Luigi Verdi
Kandinsky e la musica

Dopo aver compiuti gli studi universitari di Giurisprudenza ed essersi specializzato in Economia politica, a circa trent’anni Kandinskij decise di dedicarsi esclusivamente alla pittura; sin dalla giovinezza aveva studiato musica, giungendo a suonare discretamente il violoncello e il pianoforte, mentre il disegno e la pittura avevano rappresentato per lui, fino ad allora, nient’altro che un piacevole passatempo; nel 1895 la sua sensibilità artistica fu sollecitata in modo determinante dalla scoperta della pittura impressionista, in particolare de La Meule di Claude Monet, e dalla rivelazione della musica del Lohengrin di Richard Wagner: «Senza che me ne rendessi ben conto - avrebbe scritto Kandinskij - era screditato ai miei occhi l’oggetto come elemento indispensabile del quadro. Complessivamente ebbi l’impressione che una piccola parte della mia Mosca fiabesca esistesse già sulla tela. Il Lohengrin mi parve invece una perfetta realizzazione di tale Mosca. I violini, i bassi gravi e particolarmente gli strumenti a fiato incarnarono allora per me tutta la forza di quell’ora di prima sera. Vidi nella mente tutti i miei colori, erano davanti ai miei occhi; linee tumultuose quasi folli si disegnavano davanti a me» [1]. L’origine moscovita di Kandinskij lo influenzò in modo determinante nel suo atteggiamento di artista. È importante notare come Mosca rappresentasse per lui la più perfetta fusione fra suono e colore, secondo un ideale perseguito per tutta la vita. In Rückbilcke (Sguardo al passato) Kandinskij avrebbe annotato: «Mosca si fonde in questo sole, in una macchia che mette in vibrazione il nostro intimo, l’anima intera come una tuba impazzita. No, non è questa uniformità in rosso l’ora più bella! Essa è soltanto l’accordo finale della sinfonia che avviva intensamente ogni colore, che fa suonare Mosca come il fortissimo di un’orchestra gigantesca...» [2]. Lasciata la Russia nel 1896, Kandinskij trovò a Monaco di Baviera l’ambiente ideale per sviluppare le proprie aspirazioni artistiche; da allora tutto il suo percorso di artista fu caratterizzato da una costante tensione volta a trascendere il linguaggio tradizionale della pittura: egli avvertiva in modo particolare il desiderio di ampliare la propria esperienza di pittore al di là dei limiti imposti dalla propria arte. La pittura per Kandinskij divenne sempre più una sorta di composizione musicale, una sinfonia di colori, come ebbe a definirla in più occasioni: «Già molto presto mi resi conto dell’inaudita forza d’espressione del colore Invidiavo i musicisti, i quali possono fare arte senza bisogno di raccontare qualcosa di realistico. Il colore mi pareva però altrettanto realistico del suono» [3]. La sua prima raccolta di incisioni, pubblicata a Mosca nel 1904, fu intitolata Romanze senza parole, in evidente analogia con il fatto musicale.

Nel 1908 Kandinskij stabilì la sua residenza a Murnau a sud di Monaco; assieme alla sua compagna Gabriele Münter ed ai connazionali Aleksej Javlenskij e Marianne Verefkina, suoi vecchi compagni di studi, diede vita a un sodalizio straordinariamente fruttuoso dal punto di vista artistico. Lo studio e l’analisi dei rapporti fra suono e colore fu uno degli aspetti essenziali della ricerca sviluppata a Murnau, tanto che, ricordando quegli anni, Javlenskij avrebbe scritto: «Io volevo dipingere nuovamente i miei quadri incisivi e dai forti colori, ma avvertivo che non era possibile... dovevo cercare un nuovo linguaggio, un linguaggio più spirituale... Io sentivo dentro di me, nel mio petto, un organo, e dovevo tradurlo in colori. Solo la natura che era attorno a me mi ispirava. Questa era la chiave di tutto, portare quest’organo alla luce e tradurlo in suoni... Dipinsi molti quadri, che intitolai "Variazioni su un tema paesaggistico". Essi sono "Romanze senza parole"» [4].

 

Nel salotto di Javlenskij e della Verefkina, Kandinskij conobbe due degli artisti che avrebbero più profondamente inciso sul futuro della sua esperienza artistica, e cioè il compositore Thomas von Hartmann e il ballerino Aleksandr Sacharov. Hartmann era nato in Ucraina nel 1885 e aveva studiato al Conservatorio di Mosca con Arenskij e Taneev; con Kandinskij, Hartmann condivideva l’interesse per la teosofia, spingendosi ad aderire alla setta Sufi dell’armeno Gurdjev. Sacharov (1886-1963) aveva studiato pittura a Parigi, ma dopo aver assistito a una rappresentazione teatrale di Sarah Bernhardt, aveva distrutto tutti i suoi dipinti, decidendo di dedicarsi allo studio di una nuova arte, che avrebbe dovuto avere il suo fondamento nella danza; poichè il balletto tradizionale non gli offriva alcuna possibilità in questa direzione, egli elaborò una vera e propria teoria personale, che la critica contemporanea definì "danza assoluta": lo scopo della sua arte era «Rendere visibile l’invisibile» [5].

 

Kandinskij coinvolse presto Sacharov, assieme a von Hartmann, in alcuni interessanti esperimenti: «Il musicista sceglieva da una serie di acquerelli quello che, da un punto di vista musicale, gli sembrava essere il più chiaro. In assenza del ballerino suonava questo acquerello. Poi arrivava il ballerino, gli si faceva ascoltare il brano musicale, ed egli lo trasponeva in danza, indovinando poi l’acquerello che aveva ballato» [6]. Attorno al 1908 Kandinskij iniziò a comporre piccoli pezzi teatrali, molto lontani da tutto ciò che fino allora era stato designato con questo termine. I manoscritti di quel periodo, in russo o in tedesco, contengono descrizioni riguardanti tre diverse componenti necessarie alla realizzazione scenica:

- il suono musicale, emesso dalla voce umana, inarticolata o su testo poetico, oppure da strumenti musicali.

- il suono corporeo-psichico, espresso in movimenti talvolta culminanti in danze frenetiche.

- il suono del colore, espresso da luci, costumi, scene.

I frutti di questa ricerca condussero Kandinskij alla elaborazione delle sue "composizioni sceniche", singolari opere che già rivelavano con chiarezza l’intento dell’artista di rinnovare l’arte, di riunire i vari generi dello spettacolo (opera-dramma-balletto) in un’opera d’arte totale, liberando ogni forma dal peso della tradizione e cercando di recuperare la pura voce delle origini. Nelle composizioni sceniche Kandinskij tentò la realizzazione di un progetto nel quale le molteplici forme artistiche si facessero portatrici di un valore interiore unico: in questa prospettiva movimento sonoro (musica, voce umana allo stato puro), movimento plastico (danza, scultura in movimento) e movimento cromatico (luce, colore), dovevano essere trattati secondo un progetto unico, interagendo fra loro, subordinati ad un fine interiore, attraverso la fusione di forme, colori, luce, suoni, movimento. Kandinskij lavorò a questi progetti dal 1908 al 1914 circa, raggiungendo il suo esito più compiuto in Der gelbe Klang (Il suono giallo, originariamente Riesen, Giganti) un lavoro che, pur senza essere rappresentato sulla scena, seppe suscitare un ampio dibattito artistico, inaugurando un nuovo genere teatrale. In Der gelbe Klang gli avvenimenti si succedevano apparentemente senza scopo; le voci umane non avevano messaggi concettuali da trasmettere, non avevano un’azione da sviluppare, come i messaggeri della tragedia antica. I suoni prodotti restavano inarticolati o, al più, si compenetravano come incantazioni poetiche brevi, ripetute da un quadro all’altro. Se vi erano delle parole, erano utilizzate per creare un’atmosfera, per «rendere l’anima ricettiva». Nelle didascalie poste da Kandinskij all’interno di Der gelbe Klang si legge ad esempio: «Le persone parlano dapprime tutte insieme come in estasi; poi ripetono, ognuna per proprio conto, le stesse parole... A tratti le voci si fanno roche. A tratti qualcuno grida come un ossesso. A tratti le voci si fanno nasali, ora lente, ora furiosamente rapide (...) Si sviluppa una danza generale che inizia in punti diversi e dilaga via via trascinando tutti con sè... A volte si tratta di movimenti collettivi. Interi gruppi ripetono a volte un unico movimento, sempre uguale» [7].

Der gelbe Klang dovette attendere circa sessant’anni per essere rappresentato la prima volta. In una lettera del 1937 allo storico dell’arte Hans Hildebrand, Kandinskij ricorda: «Dunque già nel 1917 Lei ha scritto sul Suono giallo? Sa che per due volte mi fu offerto di rappresentarlo? La prima volta appena prima della guerra: la rappresentazione doveva avere luogo a Monaco alla fine dell’autunno 1914. La seconda volta a Berlino (alla Volksbühne) nel 1922. E questa seconda volta a intralciarmi non fu la guerra, ma il mio compositore Thomas von Hartmann, allora irraggiungibile. Così dovetti rifiutare. Mi ricordo all’improvviso che c’è stata anche una terza volta: Schlemmer voleva presentare il pezzo. Ma ancora una volta il progetto andò a monte...» [8]. Riguardo il progetto di Monaco del 1914, esso fu portato avanti da Hugo Ball, drammaturgo alla Münchner Kammerspiele, che aveva conosciuto Kandinskij in occasione della pubblicazione di Der blaue Reiter e di Dello Spirituale nell’arte, «due libri programmatici con i quali Kandinskij aveva fondato l’espressionismo, poi così degenerato» [9]. Nel maggio 1914 Ball aveva proposto al Kunstlertheater di Monaco la rappresentazione di Der gelbe Klang, uno dei pezzi che, a suo dire «costituivano il fondo originale di tutta la vita drammatica dispiegandosi simultaneamente in danza, colore, mimo, musica e parola [10]. Successivamente la rappresentazione di Der gelbe Klang fu inserita in un progetto molto ambizioso, così presentato da Ball: «Ecco la nuova idea: progettiamo per il 1° ottobre assieme a Kandinskij, Marc, Thomas von Hartmann, Fokin e von Bechtejeff, un libro, Das neue Theater, nel quale sviluppiamo assieme le idee che vogliamo introdurre nel Kunstlertheater, con nuove scene, esempi musicali, figurine ecc.... Bisogna decidere nuovi progetti architettonici. Un teatro completamente nuovo. Un nuovo Festspielhaus» [11]. Un’altra iniziativa per realizzare Der gelbe Klang si deve a von Hartmann, che la propose senza successo a Kostantin Stanislavskij, regista del Teatro degli Artisti di Mosca.

