In un saggio
intitolato Psicoanalisi,
antropoanalisi, estetica Renato
Barilli riteneva che la psicoanalisi, per "liberarsi da una
vecchia mentalità ancora positivistica e
naturalista-determinista " e per rigettare ogni pretesa di
"spiegazione" e ogni "atteggiamento
naturalistico-funzionale-genetico, dovesse chiedere aiuto al
pensiero di Husserl, Bergson, Dilthey, Heidegger e Biswanger, in
modo da approdare a un "atteggiamento
antropologico-modale-ontico" [ossia che considera l’ente nella
sua determinazione empirica e fattuale]; citando Barilli,
Alessandro Pagnini, in un saggio intitolato
La psicoanalisi e i fantasmi del
naturalismo, ribadiva che
questa disciplina, "dopo aver espunto una volta per tutte ogni
ipostatizzazione di forze, cause e categorie psichiche", dovesse
finalmente volgersi alla ricerca del
senso.
Seguendo queste indicazioni, ho voluto intitolare la mia
relazione Il senso musicale
degli affetti, poiché ho
cercato innanzitutto di individuare i modi e le procedure
tramite cui gli affetti possono subire un processo di
ipostatizzazione e di falsificazione: in secondo luogo ho
tentato di capire come ciò sia connesso al processo che snatura
la realtà della musica, ossia come la musica possa essere
ridotta a cosa, a oggetto e persino a merce, infine ho provato a
intravedere la relazione esistente tra il modo in cui gli
affetti si articolano nel tempo, il senso per l’appunto, e la
maniera in cui essi vengono trattati e inseriti nel contesto
musicale.
Vi sono molti campi in cui
si possono verificare fenomeni di adulterazione, travisamento,
irrigidimento in forme stereotipe degli affetti: in psicologia,
psichiatria, pedagogia, antropologia, e nello studio dei
comportamenti individuali e delle relazioni intersoggettive.
Utili suggerimenti ci possono provenire però da due campi forse
atipici e apparentemente diversi, ossia dalla psicoanalisi e
dalla cultura di massa. Analizzando l’etiologia dell’isteria,
Freud individua il formarsi della patologia nevrotica in un
"blocco affettivo" - che interrompe e lascia incompleta la
reazione a un trauma psichico pregresso, risalente anche alla
prima infanzia. Conseguentemente, per svuotare l’esperienza
traumatica del suo contenuto affettivo e innescare così una
rimozione, si fa ricorso alla tecnica che Freud chiama
dell’isolamento, tramite la quale il nevrotico interrompe
forzatamente la connessione associativa del pensiero, ossia ciò
che gli consentirebbe di giungere alla piena coscienza della
relazione esistente tra il trauma e i sintomi patogeni e con ciò
togliere l’ostacolo sulla strada della diagnosi e della cura.
Ma vi è un altro campo in
cui l’alterazione affettiva ed emotiva è una prassi consueta e
consolidata: ed è la comunicazione mediatica, in particolare
televisiva. Il modo in cui gli affetti vengono trattati e
alterati dai mass-media costituisce un modello iconico e
drammaturgico particolarmente interessante di sfruttamento degli
affetti e di influenza sulla soggettività. Si pensi a come certi
spot pubblicitari pratichino quella che Vance Packard, nel suo
celebre saggio sulla persuasione occulta, ha chiamato
"speculazione sull’affetto", ossia il far leva sui "bisogni
segreti" del pubblico, tra cui Packard indical’esigenza di
"sicurezza emotiva", di potenza, di tranquillità e di ritorno
all’infanzia, sempre allo scopo di produrre quella "regia del
consenso" su cui si fonda la manipolazione delle coscienze.
Non potendo qui che
accennare a questa tematica mi limito solo a riassumere in modo
schematico le varie forme e modalità in cui l’alterazione, la
sofisticazione e la manipolazione degli affetti possono attuarsi
in vari campi e proponendo alcune rispettive esemplificazioni;
tra le tante possibili, ho individuato le seguenti forme:
interruzione, anticipazione, sostituzione, isolamento,
intromissione.
L’interruzione:
come abbiamo visto nel caso dell’isteria, è il modo della
sospensione o dell’inibizione del naturale decorso emotivo di un
affetto. Tipico esempio è l’interruzione pubblicitaria durante
la fruizione di un film che, come è stato denunciato anni fa in
una vigorosa - ma fallimentare - battaglia culturale e civile,
corrisponde - come si diceva allora - all’interruzione di un
sogno e di un’emozione.
L’anticipazione:
avviene quando le naturali e spontanee conseguenze
dell’espressione di un affetto vengono forzatamente anticipate,
come ad esempio nel caso dei genitori che anticipano artatamente
la reazione di gioia dei bambini nel ricevere un regalo o come
nel caso del comico che ride delle sue battute o della claque
che anticipa l’applauso. O qualora un regista cinematografico,
per rendere una scena commuovente, inquadra in primo piano il
viso in lacrime di un personaggio.
