dell’Istituto di Cultura
artistica (Prgramma Instituta Chudozestvennoj Kul’turi) del 1920. In questo
importante manifesto programmatico vengono sviluppate alcune delle idee fondamentali
di Kandinskij sull’arte. L’artista viene definito da Kandinskij il centro in
cui si aggregano e trovano forma definita le forze spirituali ancora latenti
nell’umanità, che egli deve sapere interpretare e manifestare, attraverso una
totale fedeltà alla propria realtà interiore, la quale diviene così un imperativo
morale categorico. Scrive Kandinskij: «È molto meglio scagliare la propria
tavolozza contro la tela, frantumare la creta o il marmo con il pugno o col
mazzuolo, o sedersi fragorosamente sulla tastiera del pianoforte piuttosto che
razzolare senza vitalità nel campo di una forma d’arte tradizionale e morta
da tempo» [45]. Secondo Kandinskij l’opera d’arte si deve
manifestare spontaneamente all’artista, il cui compito consiste solamente nel
saperla rendere il più fedelmente possibile alla propria visione; il sogno dell’artista,
modesto o immenso che sia, «non ha dunque in sé e per sé alcun valore finchè
le dita non siano in grado di uniformarsi con la massima precisione ai dettami
di questo sogno» [46]. Appare qui chiaramente formulata l’idea di un’opera d’arte
che, per essere tale, debba necessariamente svolgersi su un piano cosciente
superiore, estatico.
Nella sua costante
ricerca di un denominatore comune fra tutte le arti, la traducibilità di un
genere artistico in un altro, Kandinskij si adoperava per approntare un metodo
scientifico che potesse confermare le sue aspettative. Nel 1921 Kandinskij,
in occasione di una conferenza tenuta all’Accademia delle Scienze Artistiche
di Mosca, riconosce esplicitamente a Skrjabin il ruolo di ispiratore della propria
concezione dell’arte sintetica: «Il principio della della semplice addizione
aritmetica è chiamato a rinforzare i procedimenti propri di ogni arte grazie
a un processo parallelo tratto dall’una o dall’altra arte. È così che «l’arte
monumentale» era intesa da Wagner, che nelle sue opera spingeva il parallelismo
fino ai limiti estremi. È su questo fondamento che sono costruite le opere
più importanti di questi ultimi tempi, e in particolare quelle di Skrjabin.
L’importanza di queste opere dal punto di vista della scienza e dell’arte appare
chiaramente nell’approccio di Skrjabin agli elementi dell’arte. Skrjabin non
si limita solamente a procedimenti intuitivi dell’addizione, ma introduce il
procedimento del processo psichico» [47].
La danza appave subito
come l’arte più adatta ad integrare compiutamente, in una più alta sintesi,
il rapporto già avviato fra suono e colore. La danza per Kandinskij era sostanzialmente
«scultura in movimento», e nasceva dalla fusione di due arti plastiche diverse,
una statica, (scultura), l’altra in movimento (pantomima); nell’elaborazione
di una nuova forma di danza, i riferimenti al mondo greco costituirono un punto
di partenza fondamentale: «I movimenti e i gesti abituali della nostra vita,
o quelli usati in teatro, sono troppo noti per diventare oggetto di uno studio
particolare, mentre è del massimo interesse studiare il significato dei gesti
abituali del passato e ora generalmente dimenticati... Un esempio sensazionale
dell’antico movimento rituale è costituito dalle cerimonie religiose dell’antica
Grecia. Alcune delle sequenze di gesti usate erano notevoli per la loro efficacissima
e quasi sovrannaturale forza espressiva» [48]. L’interesse per la ricerca sulla danza fu sempre ben presente
nel Programma per l’InChuk: «Ci troviamo oggi dinanzi alla possibilità
di creare la nuova danza, la danza del futuro -proclamava Kandinskij. Agirà
anche qui, e sarà essenziale per raggiungere la meta, la medesima legge dell’utilizzazione
incondizionata del senso interiore del movimento come dell’elemento principale
della danza. E come nella musica e nella pittura... ogni suono e ogni consonanza
sono belli quando derivano da una necessità interiore, così presto anche nella
danza si riuscirà a percepire il valore interiore di ogni movimento e la bellezza
interiore sostituirà quella esteriore [49].