Se i tentativi di realizzare Der gelbe Klang sulla scena furono numerosi, la prima rappresentazione pubblica ebbe luogo solamente nel 1975, nell’allestimento di Jacques Polieri all’Abbazia di Saint Baume in Provenza, con musica di Alfred Schnittke. Questo allestimento fu riproposto l’anno successivo a Parigi, al Théâtre des Champs-Elysées. Jacques Polieri aveva progettato una versione cinematografica di Der gelbe Klang già nel 1957, e per quella occasione il pittore Mortensen aveva eseguito ben 112 tempere. Una nuova messa in scena si ebbe nel 1982, a cura di Ian Strasfogel, al teatro Marymount di Manhattan, in occasione di una esposizione di Kandinskij al Salomon Guggenheim Museum. La musica era stata elaborata da Günther Schuller su dei frammenti originali di Thomas von Hartmann, depositati presso lo Hartmann Archive della Yale University. Il critico John Rockwell definì lo spettacolo una «pioneering multimedia synthetic extravaganza» [12]. Riguardo questo allestimento, Günther Schuller ebbe a dichiarare che, confrontando i frammenti musicali di Der gelbe Klang e le altre composizioni di Hartmann, si è indotti credere che la musica della composizione scenica possa essere stata elaborata dallo stesso Kandinskij, sotto dettatura [13].

Kandinskij ha lasciato alcuni appunti per altre composizioni sceniche, e precisamente per Der grüner Klang, (Il suono verde, originariamente Stimmen, Voci), Schwarz un weiss (Nero e bianco, originariamente Nero-bianco-colori) e Violhetter Vorhang (Il sipario viola, originariamente Violett, Viola). Il testo di queste composizioni sceniche è stato pubblicato la prima volta nell’edizione francese del III Volume degli Écrits complets a cura di Philippe Sers, intitolato La synthèse des arts. Gli originali in russo si trovano nel lascito Kandinskij, presso il Musée National d’Art Moderne di Parigi. I testi sono costituiti prevalentemente da indicazioni sceniche sull’azione e hanno un valore puramente informativo in rapporto alla prevista rappresentazione [14]. Alcune parti dei manoscritti sono accompagnate da schemi in forma di partitura multimediale, che descrivono lo svolgimento dell’opera come un coro a quattro voci: colore, movimento, musica e voce. Violett doveva essere la più realistica delle composizioni sceniche; essa doveva svolgersi davanti a una scenografia fantastica, i cui colori erano in costante metamorfosi grazie a un sottile gioco di luci, «si doveva comporre di movimenti di folla sapientemente orchestrati, di vari suoni prodotti da battimenti di zoccoli, sonagli, campanelli, di strumenti tradizionali come violino e chalumeau, così come di parole strane, incoerenti, a volte incomprensibili» [15].

Violett è stato realizzato sulla scena solamente in tempi recentissimi, grazie a una produzione dell’associazione Verein Kunst und Bühne di Hannover in collaborazione con il Museo Sprengel di Hannover; lo spettacolo è stato rappresentato anche a Milano nell’ottobre 1996. La parte musicale messa a punto per questa rappresentazione, realizzata in base agli appunti di Kandinskij, prevedeva alcuni strumenti a percussione affidati ad un esecutore a alcuni effetti elettronici; si trattava evidentemente di una realizzazione arbitraria, ma sicuramente molto vicina a quello che poteva essere l’effetto sonoro immaginato da Kandinskij.

 

Kandinskij - Pagina

 

Vasilij Kandinskij

Pagina con annotazioni rigardanti la parte musicale di Violett (1914).

Mina a piombo 17,8 x 18 cm

 

Tra il 1908 e il 1912, Kandinskij lavorò ad alcuni poemi in prosa, sorta di disegni parlati, accompagnati da altrettante incisioni, alcune delle quali a colori. A questa singolare opera Kandinskij diede il titolo tedesco di Klänge (Sonorità), in evidente analogia con il fatto musicale. La pubblicazione avvenne a Monaco nel 1912, dopo un lungo lavoro di preparazione. Il principio generale di Klänge era la liberazione del suono interiore. Secondo Hugo Ball, Kandinskij fu il primo a scoprire e ad impiegare l’espressione più astratta del suono nel linguaggio delle vocali e delle consonanti armonizzate: «Anche in poesia - scrisse Ball- egli è il primo a presentare dei processi esclusivamente spirituali. Con i mezzi più semplici, egli crea davanti a noi, in suoni il movimento, la crescita, il colore, e la tonalità, come ad esempio nel poema Basson. Da nessun’altra parte, persino fra i futuristi, si è tentata una purificazione così ardita del linguaggio» [16].

Verso la fine degli anni ’10, Kandinskij iniziò la stesura di quella che sarebbe divenuta la sua opera teorica più significativa, Dello spirituale nell’arte, (Über das Geistige in der Kunst - O duchovnom v iskusstve), opera nella quale avrebbe dato forma compiuta e sistematica alla propria concezione artistica: fu nello stesso periodo che egli dipinse il suo primo acquerello astratto iniziando da allora ad intitolare le sue tele «composizione» o «improvvisazione», utilizzando termini presi in prestito dal linguaggio musicale. Numerosi passaggi degli scritti di Kandinskij di quel periodo sembrano rimandare ad un primato della musica sulle altre arti; in Dello Spirituale nell’arte si legge ad esempio: «Risulta che la migliore insegnante sia la musica, l’arte che non si è dedicata alla riproduzione dei fenomeni naturali, ma alla espressione dell’animo dell’artista e alla creazione di una vita autonoma attraverso i suoni musicali» [17]. Nel descrivere il carattere della propria pittura di quegli anni, Kandinskij sembra descrivere piuttosto il procedere di un brano musicale, come in questo caso: «Lotte di toni, l’equilibrio perduto, principi che decadono,inattesi colpi di tamburo, grandi domande, aspirazioni apparentemente insensate, impulso e nostalgia e desiderio in apparenza lacerato, catene e vincoli distrutti che uniscono, opposti e contraddizioni: questa è la nostra armonia» [18].

Una delle preoccupazioni maggiori di Kandinskij in quegli anni è quella di riassumere in quadro in un fatto dinamico, di dare espressione al concetto astratto di movimento. Le «composizioni», le «improvvisazioni», le «impressioni» sono la prima tappa verso l’evoluzione della forma libera; secondo Kandinskij le «improvvisazioni» erano dipinti scaturiti da un «evento di carattere interiore», mentre le «impressioni» erano più legate a una esperienza diretta della «natura esteriore», che perveniva all’espressione in forma grafico-pittorica. Le «composizioni» erano invece il frutto di una ricerca ed una riflessione che richiedeva un lavoro lento, basato su studi preliminari e abbozzi.

In quello stesso periodo Kandinskij subì l’influenza della teosofia e delle dottrine esoteriche, partecipando in pieno al clima artistico e culturale che da queste tendenze era determinato. L’influenza delle dottrine teosofiche è evidente in numerosi riferimenti che percorrono gli scritti di Kandinskij di quegli anni: «La teosofia rappresenta un agente vigoroso nell’atmosfera spirituale, e in questa forma può raggiungere, come un suono di liberazione, molti cuori disperati avvolti dalle tenebre e dalla notte: esso rappresenta pertanto una mano che addita una direzione e porge un aiuto» [19]. Kandinskij si interessava attivamente di occultismo e di problemi religiosi, che considerava, in quel periodo di ricerca, elementi fondamentali nella elaborazione di una propria teoria. Nei suoi quadri precedenti la prima guerra mondiale, vi sono alcuni indizi che suggeriscono una influenza diretta di tali idee. Le concezioni mistico-teosofiche delle ’oscillazioni’ e delle ’vibrazioni’ dell’anima, dovevano essere state per lui non tanto audaci costruzioni del pensiero, quanto prove attendibili dell’origine mistica dell’opera d’arte. Nel suo saggio Sulla comprensione dell’arte del 1912, Kandinskij scriveva: «Nei grandi periodi l’atmosfera spirituale è tanto pregna di un desiderio preciso, di una necessità ben definita, che si può diventare facilmente profeti. Ciò vale in particolare per i periodi in cui si verificano svolte importanti, nei quali la maturità interiore, celata all’occhio superficiale, dà un impulso irresistibile al pendolo della vita spirituale» [20]. E nel 1913 Kandinskij così si esprime nel suo celebre scritto Sguardo al passato: «Oggi è il giorno di una delle rivelazioni di questo mondo. Il legame tra i singoli mondi s’è illuminato come per una saetta. Terrificanti e confortevoli, questi mondi sono improvvisamente usciti dalle tenebre. Quella saetta è scoccata in un cielo spirituale oscurato, che incombeva nero su di noi, soffocante e morto. Di qui il principio della grande epoca spirituale» [21]. In Sguardo al passato Kandinskij tende ad identificare il manifestarsi dell’esperienza artistica con la «creazione del mondo»: «Il dipingere è uno scontro tempestoso di mondi diversi, che in questa battaglia si definiscono reciprocamente per creare un mondo nuovo, che è l’opera. Ogni opera nasce così, come nasce il Cosmo, attraverso le catastrofi che dal caotico frastuono degli strumenti vanno a formare una Sinfonia, la Musica delle sfere. La creazione di un’opera è la creazione del mondo» [22].

