testata Uomo Nero 9Materiali per una storia delle arti della modernità

anno IX, n. 9 – dicembre 2012
Anonimo Lombardo

Storie di fotografia



Editoriale


di Antonello  Negri
e Giorgio Zanchetti










Pierrot fotografo
L’ormai prossimo decennale dell’“Uomo nero” si festeggia con un allargamento del comitato scientifico – dando il benvenuto a studiosi come Zeno Birolli e Jeffrey Schnapp – e un adeguamento della rivista al sistema della revisione a “doppio cieco” per l’accettazione degli articoli proposti, a garanzia ulteriore di una qualità che abbiamo ragione di credere sia sempre stata alta, nonostante la giovane età di tanti degli autori che negli anni passati hanno contribuito agli otto numeri sin qui usciti: spesso laureati, specializzati e dottorati di quel Dipartimento di Storia delle arti, della musica e dello spettacolo – adesso diventato di Beni culturali e ambientali – che in questa rivista hanno pubblicato i loro articoli accanto a illustri studiosi italiani e internazionali.
In sintonia con uno dei fili conduttori della rivista – il tema della riproducibilità meccanica delle immagini nell’età contemporanea, dell’industrializzazione delle visual arts e della “migrazione” delle “figure” nei molteplici ambiti dell’invenzione artistica e della comunicazione – si è scelto a emblema di questo numero un Pierrot fotografo fotografato, insieme al fratello Adrien Tournachon, da una figura centrale della modernità artistica quale fu Nadar. La fotografia venne premiata in un’occasione a sua volta centrale per la storia delle arti della modernità come l’Esposizione internazionale di Parigi del 1855, dove al trionfo della fotografia si combinava – con l’organizzazione “esterna” del Pavillon du Réalisme da parte di Courbet – la prima significativa forma di “secessione” artistica, determinante per quel meccanismo di confronto tra ricerca, sperimentazione e “avanguardia”, da un lato, e normalità artistica dall’altro, che avrebbe segnato tanti sviluppi successivi. Si può altresì ricordare – per la cronaca, ma forse anche a testimonianza di un piccolo caso di migrazione d’immagini – come il Pierrot fotografato dai fratelli Tournachon sia Charles Deburau, figlio del grande mimo Jean-Gaspard detto “Baptiste”, poi diventato, in una magica interpretazione di Jean-Louis Barrault, protagonista del leggendario film di Marcel Carnè Les enfants du paradis, 1945.
Alla fotografia è dunque interamente dedicato questo numero, rinunciando, per l’abbondanza dei materiali, alla consueta sezione Fuoritema. Vi si trovano pubblicati gli interventi tenuti tra l’ottobre del 2007 e il marzo del 2010 nell’ambito dei primi tre cicli d’incontri Storie di fotografia, al Castello Sforzesco di Milano. Gli incontri, organizzati dall’ormai ex-Dipartimento di Storia delle arti della Statale in collaborazione con il Civico Archivio Fotografico del Comune di Milano, sono stati un’occasione, crediamo, importante tanto per le testimonianze e il confronto tra gli autori, quanto per il coinvolgimento, su di uno stesso piano, di moltissimi studenti, anche dei primi anni di corso, e di un sempre folto e interessato pubblico di cittadini.
Introducendo, sul primo numero dell’“Uomo nero”, altri consimili atti di una serie d’incontri su Lucio Fontana, sottolineavamo già il valore educativo e civile di questa apertura seminariale dell’Università alla città e, a distanza di quasi dieci anni, siamo felici di poterlo ribadire su queste stesse pagine.
Sulla cattedra del Castello si sono avvicendati colleghi e studiosi di chiara fama italiani e stranieri (Marina Miraglia, Hélène Pinet, Paola Mola, Giovanna Ginex, Ulrich Pohlmann, Herbert Molderings, Luciano Caramel, Elio Grazioli, Antonello Frongia, Olivier Lugon, Pierangelo Cavanna), ma anche noti fotografi e artisti (Gianni Berengo Gardin, Carla Cerati, Cesare Colombo, Nino Migliori, Antonia Mulas, Roman Opalka, Franco Vaccari, Mario Cresci, Gabriele Basilico, Guido Guidi, Anna Valeria Borsari, Marina Ballo Charmet, Silvio Wolf) che hanno rappresentato e rappresentano il divenire della fotografia, in dialogo con le altre arti, nel corso degli ultimi decenni.
A tutti loro, per l’adesione a questo progetto e per le energie riversate nella predisposizione e nella revisione dei testi e del ricco apparato delle illustrazioni, va il più sentito ringraziamento dell’“Uomo nero”.
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