Non mancano in Kandinskij
analoghe riflessioni sulla condizione del teatro contemporaneo, che doveva essere
completamente ristrutturato su basi nuove; una volta rifiutate tutte le forme
allora in voga, il teatro avrebbe potuto costituire il terreno ideale per le
prime esperienze di arte totale, le quali avrebbero avuto bisogno dell’intervento
simultaneo di tutte le forme artistiche, «in modo da impiegare ciascuna di esse
in accordo con i suoi propri mezzi di espressione, sollecitandoli fino all’estremo» [50]. Egli immaginava una nuova forma di teatro in cui, cessato
di creare scenicamente e architettonicamente il luogo dell’azione o rappresentare
qualsiasi realtà oggettuale, l’artista doveva assumere su di sè il compito di
materializzare l’azione stessa, dischiudendo così la via per la creazione dell’«arte
sintetica», che egli preferiva denominare ’arte monumentale’ (in russo monumental’nyi,
solenne, grandioso). Questa propensione di Kandinskij a superare il mondo del
teatro trasformandolo in teatro del mondo, con implicazioni cosmiche e religiose,
esprimeva, secondo Jessica Boissel, «il desiderio di liberazione e la fede nell’onnipotenza
dell’arte» [51]. Kandinskij evocava spesso, con parole enfatiche
la visione di un teatro che si perdesse nell’elemento cosmico, «una sublimazione
dell’arte come rivelazione dell’essenza della creazione. La possibilità di comprendere
il mondo come unità» [52].
Nell’ arte monumentale
vagheggiata da Kandinskij, era necessario anche il coinvolgimento della voce
umana e della poesia. Se l’emancipazione delle forme e dei colori corrispondeva,
in un certo senso, all’emancipazione della dissonanza, questa aveva numerose
analogie con la contemporanea dissoluzione della grammatica e della sintassi
nella letteratura, quale ad esempio andava affermandosi presso i futuristi italiani
e russi, primo fra essi Velimir Chlebnikov, fino a giungere al dadaismo e alla
poesia concreta. In accordo con le idee di Chlebnikov e dei futuristi, Kandinskij
scriveva: «L’analisi della parola dovrebbe aver luogo attraverso lo studio delle
parole in quanto suoni, trascurandone il significato. Successivamente, attraverso
ricerche di suoni isolati, sulla formazione delle sillabe, e infine attraverso
la creazione di parole inesistenti: l’importanza del suono o qualità musicale
di una composizione poetica può essere tale da oscurare il suo intero significato» [53].
È evidente che per
la realizzazione di progetti tanto ambiziosi, come quelli immaginati da Kandinskij
sarebbe stato necessario un edificio appositamente costruito; in questo senso
l’unione sintetica delle arti avrebbe dovuto coinvolgere anche l’architettura,
elaborando piani e modelli di costruzioni. Si sarebbe così potuto realizzare
quello che Kandinskij chiamava l’edificio dedicato alla «grande utopia», quell’utopia
senza la cui ispirazione nessun vero progresso spirituale sarebbe stato possibile.
Scrive Kandinskij: «Questo edificio dovrebbe essere adibito a tutti i generi
dell’ arte, sia a quelli esistenti in concreto, sia a quelli che finora si son
sognati e si sognano silenziosamente, senza sperare in una realizzazione concreta
di questi sogni. Che questo edificio divenga il ’Palazzo Mondiale dell’Utopia’:penso
che non sarei il solo ad essere felice, se gli si desse il nome di ’Grande Utopia’» [54].