Un avvenimento centrale per quanto riguarda l’attenzione di Kandinskij verso il fatto musicale è rappresentato dalla pubblicazione del famoso almanacco Der blaue Reiter (Il Cavaliere azzurro), che egli compilò nel 1912 assieme al pittore Franz Marc, che aveva conosciuto nel gennaio 1911. Scrisse Kandinskij: «Marc e io ci eravamo battuti nella pittura, ma la pittura sola non bastava. Ebbi allora l’idea di un libro sintetico che togliesse di mezzo le vecchie, anguste, concezioni, facesse crollare i muri divisori fra le arti (...) e dimostrasse infine che il problema dell’arte non è un problema delle forme ma un problema del contenuto spirituale» [23]. In Der blaue Reiter, pur confluendo tendenze diverse, veniva a delinearsi un quadro straordinariamente unitario; gli articoli a carattere specificamente musicale che Kandinskij volle inserire nell’antologia furono quattro: Das Verhältinis zum Text (Il rapporto con il testo) di Arnold Schönberg, Über die Anarchie in der Musik (L’anarchia della musica) di Thomas von Hartmann, «Prometheus» von Skrjabin (Il «Prometeo» di Skrjabin) di Lev Sabaneev e Die freie Musik (La Musica libera) di Nikolaj Kul’bin; un altro articolo della musicologa russa Nadezda Brjusova, dal titolo Musikwissenschaft, ihr historischer Weg und gegenwärtiger Zustand (Musicologia, il suo cammino storico e il suo stato attuale), non fu incluso all’ultimo momento; in Der blaue Reiter furono inoltre riprodotti i brani musicali Herzgewächse, per soprano, celesta, harmonium e arpa di Arnold Schönberg, e i due brani per soprano e pianoforte Aus dem «glühenden» von Alfred Mombert, op.2 n.4 di Alban Berg e Ihr tratet zu dem herde, tratto da Jahr der Seele di Stepan George di Anton Webern.

Dopo aver assististo a un concerto che Schönberg aveva dato a Monaco il 1° gennaio 1911, (erano stati eseguiti il Quartetto per archi op.10 e i Klavierstücke op.11) Kandinskij scrisse al compositore, pur non conoscendolo, per renderlo partecipe del proprio entusiasmo e per parlargli delle affinità che notava fra la sua musica e i propri dipinti. A breve distanza da quel concerto, Kandinskij dipinse Impressione 3 (Konzert), probabilmente una elaborazione pittorica della forte emozione suscitatagli dal concerto di Schönberg: sulla tela si nota una grande macchia nera che ricorda un pianoforte e un’ampia zona in giallo, che per Kandinskij era il colore del calore spirituale, mentre alcune sagome sulla sinistra suggeriscono la presenza del pubblico

 

Kandinskij - Impressione 3

 

Vasilij Kandinskij

Impressione 3 (Concerto) (1911).

Olio su tela, 77,5 x100 cm

 

Ricordando quel concerto, Franz Marc paragonò la musica dei Klavierstücke op.11 al quadro springende Flecken (Macchie che saltano) di Kandinskij: «Sono stato costretto a pensare alle springende Flecken di Kandinskij nel momento in cui ho ascoltato questa musica, dove ogni singolo suono ha una propria autonomia (una specie di telo bianco tra macchie di colore!). Schönberg parte dal presupposto che i concetti di dissonanza e consonanza non esistano affatto. La cosiddetta dissonanza è soltanto una consonanza di note non collegate fra loro. Un’idea, questa, sempre presente nella mia mente mentre dipingo (...)» [24].

Schönberg aveva pubblicato nella rivista «Musik» dell’ottobre 1910 un estratto del capitolo Quinte e ottave per moto retto, tratto dal suo Harmonielehre (Manuale di armonia), ancora inedito. Tale fu l’interesse di Kandinskij per questo scritto, che lo tradusse in russo (Paralleli v oktavach i kvintach) per il catalogo della mostra del Salone della seconda esposizione internazionale d’arte di Odessa, accompagnandolo da un proprio commento. Kandinskij mostrò un certo interesse anche per l’attività di Schönberg come pittore, pur non condividendone lo spirito, inserendo due dipinti del musicista, Vision (Visione) e Selbstportrait (Autoritratto) nell’almanacco Der blaue Reiter. Attraverso Schönberg, Kandinskij conobbe anche Berg e Webern: fu proprio Berg a proporre a Kandinskij di scrivere un saggio sulla pittura di Schönberg, poi pubblicato con il titolo definitivo di Die Bilder (I quadri) a Monaco nel 1912, in una miscellanea dedicata al compositore [25]. Il libro fu offerto al compositore nel febbraio 1912, in occasione di un concerto a Praga. In vista di questa avvenimento Webern scrisse a Kandinskij: «Caro Signore, Alban Berg mi ha appena reso noto che gli avete già inviato il vostro saggio intitolato "La pittura di Schönberg". Noi ve ne siamo molto riconoscenti e apprezziamo particolarmente che abbiate voluto giudicare la nostra opera degna del vostro contributo. Schönberg ne sarà soddisfatto... Vi sarà possibile assistere al concerto di Schönberg a Praga? Avrà luogo il 29 febbraio. Quel giorno vorremmo offrire il nostro libro a Schönberg... Sarà magnifico se voi potrete assistervi. Praga non è troppo lontana. Immaginate solamente la gioia di Schönberg!» [26]. Kandinskij comunque non poté recarsi al concerto.

La fitta corrispondenza fra Kandinskij e Schönberg si protrasse fino al 1914; interrotta durante la guerra, riprese solamente al rientro di Kandinskij in Germania, nel 1922, ma solo per un breve periodo. Alcuni equivoci circa la presunta ostilità del pittore al giudaismo, furono la causa che determinò la fine del rapporto di amicizia fra i due artisti. L’interesse di Kandinskij per l’arte di Schönberg fu grande ma, nonostante la fitta corrispondenza epistolare tra i due e nonostante le molteplici occasioni di collaborazione, «non è difficile cogliere, pur nell’euforia dello slancio comune, differenze, a volte semplici varietà di inflessione, sufficienti però per lasciar delineare dietro la pur sempre sorprendente unità di intenti, consapevolezze diverse. Il loro incontro è intessuto di fibre contradditorie che il tempo ha teso a riassorbire, ma che emergono costantemente ad una analisi più approfondita» [27]. Da una attenta lettura dei rapporti fra Schönberg e Kandinskij, già oggetto di numerosi studi, non emergono in realtà, al di là della reciproca stima e ammirazione, convergenze artistiche particolarmente significative, se non una comune aspirazione verso il rinnovamento profondo dell’arte, attraverso l’assoluta fedeltà alle proprie istanze interiori. Hanno un ruolo marginale, in Schönberg, le due componenti fondamentali della concezione estetica di Kandinskij: il rapporto sinestesico suono-colore e, soprattutto, l’idea di una arte totale coinvolgente, allo stesso livello, tutte le forme di ogni singola arte. La sinestesia è del tutto episodica nell’opera di Schönberg e l’associazione suono-colore, affrontata nel suo atto unico Die gluckliche Hand, non sembra assumere, nell’insieme della sua esperienza artistica, un ruolo determinante. Se la dissoluzione degli oggetti e l’emancipazione delle forme e dei colori nella pittura corrisponde in un certo senso alla dissoluzione delle tonalità tradizionali e all’emancipazione della dissonanza nella musica, tuttavia molti erano gli artisti che in quegli anni si rendevano protagonisti del rinnovamento dell’arte nella stessa direzione indicata da Kandinskij e da Schönberg, tanto da non giustificare l’individuazione di un asse privilegiato Kandinskij-Schönberg rispetto ad altre esperienze artistiche contemporanee.

Se il rapporto di Kandinskij con Schönberg e i suoi allievi è stato oggetto di numerosi studi, meno conosciuto è il rapporto con Skrjabin e i contemporanei russi Sabaneev e Kul’bin. Leonid Sabaneev, nato a Mosca nel 1881, fu autore di numerosi testi dedicati alla vita e all’opera di Aleksandr Skrjabin; trascrisse per due pianoforti la partitura del Prometeo di Skrjabin e, ancor prima che l’opera fosse eseguita in pubblico, pubblicò sulla rivista «Muzyka» del gennaio 1911 la tabella delle corrispondenze tra suoni e colori elaborata da Skrjabin. Nikolaj Kul’bin (1868-1941), teorico dell’arte e della musica, si occupò di sintesi delle arti e teorizzò l’uso di intervalli inferiori al semitono in musica. Nel suo Studio impressionistov trattò dell’audizione colorata e delle relazioni fra i colori dello spettro e le note musicali. Nel 1911 fu pregato da Kandinskij di presentare il suo discorso su Dello spirituale nell’arte al Congresso degli Artisti di Pietroburgo. La relazione letta da. Kul’bin suscitò un grande entusiasmo nell’uditorio. «Dopo la sessione - scrive Kandinskij a Marc il 17 gennaio 1912, - una folla enorme di persone è venuta in segreteria, di volere cortesemente rileggere il testo... Kul’bin mi ha scritto subito dopo, e la sua scrittura rivelava ancora tutta la sua eccitazione» [28].

All’ epoca in cui redasse Dello spirituale nell’arte, Kandinskij era affascinato degli esperimenti di Skrjabin con la luce, anche se notava una maggiore affinità delle proprie idee con quelle di Schönberg. Scriveva Kandinskij: «Ogni nuova bellezza appare informe, perchè in essa non c’è immagine del passato: è deforme. E per questo vengono sempre malvisti coloro che devono cercare e trovare la nuova bellezza... Il compositore viennese professor Schönberg è forse il più libero nella forma generale della nuova musica, essendo più costante di Debussy (Francia), R.Strauss (Germania), Skrjabin (Russia) e di altri ancora» [29]. Nonostante l’interesse per l’opera di Schönberg, l’attenzione di Kandinskij si concentrò sempre più su Skrjabin e il suo Prometeo, come è confermato dai numerosi riferimenti che compaiono sempre più frequenti negli scritti del pittore; nella formulazione della propria idea di arte sintetica, nata da una armonica fusione di tutte le forme delle singole arti, l’esperienza del Prometeo di Skrjabin, primo tentativo di fusione fra suono e colore, appariva a Kandinskij come fondamentale.