La sostituzione: un
elemento estraneo o un affetto eterogeneo si inserisce
indebitamente nel decorso emotivo di un affetto, che è rivolto
verso il suo naturale oggetto di riferimento o di adempimento.
Lo riscontriamo in molti spot pubblicitari, allorché si innesca
una dinamica affettiva e, improvvisamente, al naturale sbocco di
questa tensione nell’oggetto, si immette inopinatamente la merce
e il prodotto, pronto a caricare su di sé tutta l’energia
emotiva sprigionatasi. Si pensi a un recente spot di una famosa
birra la quale con la sua sola presenza silenziosa e sorniona
riesce a mediare e risolvere i conflitti famigliari. Ma si pensi
anche al caso di un popolare partito politico che è giunto ad
appropriarsi della passione sportiva degli italiani per
incanalarla, attraverso il sapiente uso di immagini, simboli e
slogan, verso obiettivi differenti ed eterogenei rispetto alla
originaria destinazione di quella passione.
L’isolamento:
avviene quando, di un determinato processo affettivo si
individua e si isola un elemento parziale o secondario,
reificandolo e mettendolo in eccessiva evidenza in rapporto al
suo ruolo contestuale. Per esempio, quando in molte trasmissioni
televisive - oltre che nella pubblicità - l’attenzione dello
spettatore viene indirizzata, attraverso opportune inquadrature,
verso le zone più erotiche delle soubrettes e delle ballerine,
oltre che oggettivare il corpo femminile, si viola la libertà
dello spettatore di fruire spontaneamente delle componenti
estetiche della danza e lo si costringe a diventare un perverso
voyeur.
L’intromissione:
si tratta dell’immissione forzosa di contenuti affettivi
eterogenei all’interno del tessuto affettivo innescatosi in un
determinato contesto drammatico. Qui, a differenza dei
precedenti, traiamo l’esempio dall’opera lirica, precisamente
dall’ultimo atto della Bohème,
quando Colline intona la celebre aria
Vecchia zimarra:
in un drammaticissimo momento, in cui gli affetti dei personaggi
si concentrano sulla salute di Mimì morente e tutti si prodigano
a cercare affannosamente il denaro per curarla, dopo che Musetta
non ha esitato ad alienarsi dei suoi orecchini, Puccini consente
al filosofo del gruppo di cantare ("con commozione crescente",
come recita la didascalia del libretto) un’ode… al suo vecchio
cappotto. Ossia di proclamare ad alta voce (a differenza di
Musetta che dice "sottovoce" a Marcello di far comprare delle
medicine col ricavato della vendita dei gioielli) la bontà del
suo gesto altruistico e nel contempo di soffermarsi
feticisticamente su un oggetto piccolo borghese, e persino di
rifletterci ideologicamente; mentre la dinamica degli affetti
richiederebbe solo la sollecitudine di procurare in fretta le
medicine per la poveretta che nel frattempo sta tirando le
cuoia.
Di tutte queste diverse
forme di falsificazione degli affetti, gli elementi comuni che
possiamo riscontrare sono: 1) l’intervento forzoso dall’esterno,
che turba il normale decorso della temporalità di un evento
affettivo; 2) l’immissione di una più o meno netta soluzione di
continuità, di uno o più elementi discreti all’interno del
concreto svolgersi del decorso affettivo.
I modi in cui si manipola
e si stravolge il mondo degli affetti - nella cultura come in
psicologia - ha un corrispettivo nel modo in cui la musica
articola il suo materiale e struttura la sua forma. Infatti
anche in musica un minimo intervento dall’esterno turba la sua
realtà in modo molto più marcato ed evidente rispetto a un
intervento, di intensità pur superiore, che però sia intrinseco
al materiale. In tal modo la consequenzialità delle sue
componenti viene compromessa da fattori impropri e inadeguati,
siano essi eccessivi o difettivi.
Adorno ha colto
pienamente questo aspetto nel momento in cui ha individuato
certe forzature espressive della musica wagneriana: analizzando
per esempio il canto popolare dei calzolai dei
Maestri Cantori di Norimberga,
egli rileva che Wagner introduce dall’esterno l’espressione
della tenerezza e della dolcezza, cioè in virtù sia di una
determinata armonizzazione e modulazione, sia di un’eccessiva
tensione delle componenti sonore, che risultano eterogenee
rispetto al "fenomeno musicale in sé"; tutto ciò per Adorno
produce una fittizia consapevolezza di quei sentimenti, quindi
un autocompiacimento, ossia non l’ingenuità ma la riflessione
sull’ingenuità, non l’espressione sincera ma la riflessione
sull’espressione, che per ciò stesso annulla il suo proprio
contenuto e falsa la natura del sentimento.