Negli anni russi,
Kandinskij strinse una solida amicizia con Aleksandr Sensin (1890-1944), allora
professore di Teoria musicale al Conservatorio di Mosca, che si interessava
allora dei rapporti fra musica e matematica. Certamente la frequentazione di
Sensin influenzò il linguaggio pittorico di Kandinskij, che andava sempre più
orientandosi verso un astrattismo di tipo geometrico. «Conosciamo esempi di
opere realizzate col calcolo - avrebbe scritto Kandinskij ricordando quegli
anni - È certo che talvolta tale calcolo è inconscio, talvolta matematico.
Esso può saltare agli occhi oppure esigere, per essere portato in luce, una
misurazione. Il musicista russo Sensin aveva intrapreso una ventina di anni
fa una analisi sorprendente. Egli aveva misurato due pezzi degli Anni di
pellegrinaggio di Liszt, ispirati l’uno dal Pensieroso di Michelangelo,
l’altro dallo Sposalizio di Raffaello. Io penso che in questi casi abbiamo
le due specie di calcolo. Se si può ammettere che le due opere figurative fossero
calcolate direttamente, ossia con l’aiuto di un metodo matematico, è fuori di
dubbio che Liszt ha scoperto le due formule per divinazione, con l’aiuto del
suo subcosciente. Egli ha tradotto le due opere in formule identiche senza conoscerle.
Ma sarebbe in ogni caso pericoloso fidare ciecamente di questi calcoli» [55].
L’ impostazione spiritualistica
propugnata da Kandinskij nel Programma per l’InChuK non poteva trovare
in Russia l’ambiente ideale per svilupparsi coerentemente; fedele alle scelte
artistiche maturate prima della Rivoluzione, Kandinskij lasciò definitivamente
la Russia alla fine del 1921. Nel corso degli anni successivi il nome di Kandinskij
fu legato indissolubilmente all’attività del Bauhaus, la scuola di Belle Arti
fondata a Weimar nel 1919 e successivamente trasferita a Dessau e a Berlino,
nella quale egli fu chiamato a insegnare dal 1922. In quel periodo Kandinskij,
nella sua nuova veste di insegnante, svolse un incessante lavoro di ricerca,
nel tentativo di fornire una sempre maggiore coerenza metodologica alla propria
teoria dell’arte. Nel 1926 pubblicò a Monaco di Baviera Punkt und Linie zu
Fläche (Punto linea superficie), opera nel quale l’interesse per il fatto
musicale appare ancora determinante. In particolare nel capitolo intitolato
L’espressione grafica della musica, Kandinskij esaminò le possibilità
di trascrizione grafica di alcuni passaggi della Quinta sinfonia di Beethoven,
abbozzando una definizione di ’punto’ e ’linea’ musicali in rapporto a ’punto’
e ’linea’ grafici. Tali ricerche hanno influenzato in modo determinante tutta
l’arte astratta del XX secolo, fino ai nostri giorni. Si vedano a questo proposito
anche le realizzazioni pittoriche di Luigi Veronesi, che ha anche pubblicato
un interessante studio teorico direttamente influenzato dalle ricerche teoriche
di Kandinskij sul rapporto tra suoni e colori [56]. Negli anni del Bauhaus, Kandinskij ricorse spesso, per i
suoi dipinti, a titoli che evocavano sensazioni sonore, come in Gegenklänge
(Accordi opposti) del 1924, Einzelne Klänge (Suoni isolati) del 1927,
Zweiklang (Accordo) e Bunter Mitklang (Risonanza multicolore)
entrambi del 1928
Molti degli artisti
operanti al Bauhaus riservarono un posto fondamentale alla ricerca dei rapporti
fra musica e pittura, considerandoli come tappa fondamentale nella realizzazione
di nuove forme d’arte. All’ambito dell’esperienza del Bauhaus, vanno ricondotti
gli esperimenti di Alexander Laszlo e Ludwig Hirschfeld-Mack. La Farblichtmusik
di Laszlo fu un originale tentativo di fondere due forme artistiche separate