Da quando era venuto a conoscenza degli esperimenti di Skrjabin con suoni e colori, Kandinskij aveva avuto conferma della giustezza delle proprie intuizioni, così come le andava esponendo in Dello spirituale nell’arte.. Kandinskij e i suoi amici discutevano spesso della musica di Skrjabin. In una lettera del 1910 a Gabriele Münter, Kandinskij scrive: «Hartmann e io abbiamo sentito da poco la musica di Skrjabin. Se già la trovavo interessante, ora mi è sembrata ancora più bella. Skrjabin riflette molto sulle corrispondenze del tono musicale e di quello cromatico, ma ne so ancora troppo poco. Forse andrò da lui, perchè adesso è qui» [30]. Nell’articolo Il Prometeo di Skrjabin di Sabaneev inserito da Kandinskij ne Il cavaliere azzurro si trovano numerosi spunti interessanti riguardanti il rapporto fra Skrjabin e Kandinskij. In una lettera del 31 dicembre 1911 a Franz Marc, Kandinskij scrive: «L’articolo di Sabaneev su Skrjabin è interessantissimo e farà certamente una grossa impressione. Ieri con Hartmann abbiamo coscienziosamente lavorato tutta la sera alla traduzione. Spero di finirla per oggi» [31]. Pochi giorni dopo, in una lettera del 16 gennaio 1912, Kandinskij scrive a Schönberg, chiedendo la sua disponibilità a correggere le bozze dell’articolo tradotto: «È per Il cavaliere azzurro, che dovrebbe essere definitivamente pronto fra cinque o sei settimane. Se solo Lei sapesse che razza di lavoro è questo. Posso mandarGliene un giro di bozze? Si tratta di un articolo su Skrjabin, che ho dovuto tradurre io stesso e ho una paura nera di aver fatto un uso indebito di termini tecnici! Mi aiuti per favore! L’articolo è brevissimo. Vuole?» [32]. In una lettera a Schönberg di pochi giorni posteriore, Kandinskij torna di nuovo sull’articolo di Skrjabin. È chiaro che dietro il pretesto della propria incompetenza nel far uso di termini musicali tecnici, Kandinskij vuole chiedere a Schönberg una opinione sulla musica di Skrjabin: «Spero di non sorprenderLa troppo con le bozze di Skrjabin. È stato veramente gentile a occuparsene dopo il concerto. Temo che abbiamo inserito nella nostra traduzione ogni sorta di assurdità musicali. Le sarò molto riconoscente» [33].

Sebbene Skrjabin non avesse fornito nella partitura del Prometeo alcuna spiegazione circa il modo di realizzare i colori durante l’esecuzione, tuttavia le importanti novità ivi contenute fecero subito notizia nell’ambiente culturale europeo, alimentando un dibattito che si protrasse per alcuni anni, e al quale Kandinskij partecipò attivamente. L’articolo di Sabaneev sul Prometeo di Skrjabin, contenuto in Der blaue Reiter, trattava soprattutto del rapporto-suono colore così come si presentava all’interno della partitura. Scrive Sabaneev: «Le sensazioni coloristiche musicali di Skrjabin possono, in un certo senso, rappresentare un canone teorico di cui lo stesso compositore si è reso conto solo attraverso tappe successive. Il canone risulta evidente dalla distribuzione dei suoni ad intervalli di quinta. I colori si distribuiscono in modo quasi esattamente corrispondente alla sequenza dello spettro... Chi ha ascoltato il Prometeo con i relativi effetti di luce deve effettivamente riconoscere che l’impressione musicale corrisponde in modo perfetto agli effetti luminosi e che questa combinazione raddoppia e intensifica al massimo la forza espressiva dell’opera» [34]. Sabaneev include nel suo articolo la tabella delle corrispondenze fra suoni e colori, così formulata da Skrjabin: «do-rosso / sol-arancio / re-giallo / la-verde / mi-blu biancastro / si-blu biancastro / fa#-blu intenso / re bemolle-violetto / la bemolle-porpora violetto / mi bemolle-riflessi metallici / si bemolle-colore acciaio / fa-rosso scuro» [35].

I problemi connessi al rapporto suono-colore erano comuni a molti artisti dell’epoca, ma fu Skrjabin per primo a metterne in atto alcune delle possibilità più inesplorate. La tabella di corrispondenze suono-colore utilizzata nel Prometeo incuriosì molto Kandinskij, che da tempo si interessava a quel problema, associando i colori a determinati timbri strumentali, piuttosto che a determinate armonie. Ne Il linguaggio dei colori incluso in Dello Spirituale nell’arte, Kandinskij aveva associato il verde al timbro del violino nel registro grave, l’azzurro al flauto nel registro acuto e all’organo o al contrabasso nel grave, il giallo alla tromba, il rosso agli ottoni e in particolare alla tuba (in alcune sue sfumature al violoncello), l’arancione alla viola o alla voce di contralto, il violetto al corno inglese o al fagotto. In un passo di Dello spirituale nell’arte si legge: «Sulla base di molteplici analogie, si troverà anche per la pittura una possibilità di costruire un proprio contrappunto; d’altra parte è stato compiuto con successo il tentativo di far apprendere una melodia a bambini musicalmente poco dotati con l’aiuto di colori, ad esempio mediante i fiori. In questo settore la signora Sacharjn-Unkovskaja ha lavorato per anni, costruendo uno speciale metodo esatto per vedere i suoni cromaticamente e ascoltare musicalmente i colori. Anche Skrjabin ha redatto in modo empirico una tabella parallela dei toni musicali e cromatici, la quale è molto simile alla tabella, più fisica, della signora Unkovskaja. Skrjabin ha applicato in modo molto persuasivo il suo principio nel Prometeo» [36].

Al di là delle corrispondenze fra suoni e colori, fissate sia nel Prometeo che ne Il linguaggio dei colori, numerose testimonianze documentano che Skrjabin e Kandinskij possedevano sicuramente determinate capacità sinestesiche. Sergej Rachmaninov racconta di un incontro fra Rimskij Korsakov e Skrjabin, risalente al periodo durante il quale fu composto il Prometeo. Rimskij Korsakov era sostanzialmente d’accordo con Skrjabin circa le impressioni colorate che egli provava in rapporto a certe note, benchè non tutte le corrispondenze indicate da lui coincidessero con quelle di Skrjabin. Ad esempio il suo mi bemolle era blu, mentre Skrjabin sosteneva che il mi bemolle era rosso (nel Prometeo il mi bemolle è però colore acciaio). Entrambi concordavano invece sul re-giallo [37]:

 

  Skrjabin (accordo di Prometeo) Rimskij Korsakov (tonalità)
Do rosso bianco
Sol rosa-arancione cannella dorato
Re giallo oro brillante
La verde verde dorato
Mi bianco azzurro (blu luna) blu zaffiro
Si bianco azzurro (blu luna) blu piombo
Fa# blu vivo verde grigio
Do# viola violetto
La b viola porpora grigio violetto
Mi b grigio acciaio (colore metallico) blu grigiastro
Si b grigio acciaio (colore metallico) colore scuro imprecisato
Fa rosso-bruno verde

 

La parte «Luce» notata nella partitura del Prometeo di Skrjabin svolge anche una funzione indipendente dall’andamento armonico della composizione, investita piuttosto di un significato esoterico e programmatico. Il reciproco gioco di forze centrifughe e centripete, così come appare evidente nell’uso della Luce nel Prometeo di Skrjabin, trova conferma nelle trattazioni di Kandinskij, il quale illustra chiaramente l’azione centrifuga del blu e quella centripeta del giallo: «Il movimento del giallo e dell’azzurro, che contribuisce al loro grande contrasto, è il loro moto centrifugo o centripeto. Se si descrivono due circoli di uguale grandezza, e se ne riempie uno di colore giallo, e l’altro di azzurro, si nota, dopo essersi concentrati brevemente su entrambi, che il giallo s’irradia verso l’esterno, riceve l’impulso motorio dal centro e quasi si avvicina a chi guarda. L’azzurro invece sviluppa un movimento centripeto (come una chiocciola, che si rintani nella sua casetta) e si allontana da noi; dal primo circolo l’occhio è colpito mentre affonda nel secondo» [38]. Per Kandinskij: «Il rosso esercita interiormente l’azione di un colore molto vivo, vivace e irrequieto... nonostante tutta la sua energia e intensità ha una robusta nota di immensa forza quasi consapevole del proprio scopo. In questo fremere e ardere precipuamente in sè, e pochissimo verso l’esterno, v’è, per così dire, della maturità virile» [39]. Questa definizione del rosso da parte di Kandinskij molto bene si accorda con la conquista della consapevolezza di sè da parte dell’uomo, come viene simboleggiata dalla sezione centrale del Prometeo di Skrjabin. La polarità spirito-materia si manifesta qui attraverso l’opposizione di due colori primari (rosso e blu), corrispondenti a due suoni alla massima distanza intervallare possibile, il tritono (do e fa#).

Attraverso l’estasi finale, intesa come limite della consapevolezza umana, Skrjabin voleva attuare nel Prometeo la sospensione di ogni percezione di spazio e di tempo, così come si era verificata nel corso della crescita auto-cosciente dell’uomo. Per ottenere questo effetto, in contrasto con l’immobile blu della voce inferiore, la voce superiore, con i suoi rapidi e continui movimenti, produceva un effetto stimolante che sosteneva la musica con determinazione crescente [40]. In numerose tele di Kandinskij, si può rilevare un effetto caleidoscopico molto simile a quello immaginato da Skrjabin nel finale del suo Prometeo; il critico Ludwig Grote parlando del Quadro dalla macchia rossa del 1914, scrive: «Per vivere questa tela si esige l’attitudine più semplice e insieme più complessa... calarsi in queste nuvole iridate che seguono chiaramente un movimento ascendente, accompagnare queste forme vaghe dai contorni incerti, che si metamorfosano davanti i nostri occhi... Senza inizio nè fine, nello sviluppo incessante di sensazioni cromatiche, come l’istantanea di un caleidoscopio, l’immagine diviene un mondo per sè, un organismo riempito di tensione e di forza, planante con beatitudine nelle sue proprie sfere» [41].

 

Kandinskij - Quadro con macchia rossa

 

Vasilij Kandinskij

Quadro con macchia rossa, (1914).

Olio su tela 130 x 130 cm

 

In un altro quadro del 1914, dal titolo Improvvisazione contenuta-Fuga, forme colorate amorfe sembrano sospese nel vuoto; il titolo Fuga fu aggiunto da Kandinskij in un secondo momento, dopo che egli si rese conto dell’ordine polifonico del dipinto.