Un altro esempio di
denuncia di adulterazione nonché di inefficacia sentimentale
della musica la rivolge Vladimir
Jankélévitch all’Elettra
di Richard Strauss, definendola letteralmente un’opera isterica,
piena di urla e litigi, che alla fin fine non si rivelano altro
che una generale "dimostrazione di impotenza", proprio quando la
musica intendeva essere espressivamente potente. Si attuerebbe
quindi in quest’opera una sorta di intensificazione forzosa e
compiaciuta degli affetti (o quella che Freud, nella
sintomatologia dell’isteria, chiamerebbe
Erregungssumme,
somma di eccitamento), tale che non solo ne farebbe perdere
l’efficacia emotiva, ma anzi produrrebbe l’effetto contrario.
La musica di consumo poi
abbonda di forzature affettive ancor più evidenti: un esempio
tra i mille che si potrebbero proporre è un brano dell’inizio
degli anni ’80 di tale Richard Clayderman, il quale sfruttava il
timbro pianistico dell’intervallo di sesta nel registro medio,
meccanicamente ripetuto e ribattuto in diversi toni, per
ipostatizzare l’effetto sentimentalistico (di falsa e millantata
importazione chopiniana) che così si viene a produrre.
Tutte queste forme e
questi modi di ipostatizzazione affettiva si verificano allorché
viene alterata la temporalità, ossia lo svolgimento naturale e
fluido, di un affetto nel tempo; il quale, per essere libero e
spontaneo, ha bisogno di articolarsi e di espandersi in modi non
coercitivi, e di rivolgersi al suo oggetto senza intromissioni o
deviazioni. Le sue eventuali pause, fratture e intermittenze,
riguardano lo svolgimento globale dell’affetto stesso e non
devono essere imposte dall’esterno. Come sottolinea
Jankélévitch nella sua
appassionata fenomenologia dell’amore, questo sentimento per
effondersi ha bisogno anche e soprattutto di intermittenze e di
resistenze, di lontananze e di impedimenti, di quegli ostacoli
che si frappongono; ma - alla luce del senso globale
dell’intenzione amorosa (che per
Jankélévitch è un
impetus
e ha le caratteristiche dello slancio bergsoniano) - gli
ostacoli si capovolgono in organi, i "malgrado" diventano dei
"poiché" e dei "grazie a", la negazione si pone al servizio
della posizione, e questo ibrido "costituisce la vibrazione
fondamentale dell’esistenza morale".
Anche la musica,
nell’articolare le sue componenti espressive e affettive, ha
bisogno di tempo, ha bisogno di preparare con dovuta pazienza e
senso del pudore anche l’effusione sentimentale più smaccata,
anche l’esplosione emotiva più dirompente, onde evitare il
rischio di disperderne la portata drammatica.
Si pensi per esempio
al tema centrale, fortemente passionale ed emotivamente
caratterizzato, della Ballata n. 1 in Sol minore di Chopin (il
II tema). Ascoltandolo nel suo isolamento, indipendentemente da
come viene preparato e da ciò che consegue, esso appare quasi
triviale o eccessivamente caricato, in ogni caso all’ascolto
risulta diversamente connotato dal punto di vista affettivo
rispetto al modo in cui Chopin lo contestualizza. (Esempio
midi 1)
Lo si ascolti invece anche solo in immediata successione
all’episodio antecedente, caratterizzato da fratture e
indecisioni agogiche, con
quell’ossessiva e lancinante fissazione sull’accordo di settima
diminuita su pedale di dominante che ne prepara l’esplosione: in
tal modo apparirà in tutt’altra luce, sicuramente più tragica e
disperata. (Esempio
midi 2) E
ancor di più, ovviamente, se lo si ascoltasse nel suo naturale
contesto, ossia nel rapportarsi dialettico sia al primo tema,
che è di tutt’altro carattere, sia alla sua prima apparizione,
dove è solo accennato, come proveniente da una lontananza
remota, e stenta ad imporsi per poi distendersi a poco a poco,
timidamente e pudicamente, nella sua piena melodicità. (Esempio
midi. 3)
Per concludere: nella
forma e nella struttura musicale, quindi, gli affetti non
vengono semplicemente trasposti o peggio imitati: degli affetti
la musica riporta non l’esteriorità banale, la loro realtà
oggettivata o il loro essere puro sfogo sentimentalistico, bensì
la loro intrinseca dinamica, ossia ciò che nella vita morale li
rende sinceri e autentici, e non delle pure manifestazioni di
compiacimento. E parimenti, l’efficacia delle componenti
tematiche e strutturali della musica, è in funzione del modo in
cui queste vengono organizzate nel decorso temporale, del modo
in cui vengono preparate, in cui vengono risolte e soprattutto
del giusto momento in cui devono essere esposte nella loro
pienezza, che è un momento la cui necessità può scaturire solo
dalle potenzialità del materiale. Si può quindi dire che se da
un lato l’arte musicale è legata imprescindibilmente e si
arricchisce dei contenuti della vita affettiva, dall’altro
quest’ultima trova nella musica le modalità più proprie della
sua autentica esplicitazione, poiché rileva nel proprio
svolgersi e nella propria dinamica un senso e una natura che
sono profondamente temporali e musicali.
Carlo
Migliaccio (Milano, 13-03-2002)
Intervento proposto al convegno "Musica e affettività"