in una unione significativa; nel suo metodo di lavoro, Laszlo definiva per prima
cosa il colore fondamentale di singoli brani musicali, intitolati, ad esempio,
Preludio per luce colorata blu e pianoforte, oppure Rosso; poi,
secondo il mutare degli eventi musicali, cioè con i cambiamenti dinamici e ritmici
o con l’ingresso di un nuovo tema o di una nuova tonalità, subentravano altri
colori, che variavano in modo da potersi esprimere in accordo con lo svolgimento
musicale. Parallelemente ai colori e alle figure musicali, si succedevano immagini
plastiche, ad esempio linee ondulate o forme geometriche. Un altro esperimento
di fusione suono-colore, fu tentato con successo nei Reflektorische Lichtspiele
(Giochi di luce riflessi) di Hirschfeld-Mack, realizzati la prima volta
a Weimar nel laboratorio del Bauhaus cittadino, nell’estate 1922. Si trattava
di movimenti di ombre generati da diverse fonti di luce colorata: «Zone luminose
mobili gialle, rosse, verdi e blu, organicamente sviluppate da opportune sfumature
di ombra, fino alla più alta luminosità.. Una parete trasparente. Colori, forme,
musica: in forme ad angolo acuto a punta; in triangoli, quadrati, poligoni o
cerchi, archi e forme sinusoidali, verso l’alto, verso il basso, secondo tutte
le possibili varietà di movimenti concepiti ritmicamente, gli elementi del «Farblichtspiel»
sono pianificati per una realizzazione orchestrata artisticamente. Gli elementi
musicali sono intrecciati nel gioco delle mescolanze e delle interferenze collegate
ai colori e alle forme» [57]. All’ambito del Bauhaus è riconducibile
anche l’esperienza di Johannes Itten (1888-1967), primo insegnante titolare
del corso di pittura in quell’istituto, collaboratore e amico del compositore
Josef Mathias Hauer. Suggestionato dai quadri di Itten, Hauer teorizzò gruppi
di dodici note, i «tropi», che mise in relazione con i colori; durante questa
ricerca, passo indispensabile verso il suo «Zwölftonspiel», Hauer riferì di
tenere appeso sopra il suo pianoforte il quadro di Itten Zwei Formthemen.
Il compositore sottolineò più volte di aver trovato proprio nella pittura di
Itten la conferma delle proprie intuizioni musicali.
Negli anni del suo
insegnamento al Bauhaus, Kandinskij sviluppò alcuni metodi didattici che conservano
ancora oggi tutto il loro interesse; egli formulò ad esempio un questionario
in cui si domandava agli studenti del Bauhaus di associare triangolo, quadrato
e cerchio ai tre colori primari, in modo da valorizzare al massimo le loro caratteristiche:
quasi tutti i soggetti concordarono nell’associare il cerchio al blu, il quadrato
al rosso e il triangolo al giallo. In accordo con questo risultato sperimentale,
nella tela Gelb-Rot-Blau (Giallo-rosso-blu) del 1925, una delle
sue opere più celebri, Kandinskij inscrive il blu in un cerchio perfetto a destra,
ponendo agglomerazioni di forme più libere nella parte mediana della superficie
della tela, da dove emerge un rosso indistinto, mentre il giallo domina nella
parte sinistra. In Gelb-Rot-Blau Kandinskij ripropone la problematica,
già presente nel Prometeo di Skrjabin, inerente i tre colori fondamentali
e le figure geometriche simboliche, attribuendo un significato particolare a
questo dipinto: «Giallo e blu in rapporto al rosso... il Sole e la Luna si ritrovano
fra il giorno e la notte, come l’aurora e il tramonto. Nascita misteriosa del
rosso dalla tendenza simultanea all’allontanamento e all’ascensione del giallo
e del blu» [58].
Vasilij
Kandinskij
Giallo - Rosso
- Blu (1925).