Kandinskij era in grado di percepire sensazioni uditive in accordo con determinati colori. In un significativo passo di Dello spirituale nell’arte si legge: «Negli esseri umani più evoluti, le vie che conducono all’anima sono così dirette, e le impressioni psichiche raggiungibili così rapidamente, che un’azione che si eserciti attraverso un senso arriva direttamente all’anima, facendo vibrare per simpatia le vie corrispondenti che vanno dall’anima agli altri organi sensoriali. Si potrebbe paragonare questo fenomeno a una sorta di eco o di risonanza quale si ha in determinati strumenti musicali quando, senza essere toccati, entrano in risonanza con un altro strumento, suonato invece direttamente (...) [42]. «È chiaro pertanto che l’armonia dei colori deve fondarsi solo sul principio della giusta stimolazione dell’anima umana» [43]. In un altro luogo, Kandinskij afferma che le sensazioni provenienti da sfere sensoriali confinanti possono vibrare per simpatia, alla stessa maniera con cui, per usare una sua espressione, «vibrano tutte le corde di una violino se una sola di esse viene sfiorata» [44]. Operando con questi presupposti, Kandinskij in Dello Spirituale nell’arte ha collegato i colori non solo con i suoni ma anche con i sensi, i pensieri, le azioni, i temperamenti, organizzandoli in modo corrispondente al loro grado di intensità, in un circolo i cui poli opposti rappresentano la vita tra la nascita e la morte:

 

Colore
Effetto-umore
Equivalente strumentale
Nero eterno silenzio,
il silenzio della
morte, non speranza
futura
il colore più povero di suono,
completo riposo finale

Grigio immobile, senza speranza,
rigido
nessuno
Marrone inibizione nessuno

Verde apatia, pace; riposante e calmo,
benefico per un uomo stanco
suoni di
violino nel registro medio
Viola sensuale, smorzato, triste corno inglese, chiarina,
oboe e, nei toni più
profondi, i fiati (basso)
Blu generalmente: di colore celestiale tipicamente concentrico (cfr.giallo=
eccentrico
violoncello, mentre la tristezza aumenta
Blu scuro pace, tristezza non umana i meravigliosi suoni del contrabbasso, in forma
profonda, solenne, come
l’organo profondo
Azzurro diventando più chiaro
assume carattere piu`
indefinito
flauto
Rosso freddo, profondo un’attesa energica, come qualcosa che giace in attesa, pronto a fare un balzo selvaggio suoni centrali e profondi del cello, evocanti, un elemento di passione
Rosso freddo, chiaro giovane, pura gioia; libertà; la fresca, pura immagine di una ragazza più acuti; suoni chiari e melodiosi di violino o "piccole campane"
Vermiglio come una passione che scorre continua, una forza
che conta su se stessa

tuba; tamburo profondo
Rosso caldo, chiaro effetto entusiasmante che può giungere al punto di dolore;
simile al sangue che
scorre
ottoni, fanfare suoni forti, ostinati
Arancione come un uomo convinto della propria forza; una sensazione sana campane di chiesa medie che suonano all’Angelus; voce
forte di viola
che intona un Largo
Giallo tipico colore terrestre; eccentrico e senza spessore; inquieto,eccitante; influenza fortemente l’umore.Toni più leggeri possono raggiungere una forza e altezza insopportabili all’occhio e alla mente. Può rappresentare la pazzia nel colore. ottoni; mentre il giallo diventa piu`chiaro, suona come le note acute di una tromba sempre più forte, o come una fanfara in crescendo
Bianco silenzio; non di morte, ma ricco di possibilità. un silenzio che può improvvisamente venire
compreso,come le pause
in musica che solo interrompono
lo sviluppo di un movimento o il
contenuto per un dato tempo,
e non sono la conclusione definitiva.

 

Il fecondissimo periodo tedesco di Kandinskij fu interrotto dal rientro in Russia nel dicembre 1914; dopo un breve soggiorno in Svezia, durante il quale dipinse fantasie acquerellate che intitolò «bagatelle», negli anni successivi Kandinskij partecipò attivamente al riassetto delle istituzioni culturali russe dopo la rivoluzione d’ottobre, proponendosi di rifondare in maniera radicalmente nuova l’istruzione artistica in Russia, nel grandioso progetto del Programma dell’Istituto di Cultura artistica (Prgramma Instituta Chudozestvennoj Kul’turi) del 1920. In questo importante manifesto programmatico vengono sviluppate alcune delle idee fondamentali di Kandinskij sull’arte. L’artista viene definito da Kandinskij il centro in cui si aggregano e trovano forma definita le forze spirituali ancora latenti nell’umanità, che egli deve sapere interpretare e manifestare, attraverso una totale fedeltà alla propria realtà interiore, la quale diviene così un imperativo morale categorico. Scrive Kandinskij: «È molto meglio scagliare la propria tavolozza contro la tela, frantumare la creta o il marmo con il pugno o col mazzuolo, o sedersi fragorosamente sulla tastiera del pianoforte piuttosto che razzolare senza vitalità nel campo di una forma d’arte tradizionale e morta da tempo» [45]. Secondo Kandinskij l’opera d’arte si deve manifestare spontaneamente all’artista, il cui compito consiste solamente nel saperla rendere il più fedelmente possibile alla propria visione; il sogno dell’artista, modesto o immenso che sia, «non ha dunque in sé e per sé alcun valore finchè le dita non siano in grado di uniformarsi con la massima precisione ai dettami di questo sogno» [46]. Appare qui chiaramente formulata l’idea di un’opera d’arte che, per essere tale, debba necessariamente svolgersi su un piano cosciente superiore, estatico.

Nella sua costante ricerca di un denominatore comune fra tutte le arti, la traducibilità di un genere artistico in un altro, Kandinskij si adoperava per approntare un metodo scientifico che potesse confermare le sue aspettative. Nel 1921 Kandinskij, in occasione di una conferenza tenuta all’Accademia delle Scienze Artistiche di Mosca, riconosce esplicitamente a Skrjabin il ruolo di ispiratore della propria concezione dell’arte sintetica: «Il principio della della semplice addizione aritmetica è chiamato a rinforzare i procedimenti propri di ogni arte grazie a un processo parallelo tratto dall’una o dall’altra arte. È così che «l’arte monumentale» era intesa da Wagner, che nelle sue opera spingeva il parallelismo fino ai limiti estremi. È su questo fondamento che sono costruite le opere più importanti di questi ultimi tempi, e in particolare quelle di Skrjabin. L’importanza di queste opere dal punto di vista della scienza e dell’arte appare chiaramente nell’approccio di Skrjabin agli elementi dell’arte. Skrjabin non si limita solamente a procedimenti intuitivi dell’addizione, ma introduce il procedimento del processo psichico» [47].

La danza appave subito come l’arte più adatta ad integrare compiutamente, in una più alta sintesi, il rapporto già avviato fra suono e colore. La danza per Kandinskij era sostanzialmente «scultura in movimento», e nasceva dalla fusione di due arti plastiche diverse, una statica, (scultura), l’altra in movimento (pantomima); nell’elaborazione di una nuova forma di danza, i riferimenti al mondo greco costituirono un punto di partenza fondamentale: «I movimenti e i gesti abituali della nostra vita, o quelli usati in teatro, sono troppo noti per diventare oggetto di uno studio particolare, mentre è del massimo interesse studiare il significato dei gesti abituali del passato e ora generalmente dimenticati... Un esempio sensazionale dell’antico movimento rituale è costituito dalle cerimonie religiose dell’antica Grecia. Alcune delle sequenze di gesti usate erano notevoli per la loro efficacissima e quasi sovrannaturale forza espressiva» [48]. L’interesse per la ricerca sulla danza fu sempre ben presente nel Programma per l’InChuk: «Ci troviamo oggi dinanzi alla possibilità di creare la nuova danza, la danza del futuro -proclamava Kandinskij. Agirà anche qui, e sarà essenziale per raggiungere la meta, la medesima legge dell’utilizzazione incondizionata del senso interiore del movimento come dell’elemento principale della danza. E come nella musica e nella pittura... ogni suono e ogni consonanza sono belli quando derivano da una necessità interiore, così presto anche nella danza si riuscirà a percepire il valore interiore di ogni movimento e la bellezza interiore sostituirà quella esteriore [49].

Non mancano in Kandinskij analoghe riflessioni sulla condizione del teatro contemporaneo, che doveva essere completamente ristrutturato su basi nuove; una volta rifiutate tutte le forme allora in voga, il teatro avrebbe potuto costituire il terreno ideale per le prime esperienze di arte totale, le quali avrebbero avuto bisogno dell’intervento simultaneo di tutte le forme artistiche, «in modo da impiegare ciascuna di esse in accordo con i suoi propri mezzi di espressione, sollecitandoli fino all’estremo» [50]. Egli immaginava una nuova forma di teatro in cui, cessato di creare scenicamente e architettonicamente il luogo dell’azione o rappresentare qualsiasi realtà oggettuale, l’artista doveva assumere su di sè il compito di materializzare l’azione stessa, dischiudendo così la via per la creazione dell’«arte sintetica», che egli preferiva denominare ’arte monumentale’ (in russo monumental’nyi, solenne, grandioso). Questa propensione di Kandinskij a superare il mondo del teatro trasformandolo in teatro del mondo, con implicazioni cosmiche e religiose, esprimeva, secondo Jessica Boissel, «il desiderio di liberazione e la fede nell’onnipotenza dell’arte» [51]. Kandinskij evocava spesso, con parole enfatiche la visione di un teatro che si perdesse nell’elemento cosmico, «una sublimazione dell’arte come rivelazione dell’essenza della creazione. La possibilità di comprendere il mondo come unità» [52].

Nell’ arte monumentale vagheggiata da Kandinskij, era necessario anche il coinvolgimento della voce umana e della poesia. Se l’emancipazione delle forme e dei colori corrispondeva, in un certo senso, all’emancipazione della dissonanza, questa aveva numerose analogie con la contemporanea dissoluzione della grammatica e della sintassi nella letteratura, quale ad esempio andava affermandosi presso i futuristi italiani e russi, primo fra essi Velimir Chlebnikov, fino a giungere al dadaismo e alla poesia concreta. In accordo con le idee di Chlebnikov e dei futuristi, Kandinskij scriveva: «L’analisi della parola dovrebbe aver luogo attraverso lo studio delle parole in quanto suoni, trascurandone il significato. Successivamente, attraverso ricerche di suoni isolati, sulla formazione delle sillabe, e infine attraverso la creazione di parole inesistenti: l’importanza del suono o qualità musicale di una composizione poetica può essere tale da oscurare il suo intero significato» [53].

È evidente che per la realizzazione di progetti tanto ambiziosi, come quelli immaginati da Kandinskij sarebbe stato necessario un edificio appositamente costruito; in questo senso l’unione sintetica delle arti avrebbe dovuto coinvolgere anche l’architettura, elaborando piani e modelli di costruzioni. Si sarebbe così potuto realizzare quello che Kandinskij chiamava l’edificio dedicato alla «grande utopia», quell’utopia senza la cui ispirazione nessun vero progresso spirituale sarebbe stato possibile. Scrive Kandinskij: «Questo edificio dovrebbe essere adibito a tutti i generi dell’ arte, sia a quelli esistenti in concreto, sia a quelli che finora si son sognati e si sognano silenziosamente, senza sperare in una realizzazione concreta di questi sogni. Che questo edificio divenga il ’Palazzo Mondiale dell’Utopia’:penso che non sarei il solo ad essere felice, se gli si desse il nome di ’Grande Utopia’» [54].

Negli anni russi, Kandinskij strinse una solida amicizia con Aleksandr Sensin (1890-1944), allora professore di Teoria musicale al Conservatorio di Mosca, che si interessava allora dei rapporti fra musica e matematica. Certamente la frequentazione di Sensin influenzò il linguaggio pittorico di Kandinskij, che andava sempre più orientandosi verso un astrattismo di tipo geometrico. «Conosciamo esempi di opere realizzate col calcolo - avrebbe scritto Kandinskij ricordando quegli anni - È certo che talvolta tale calcolo è inconscio, talvolta matematico. Esso può saltare agli occhi oppure esigere, per essere portato in luce, una misurazione. Il musicista russo Sensin aveva intrapreso una ventina di anni fa una analisi sorprendente. Egli aveva misurato due pezzi degli Anni di pellegrinaggio di Liszt, ispirati l’uno dal Pensieroso di Michelangelo, l’altro dallo Sposalizio di Raffaello. Io penso che in questi casi abbiamo le due specie di calcolo. Se si può ammettere che le due opere figurative fossero calcolate direttamente, ossia con l’aiuto di un metodo matematico, è fuori di dubbio che Liszt ha scoperto le due formule per divinazione, con l’aiuto del suo subcosciente. Egli ha tradotto le due opere in formule identiche senza conoscerle. Ma sarebbe in ogni caso pericoloso fidare ciecamente di questi calcoli» [55].

L’ impostazione spiritualistica propugnata da Kandinskij nel Programma per l’InChuK non poteva trovare in Russia l’ambiente ideale per svilupparsi coerentemente; fedele alle scelte artistiche maturate prima della Rivoluzione, Kandinskij lasciò definitivamente la Russia alla fine del 1921. Nel corso degli anni successivi il nome di Kandinskij fu legato indissolubilmente all’attività del Bauhaus, la scuola di Belle Arti fondata a Weimar nel 1919 e successivamente trasferita a Dessau e a Berlino, nella quale egli fu chiamato a insegnare dal 1922. In quel periodo Kandinskij, nella sua nuova veste di insegnante, svolse un incessante lavoro di ricerca, nel tentativo di fornire una sempre maggiore coerenza metodologica alla propria teoria dell’arte. Nel 1926 pubblicò a Monaco di Baviera Punkt und Linie zu Fläche (Punto linea superficie), opera nel quale l’interesse per il fatto musicale appare ancora determinante. In particolare nel capitolo intitolato L’espressione grafica della musica, Kandinskij esaminò le possibilità di trascrizione grafica di alcuni passaggi della Quinta sinfonia di Beethoven, abbozzando una definizione di ’punto’ e ’linea’ musicali in rapporto a ’punto’ e ’linea’ grafici. Tali ricerche hanno influenzato in modo determinante tutta l’arte astratta del XX secolo, fino ai nostri giorni. Si vedano a questo proposito anche le realizzazioni pittoriche di Luigi Veronesi, che ha anche pubblicato un interessante studio teorico direttamente influenzato dalle ricerche teoriche di Kandinskij sul rapporto tra suoni e colori [56]. Negli anni del Bauhaus, Kandinskij ricorse spesso, per i suoi dipinti, a titoli che evocavano sensazioni sonore, come in Gegenklänge (Accordi opposti) del 1924, Einzelne Klänge (Suoni isolati) del 1927, Zweiklang (Accordo) e Bunter Mitklang (Risonanza multicolore) entrambi del 1928

Molti degli artisti operanti al Bauhaus riservarono un posto fondamentale alla ricerca dei rapporti fra musica e pittura, considerandoli come tappa fondamentale nella realizzazione di nuove forme d’arte. All’ambito dell’esperienza del Bauhaus, vanno ricondotti gli esperimenti di Alexander Laszlo e Ludwig Hirschfeld-Mack. La Farblichtmusik di Laszlo fu un originale tentativo di fondere due forme artistiche separate in una unione significativa; nel suo metodo di lavoro, Laszlo definiva per prima cosa il colore fondamentale di singoli brani musicali, intitolati, ad esempio, Preludio per luce colorata blu e pianoforte, oppure Rosso; poi, secondo il mutare degli eventi musicali, cioè con i cambiamenti dinamici e ritmici o con l’ingresso di un nuovo tema o di una nuova tonalità, subentravano altri colori, che variavano in modo da potersi esprimere in accordo con lo svolgimento musicale. Parallelemente ai colori e alle figure musicali, si succedevano immagini plastiche, ad esempio linee ondulate o forme geometriche. Un altro esperimento di fusione suono-colore, fu tentato con successo nei Reflektorische Lichtspiele (Giochi di luce riflessi) di Hirschfeld-Mack, realizzati la prima volta a Weimar nel laboratorio del Bauhaus cittadino, nell’estate 1922. Si trattava di movimenti di ombre generati da diverse fonti di luce colorata: «Zone luminose mobili gialle, rosse, verdi e blu, organicamente sviluppate da opportune sfumature di ombra, fino alla più alta luminosità.. Una parete trasparente. Colori, forme, musica: in forme ad angolo acuto a punta; in triangoli, quadrati, poligoni o cerchi, archi e forme sinusoidali, verso l’alto, verso il basso, secondo tutte le possibili varietà di movimenti concepiti ritmicamente, gli elementi del «Farblichtspiel» sono pianificati per una realizzazione orchestrata artisticamente. Gli elementi musicali sono intrecciati nel gioco delle mescolanze e delle interferenze collegate ai colori e alle forme» [57]. All’ambito del Bauhaus è riconducibile anche l’esperienza di Johannes Itten (1888-1967), primo insegnante titolare del corso di pittura in quell’istituto, collaboratore e amico del compositore Josef Mathias Hauer. Suggestionato dai quadri di Itten, Hauer teorizzò gruppi di dodici note, i «tropi», che mise in relazione con i colori; durante questa ricerca, passo indispensabile verso il suo «Zwölftonspiel», Hauer riferì di tenere appeso sopra il suo pianoforte il quadro di Itten Zwei Formthemen. Il compositore sottolineò più volte di aver trovato proprio nella pittura di Itten la conferma delle proprie intuizioni musicali.

Negli anni del suo insegnamento al Bauhaus, Kandinskij sviluppò alcuni metodi didattici che conservano ancora oggi tutto il loro interesse; egli formulò ad esempio un questionario in cui si domandava agli studenti del Bauhaus di associare triangolo, quadrato e cerchio ai tre colori primari, in modo da valorizzare al massimo le loro caratteristiche: quasi tutti i soggetti concordarono nell’associare il cerchio al blu, il quadrato al rosso e il triangolo al giallo. In accordo con questo risultato sperimentale, nella tela Gelb-Rot-Blau (Giallo-rosso-blu) del 1925, una delle sue opere più celebri, Kandinskij inscrive il blu in un cerchio perfetto a destra, ponendo agglomerazioni di forme più libere nella parte mediana della superficie della tela, da dove emerge un rosso indistinto, mentre il giallo domina nella parte sinistra. In Gelb-Rot-Blau Kandinskij ripropone la problematica, già presente nel Prometeo di Skrjabin, inerente i tre colori fondamentali e le figure geometriche simboliche, attribuendo un significato particolare a questo dipinto: «Giallo e blu in rapporto al rosso... il Sole e la Luna si ritrovano fra il giorno e la notte, come l’aurora e il tramonto. Nascita misteriosa del rosso dalla tendenza simultanea all’allontanamento e all’ascensione del giallo e del blu» [58].

 

 

Kandinskij - Giallo - Rosso - Blu

 

Vasilij Kandinskij

Giallo - Rosso - Blu (1925).

Olio su tela 128 x 201,5 cm

 

In quegli anni Kandinskij riconobbe più volte esplicitamente a Skrjabin il merito di avere influenzato in meniera decisiva la propria concezione estetica, nella direzione di una sempre maggiore comprensione della sintesi fra le arti arti. Scrisse Kandinskij nel 1927: «Il primo tentativo di unificare organicamente due arti in vista della creazione di un’opera è il Prometeo di Skrjabin: andamento parallelo degli elementi musicali e di quelli pittorici. Il fine è il rafforzamento dei mezzi che servono all’espressione. Fu così abbattuto per la prima volta un muro fra due arti... Da allora si moltiplicarono i tentativi nella stessa direzione, i quali però sono ancora oggi nella loro prima infanzia: organo a colori (Inghilterra, America, Germania), giochi di luce colorata con musica (Germania), film astratti con musica (Francia, Germania)» [59].

Nel 1928 Kandinskij accettò la proposta di Gustav Hartmann, direttore del teatro di Dessau, di lavorare all’allestimento scenico dei Quadri di una esposizione di Musorgskij: fu l’unica volta che Kandinskij ebbe la possibilità di portare sulle scene le proprie idee, realizzando uno spettacolo memorabile. Per Kandinskij si trattò di una occasione per mettere in pratica il suo vecchio sogno di sintesi scenica fra le varie arti, vagheggiato vent’anni prima nelle sue Composizioni sceniche. Per l’allestimento dei Quadri di una esposizione, Kandinskij realizzò una serie di smaglianti acquerelli e numerosi disegni a matita con i progetti delle luci, delle scene fisse e dei movimenti attraverso la scena di elementi geometrici mobili .