Olio su tela 128 x
201,5 cm
In quegli anni Kandinskij
riconobbe più volte esplicitamente a Skrjabin il merito di avere influenzato
in meniera decisiva la propria concezione estetica, nella direzione di una sempre
maggiore comprensione della sintesi fra le arti arti. Scrisse Kandinskij nel
1927: «Il primo tentativo di unificare organicamente due arti in vista della
creazione di un’opera è il Prometeo di Skrjabin: andamento parallelo
degli elementi musicali e di quelli pittorici. Il fine è il rafforzamento dei
mezzi che servono all’espressione. Fu così abbattuto per la prima volta un muro
fra due arti... Da allora si moltiplicarono i tentativi nella stessa direzione,
i quali però sono ancora oggi nella loro prima infanzia: organo a colori (Inghilterra,
America, Germania), giochi di luce colorata con musica (Germania), film astratti
con musica (Francia, Germania)» [59].
Nel 1928 Kandinskij
accettò la proposta di Gustav Hartmann, direttore del teatro di Dessau, di lavorare
all’allestimento scenico dei Quadri di una esposizione di Musorgskij:
fu l’unica volta che Kandinskij ebbe la possibilità di portare sulle scene le
proprie idee, realizzando uno spettacolo memorabile. Per Kandinskij si trattò
di una occasione per mettere in pratica il suo vecchio sogno di sintesi scenica
fra le varie arti, vagheggiato vent’anni prima nelle sue Composizioni sceniche.
Per l’allestimento dei Quadri di una esposizione, Kandinskij realizzò
una serie di smaglianti acquerelli e numerosi disegni a matita con i progetti
delle luci, delle scene fisse e dei movimenti attraverso la scena di elementi
geometrici mobili .
Vasilij
Kandinskij
Scenografie per
l’esecuzione dei "Quadri di un’esposizione"di Musorgskij al Friedrich Theater di Dessau
(1928).
Acquarelli
Kandinskij disegnò
anche i costumi dei due danzatori sulla scena, che intervenivano solo in due
quadri (I due ebrei, Il mercato di Limoges) unico elemento vivente all’interno
di forme puramente astratte; i colori delle luci ricreavano una sorta di pittura
tridimensionale.
Nel 1930 Kandinskij
pubblicò uno scritto nel quale chiariva i criteri che avevano ispirato la sua
messa in scena dei Quadri di una esposizione [60]; Per Kandinskij la musica non si ispirava a un programma,
bensì rispecchiava le esperienze interiori di Musorgskij, le quali andavano
ben oltre il ’contenuto’ dei quadri, manifestandosi in una forma puramente musicale.
In quello stesso anno, Kandinskij si adoperò anche per una messa in scena dei
Quadri di una esposizione negli Stati Uniti, sollecitando l’interessamento
di Leopold Stokovsky allora direttore dell’Orchestra Filarmonica di Filadelfia.
In una lettera del 18 novembre 1930 Stokovsky comunicò al pittore che la Lega
dei Compositori di New York si era pronunciata contro la rappresentazione dei
Quadri di Musorgskij nell’allestimento scenico di Kandinskij: solamente
dopo circa sessan’anni sarebbe stato realizzato un nuovo allestimento dell’opera.
Concludendo, in nessun
altro pittore del nostro secolo si è manifestato con tanta evidenza l’influsso
della musica, quanto in Kandinskij; questo influsso si è espresso in diverse
circostanze e nelle forme più varie, in particolare:
- Nella affinità dell’esperienza
artistica del pittore con quella di alcuni compositori suoi contemporanei come
Skrjabin e Schönberg, e nella costante collaborazione con altri musicisti (von
Hartmann, Sensin, Kul’bin, ecc.).
- Nella capacità di
esprimere visivamente i suoni attraverso l’esperienza della ’sinestesia’, la
facoltà sensoriale che consente di percepire i colori espressi musicalmente
in suoni e viceversa.
- Nella creazione
di composizioni pittoriche e sceniche basate su principi derivati dalla tecnica
della composizione musicale.
- Nella elaborazione
di una teoria artistica che, partendo dall’analogia fra il suono e il colore
giungesse a vagheggiare un’opera d’arte sintetica (arte monumentale), fondata
organicamente su tutte le arti.