 

Kandinskij - Scenografie

 

Vasilij Kandinskij

Scenografie per l’esecuzione dei "Quadri di un’esposizione"di Musorgskij al Friedrich Theater di Dessau (1928).

Acquarelli

 

Kandinskij disegnò anche i costumi dei due danzatori sulla scena, che intervenivano solo in due quadri (I due ebrei, Il mercato di Limoges) unico elemento vivente all’interno di forme puramente astratte; i colori delle luci ricreavano una sorta di pittura tridimensionale.

Nel 1930 Kandinskij pubblicò uno scritto nel quale chiariva i criteri che avevano ispirato la sua messa in scena dei Quadri di una esposizione [60]; Per Kandinskij la musica non si ispirava a un programma, bensì rispecchiava le esperienze interiori di Musorgskij, le quali andavano ben oltre il ’contenuto’ dei quadri, manifestandosi in una forma puramente musicale. In quello stesso anno, Kandinskij si adoperò anche per una messa in scena dei Quadri di una esposizione negli Stati Uniti, sollecitando l’interessamento di Leopold Stokovsky allora direttore dell’Orchestra Filarmonica di Filadelfia. In una lettera del 18 novembre 1930 Stokovsky comunicò al pittore che la Lega dei Compositori di New York si era pronunciata contro la rappresentazione dei Quadri di Musorgskij nell’allestimento scenico di Kandinskij: solamente dopo circa sessan’anni sarebbe stato realizzato un nuovo allestimento dell’opera.

Concludendo, in nessun altro pittore del nostro secolo si è manifestato con tanta evidenza l’influsso della musica, quanto in Kandinskij; questo influsso si è espresso in diverse circostanze e nelle forme più varie, in particolare:

- Nella affinità dell’esperienza artistica del pittore con quella di alcuni compositori suoi contemporanei come Skrjabin e Schönberg, e nella costante collaborazione con altri musicisti (von Hartmann, Sensin, Kul’bin, ecc.).

- Nella capacità di esprimere visivamente i suoni attraverso l’esperienza della ’sinestesia’, la facoltà sensoriale che consente di percepire i colori espressi musicalmente in suoni e viceversa.

- Nella creazione di composizioni pittoriche e sceniche basate su principi derivati dalla tecnica della composizione musicale.

- Nella elaborazione di una teoria artistica che, partendo dall’analogia fra il suono e il colore giungesse a vagheggiare un’opera d’arte sintetica (arte monumentale), fondata organicamente su tutte le arti.

 

Note

[1] V. Kandinskij, Rückblicke, in «Der Sturm», Berlin 1913. Ed. italiana, V. Kandinskij, Sguardo al passato, in Tutti gli scritti, a cura di Philipp Sers, Milano 1974, vol.II, p.158.

[2] V. Kandinskij, Sguardo al passato, in Tutti gli scritti, op.cit., vol.II, p.155.

[3] Intervista concessa a Nierendorf (1937). Ed. italiana in V. Kandinskij, Tutti gli scritti, op.cit., vol. II, p. 199.

[4] Ausstellungskatalog Aleksej Javlenskij 1864-1941, München 1983, p. 117.

[5] V. Kandinskij, a cura di C.Derouet-J.Boissel, «Collections du Musée National d’Art Moderne», Parigi 1985, p.69.

[6] Il passo è contenuto in una conferenza di Kandinskij, in «Vestnik rabotnikov iskusstv», 4-5, Moskva 1921, pp.74 sg., cit. in A.Schönberg-V. Kandinskij. Briefe, Bilder und Dokumente einer aussergewöhnlichen Begegnung, a cura di J. Hahl-Koch, Salzburg 1980. Ed. italiana, Musica e pittura. Lettere, testi, documenti. Torino 1988, p.154.

[7] V. Kandinskij, Der gelbe Klang, in Der blaue Reiter, a cura di V.Kandinskij-F.Marc, München 1912. Ed.italiana Il suono giallo, in Il cavaliere azzurro, Bari 1967, pp.208 e 216.

[8] Lettera di V. Kandinskij a Hans Hildebrandt, del 24 gennaio 1937, cit. in J.Boissel, Questo tipo di cose ha il suo destino. Kandinskij e il teatro sperimentale, in Vasilij Kandinskij, Catalogo della mostra di Verona, Milano 1993, p.193.

[9] H .Ball, Die Kulisse. Das Wort und das Bild, Zürich 1971, p.13-4.

[10] Da un articolo del New York Times 10/2/1982, cit.in J.Boissel, Questo tipo di cose ha il suo destino, op.cit., p.196.

[11] H. Ball, Briefe 1911-1927, Einsiedeln 1957. Lettera a M.A.Hildebrand del 27 maggio 1914.

[12] Nel New York Time del 10/2/1982

[13] Dal programma della rappresentazione di Der gelbe Klang a New York nel 1982; citato in Questo tipo di cose ha il suo destino, op.cit., p.202.

[14] L.Schreyer, Expressionistisches Theater, Hamburg 1948, p.183.

[15] V. Kandinskij, a cura di.C.Derouet-J.Boissel, op.cit., p.140.

[16] H.Ball, Flight out of time: a Dada Diary, New York 1974, p.234.

[17] V. Kandinskij, Über das Geistige in der Kunst. München 1912. Ed. italiana Dello spirituale dell’arte. Bari 1968. Riprodotto in V. Kandinskij. Tutti gli scritti, op.cit., vol.II, p.90.

[18] V. Kandinskij, Dello spirituale dell’arte, in V. Kandinskij. Tutti gli scritti, op.cit., vol.II, p.90.

[19] V. Kandinskij, Dello spirituale dell’arte, in V. Kandinskij. Tutti gli scritti, op.cit., vol.II, p.82.

[20] V. Kandinskij, Über Kunstverstehen, in «Der Sturm», 129, Berlino, ottobre1912. Ed. italiana, Sulla comprensione dell’arte, in Tutti gli scritti, op.cit., vol.I, p.133.

[21] V. Kandinskij, Tekst chudoznika (Testo d’autore), Sezione Arti figurative (Izo) del Commissariato dl Popolo per l’istruzione, Moskva 1918. Ed. italiana in V. Kandinskij. Testo d’autore e altri scritti russi. 1902-1922, a cura di G.De Michelis. Bari 1975, p.130. L’originale in lingua tedesca Rückblicke (Sguardi al passato) era apparso sulla rivista «Der Sturm», Berlino 1913.

[22] V. Kandinskij, Tekst chudoznika (Testo d’autore), in V. Kandinskij. Testo d’autore e altri scritti russi. 1902-1922, op.cit., p.129.

[23] Citato in G.P.Minardi, Il cavaliere azzurro e la scuola di Vienna, «Quaderni del Teatro Regio», XXII, Parma 1989, p. 203.

[24] Arnold Schönberg in höchester Verherung, München 1912.

[25] Lettera di Franz Marc a August Macke del 14 gennaio 1911, in A.Macke-F.Marc, Briefwechsel, a cura di W.Macke, Köln 1964, p.40.

[26] G .P. Minardi, Il cavaliere azzurro e la Scuola di Vienna, op.cit., p.186.

[27] Lettera di Anton von Webern a Vasilij Kandinskij (29 gennaio 1912), cit. in C. Derouet-J.Boissel. V. Kandinskij, op.cit., p.77.

[28] W. Kandinskij-F. Marc, Briefwechsel, a cura di K.Lankheit, München 1983, p. 119.

[29] V. Kandinskij, Kuda idet ’novoe’ iskusstvo (Dove va l’arte nuova), in «Odesskie novosti», 9.11.1911. Ed. italiana in V. Kandinskij. Testo d’autore e altri scritti russi.1902-1922, op. cit., p.88. Alcune idee di questo articolo vennero riprese nel saggio Sulla comprensione dell’arte, in «Der Sturm», 129, Berlino, ottobre 1912.

[30] V. Kandinskij, Lettera del 23 ottobre 1910 a Gabriele Münter, München, Munter-Eichner Stiftung.

[31] V. Kandinskij, Lettera a Franz Marc del 31 dicembre 1911; citato in L.Verdi. Kandinskij e Skrjabin. Realtà e utopia nella Russia pre-rivoluzionaria. Akademos. Lucca 1996, p. 52.

[32] V. Kandinskij, Lettera a Schönberg del 16 gennaio 1912; citato in A.Schönberg-V. Kandinskij, Musica e pittura. Lettere, testi, documenti, op.cit., p.30.

[33] V. Kandinskij, Lettera a Schönberg del 6 febbraio 1912; citato in a.schÖnberg-V. kandinskij, Musica e pittura. Lettere, testi, documenti, op.cit., p.32.

[34] L. Sabaneev, «Prometheus» von Skrjabin, in Der blaue Reiter a cura di V. Kandinskij-F.Marc, München 1912. Ed.it. Il Prometeo di Skrjabin, in Il cavaliere azzurro.., Bari 1967, p.104.

[35] L. Sabaneev, Il Prometeo di Skrjabin; op.cit., p.104.

[36] V. Kandinskij, Dello spirituale nell’arte, in V. Kandinskij, Tutti gli scritti, op.cit., vol.II, p.95.

[37] Cfr. W.Lyle, Colour and Music: An Introduction, in «The Music Review» XLIII 1982, p. 261-4.

[38] V. Kandinskij, Dello spirituale nell’arte, in V. Kandinskij, Tutti gli scritti, op.cit., vol.II., p.107.

[39] V. Kandinskij, Dello spirituale nell’arte; in V. Kandinskij, Scritti intorno alla musica, a cura di Nilo Pucci, Fiesole 1979, p.35.

[40] Cfr. J. H. Lederer, Die Funktion der Luce-Stimme in Skrjabin op.60, in Aleksandr Skrjabin, a cura di O. Kolleritch, «Studien zur Wertungforschung», XIII, Graz 1980, p.136.

[41] Dattiloscritto dell’allocuzione per l’apertura dell’esposizione Kandinskij a Dessau nel 1926, citato in V. Kandinskij, a cura di C.Derouet e J.Boissel, p.138.

[42] V. Kandinskij, Dello spirituale nell’arte, in V. Kandinskij, Tutti gli scritti, op.cit., vol.II, p.95.

[43] V. Kandinskij, Dello spirituale nell’arte, V. Kandinskij, Tutti gli scritti, op.cit., vol.II, p.96.

[44] Si veda anche J.Hahl-Hoch, Kandinskij e Schönberg. Documentazione di una amicizia artistica, in A.Schönberg-V. Kandinskij, Musica e pittura. Lettere, testi, documenti, op.cit., 155.

[45] V. Kandinskij, Prgramma Instituta Chudozestvennoj Kul’turi (InChuk), Moskva 1920. Il testo fu pubblicato nella raccolta Izobrazitel’noeniskusstvo zu 15 let, Moskva 1932. Ed.italiana, Piano schematico di studi e di lavoro per l’Istituto di Cultura Artistica; in V. Kandinskij. Tutti gli scritti, op.cit., vol. II, p.232.

[46] V. Kandinskij, Piano schematico di studi e di lavoro per l’Istituto di Cultura Artistica; in V. Kandinskij. Tutti gli scritti, op.cit., vol. II, p.235.

[47] V. Kandinskij, Dal testo di una conferenza all’ Accademia Russa delle Scienze Artistiche, Moskva 1921, citato, in V. Kandinskij, a cura di C.Derouet e J.Bessel, Paris 1985, p.158.

[48] V. Kandinskij, Piano schematico di studi e di lavoro per l’Istituto di Cultura Artistica; in V. Kandinskij. Tutti gli scritti, op.cit., vol. II, p.232.

[49] V. Kandinskij, Piano schematico di studi e di lavoro per l’Istituto di Cultura Artistica; in V. Kandinskij. Tutti gli scritti, op.cit., vol. II, p.234.

[50] V. Kandinskij, Piano schematico di studi e di lavoro per l’Istituto di Cultura Artistica; in V. Kandinskij. Tutti gli scritti, op.cit., vol. II, p.232.

[51] J.Boissel, Questo tipo di cose ha il suo destino. Kandinskij e il teatro sperimentale, in Kandinskij, op.cit., p.205.

[52] J. Boissel, Questo tipo di cose ha il suo destino, op.cit., p.205.

[53] V. Kandinskij, Piano schematico di studi e di lavoro per l’Istituto di Cultura Artistica; in V. Kandinskij. Tutti gli scritti, op.cit., vol. II, p.232.

[54] V. Kandinskij, O velikoj Utopii, in «Chudozestvennaja zizn’», III 1919-20. Ed. italiana in V. Kandinskij. Testo d’autore e altri scritti russi. 1902-1922, op.cit., p.158.

[55] V. Kandinskij, La valeur d’une oeuvre concrète, in «XXe Siècle», V-VI 1938; I-II 1939. Ed. italiana, Il valore di un’opera concreta, in V. Kandinskij. Tutti gli scritti, op.cit., vol. I, p.203.

[56] L. Veronesi, Proposta per una ricerca sui rapporti fra suono e colore, Milano 1977.

[57] L.Hirschfeld-Mack, Erlauterung zu den Farbenspielen, Weimar 1925, cit. in Vom Klang der Bilder, a cura di K.V. Maur, München 1985, p.216.

[58] V. Kandinskij, Ecrits complets, a cura di P.Sers, Paris 1975, vol.III, p.199.

[59] V. Kandinskij, In I Dieci, vol.I, Amsterdam 1927. Ed. italiana, Alcune nozioni sull’arte sintetica, in V. Kandinskij. Tutti gli scritti, op.cit., vol.II, p. 278.

[60] V. Kandinskij, Modest Musorgskij: Bilder aus einer Austellung, in «Kunstblatt», XVI 8, 1930. Ed.italiana Modest Musorgkskij: Quadri di una esposizione, in V. Kandinskij. Scritti intorno alla musica, op.cit., pp.61-63.

Note Bibliografiche

Sono disponibili in lingua italiana i seguenti scritti di Kandinskij, riguardanti il suo rapporto con la musica:

V. Kandinskij, Über das Geistige in der Kunst. München 1912. Ed. italiana Dello spirituale dell’arte. De Donato. Bari 1968.

V. Kandinskij, Punkt und Linie zu Fläche. München 1926. Ed.it. Punto, linea, superficie. Adelphi, Milano 1968.

V. Kandinskij, Tutti gli scritti, a cura di Philipp Sers, III vol. Feltrinelli. Milano 1974.

V. Kandinskij, Testo d’autore e altri scritti russi. 1902-1922, a cura di G. de Michelis. Bari 1975. Vi sono raccolti, tradotti in italiano, gli scritti di Kandinskij in lingua russa, molti dei quali rappresentano una nuova versione di testi originali già pubblicati da Kandinskij in lingua tedesca.

V. Kandinskij, Scritti intorno alla musica, a cura di Nilo Pucci. Discanto. Fiesole 1979. Vi sono raccolti in modo organico molti dei più importanti scritti di Kandinskij su argomenti riguardanti la musica, tratti per buona parte dalle edizioni precedenti.

 

Altri testi in lingua italiana su Kandinskij e la musica:

Der blaue Reiter a cura di V. Kandinskij - F. Marc, München 1912. Ed.it. Il cavaliere azzurro. De Donato. Bari 1967.

L’antologia comprende scritti, oltre che di V. Kandinskij e di F.Marc, di R.Allard, D.Burliuk, E.V. Busse, T.V. Hartmann, N.Kul’bin, M.Kuzmin, A.Macke, F.Marc, L.Sabaneev, A.Schönberg.

A. Schönberg -V. Kandinskij. Briefe, Bilder und Dokumente einer aussergewöhnlichen Begegnung, a cura di J. Hahl-Koch, Residenz, Salzburg 1980. Ed. italiana, Musica e pittura. Lettere, testi, documenti.. Einaudi. Torino 1988.

È una fondamentale raccolta nella quale, oltre alla corrispondenza epistolare fra Kandinskij e Schönberg, vengono riportati alcuni importanti testi di Kandinskij , fra i quali I quadri di Schönberg e Commento al Manuale di armonia di Schönberg. Segue un esaustivo saggio di J.Hahl-Koch. Kandinskij e Schönberg. Documentazione di un’amicizia artistica.

L. Verdi, Kandinskij e Skrjabin. Realtà e utopia nella Russia pre-rivoluzionaria. Akademos. Lucca 1996.

Nello scritto vengono messe compiutamente in luce, attraverso una ricca e inedita documentazione, le fondamentali analogie fra le esperienze artistiche di Skrjabin e Kandinskij.

 

Monografie a carattere generale:

M. Bill, Vasilij Kandinskij. Paris 1951.

J. Eichner, Kandinsky und Gabriele Münter: vom Urpsrungenmoderner Kunst. München 1957.

W. Grohmann, Vassily Kandinskij: Life and Work. New York 1958.

K. Brion, Kandinskij. London 1961.

P. Overy, Kandinskij: The Language of the Eye. New York 1969.

H. K. Roethel, Kandinskij: das Graphische Werk. Köln 1970.

J. P. Bouillon, Notes a V. Kandinskij, Regards sur le passé.. Paris 1974.

V. Kandinskij, Kandinskij und ich, München 1976.

P. Weiss, Kandinsky in Munich: The Formative Jugendstyl Years. Princeton.1979.

R. C. Washton Long, Kandinsky: The Development of an Abstract Style. Oxford 1980.

H. K. Roethel-J.K.Benjamin, Vassilij Kandinskij 1900-1915. London 1983.

K. Lankheit,W.Kandinskij-F.Marc, Briefwechsel. München 1983.

C. V. Poling, Kandinskij, Russian and Bauhaus Years 1915-1933, Solomon R.Guggenheim Museum, New York 1983.

C. Derouet-J.Boissel, Kandinskij. «Collections du Musée National d’Art Moderne». Parigi 1985.

P. Volboult, Kandinskij. Milano 1986.

H. Duechting, Wassily Kandinsky. Köln 1990.

 

Articoli e saggi su Kandinskij e la musica:

H. Schmolzi, Hartmann-Musorgskij-Kandinskij-Ravel, in «Neue Musikzeitschrift», V1963, pp. 378-381.

S. Ringbom. The sounding Cosmos: a Study in the Spiritualismof Kandinsky and the Genesis of Abstract Painting. Abo (Finland)1970.

D. E. Gordon, Kandinsky’s Yellow Sound: Hidden Images of Russian Spirituality. New York 1973.

J. Ashmore, Sound in Kandinskij’s Painting, in «The Journal of aesthetics and Art Criticism». XXXV 1977, pp.330-336.

J. Fineberg, Les Tendences Nouvelles and Kandinskij, in «Art History». II 1979, pp.221-246.

P. Vergo, Music and Abstract Painting: Kandinsky, Goethe and Schönberg, in Towards a New art. Essay on the Background to Abstract Art 1910-1920. London 1980.

J. E. Bowlt - R.C Washton Long R. The Life of Vassilij Kandinskij, in Russian Art: a study of On the Spiritual in Art. Newtonville (Massachussets) 1980.

F. C. Weiland, Der gelbe Klang, in «Interface», X 1981, pp.1-13.

N. Misler, Per una liturgia dei sensi. Il concetto di sinestesia da Kandinskij a Florenskij, in «Rassegna Sovietica». II 1986, pp.37-44.

G. P. Minardi, Il cavaliere azzurro e la scuola di Vienna. Quaderni del Teatro Regio, XXII. Parma 1989. pp.183-214.

D. Pècaud, Essai: Le temps d’un espace/Scriabine/Kandinsky, in «Musique en jeu», XXVI 1977. pp.109-111.

S. O. Chanmagomedov, L’INCHUK di Mosca nel 1929-21, in «Rassegna Musicale». III 1979 pag. 112-120.

P.Truman, Synaesthesie and ’Die glückliche Hand’, in «Interface». XII 1983 pag.481-503.

J.C.Crawford, Die Glückliche Hand; Schönberg’s Gesamtkunstwerk, in «The Musical Quarterly». LX 1974, pp583-601.
 

indietro