Guido Salvetti

Musiche nelle contrade
Annotazioni sul Gassenhauer in area viennese


Questo testo è stato pubblicato in Danubio: una civiltà musicale, a cura di C. Incontrera e B. Schneider, Monfalcone 1994, pp. 261-277.

 

 

Chi non si occupa di musica popolare sorvola facilmente su un particolare curioso dell'Epistolario di Brahms. Siamo nel 1894; circolano ormai numerose raccolte di canti popolari tedeschi, trascritti con cura filologica da Böhme[1]. Ebbene, in due successive lettere il Brahms garbato e riservatissimo, che conosciamo, si lascia andare agli insulti: il lavoro di Böhme e del suo predecessore Erk, di "tutta questa genia di gestori del canto popolare"[2], è lavoro di "filistei"[3], poiché vi viene ostentata una parvenza formale di autenticità, mentre la sostanza è stata alterata al punto da rendere "impossibile la benché minima comprensione /.../ del Volkslied"[4]. Brahms contrappone a quel tipo di scienza filologica, in cui tutto viene raccolto e obiettivamente catalogato senza alcun criterio di selezione che riguardi il "valore estetico", il proprio modo di selezionare i canti e di salvaguardarne la singolarità del gesto e dello stato d'animo mediante gli accorgimenti dell'accompagnamento pianistico nelle sue valenze armoniche, ritmiche e figurali. Ed invece "la Scienza", che aveva voluto stampare "ogni scartoffia con cui un Grande aveva reso omaggio al proprio sedere", voleva ora stampare "tutto lo sterco dei vicoli"[5].

Dalla rabbia di Brahms sarebbe dovuto scaturire, secondo una sua prima intenzione, un autentico 'pamphlet'; ma alla fine, forse ricordando le goffaggini in cui era caduto quarant'anni prima apponendo la propria firma al Manifesto contro i Nuovi Tedeschi, credette cosa migliore affidare le sue ragioni all'esempio pratico, pubblicando l'ultima sua grande raccolta di Vo!kslieder con accompagnamento pianistico[6].

La polemica, per quanto autoinibita, è di quelle altamente illuminanti: Brahms era forse l'ultimo grande sopravvissuto di una concezione mitica del popolare che aveva preso le mosse dalle Stimmen der Völker di Herder, e che aveva alimentato tutto il romanticismo letterario e musicale attraverso i lavori tutt'altro che filologici di Arnim e Brentano (Des Knaben Wunderhorn) e, per la musica, di Zuccalmaglio. Brahms, che aveva suonato fin da ragazzo, con il padre, nelle bettole di Amburgo, non aveva mai pensato che 'quella' fosse la cultura e la musica popolari. Nel compilare la sua prima raccolta di canti popolari per i figli di Robert e Clara Schumann (l858) [7] aveva fatto una scelta di campo totalmente dominata dall'aura idealizzante della cerchia di Schumann.

Ma a fine secolo, con la marea montante dello scientismo oggettivo e filologico, Brahms era praticamente solo, almeno in Germania. Ed allora, nell'esprimere il proprio disprezzo nei confronti di aspetti popolari ch'egli consìderava degeneri, usò due termini: "Gassenhauer" e "Pöbellied". Il secondo, nel qualificare come 'plebei' quei canti, intendeva discriminare nettamente tra l'idealismo del 'mito del popolare' e un realismo vissuto come sgradevole e deforme; il primo, "Gassenhauer", è invece carico di ombre, soprattutto per il lettore italiano. Ma, anziché sorvolare, per una volta almeno sia lecito invitare l'appassionato brahmsiano a verificare quali e quanti riferimenti a realtà conosciute, e fors'anche rimosse, nascono dall'uso di quel termine.

"Gassenhauer". Etimologia non precisa né sicura: "Gassen-" è riferito alla strada; "-hauer" è per alcuni legato al picchiare, al battere; per altri, come estensione becera dell'area semantica di 'battere', 'percorrere'. Riferito a chi "percorre le strade suonando e/o cantando", quindi; ed anche alle musiche che 'vanno per le strade' tanto esse sono sulla bocca di tutti. Ed è forse in questa seconda accezione che fin dal '500 il termine appare, con intenti tutt'altro che denigratori, addirittura in frontespizi di musiche a stampa, in cui grandi polifonisti come Senfl, Isaac o Josquin des Près proponevano elaborazioni polifoniche di canti che noi oggi non possiamo certo sapere quanto fossero allora "da tutti conosciuti e cantati"; canti, questi "Gasserhawerli", forse contrapposti agli altri indicati dal titolo: canti aristocratici, di cavalieri ("Reutterliedli"). Ma sulla circolazione delle stesse melodie popolari nelle varie raccolte polifoniche è pur possibile il raffronto con altre edizioni, come quella del Fornschneider, Trium Vocum Carmina, del 1538, o quella del Finck, del 1536. E' stato fatto un raffronto[8], ad esempio, sui vari modi con cui una melodia usata da Heinrich Isaac, Mein Mütterlein, viene variamente trattata nelle diverse raccolte:

Queste e altre melodie popolari individuate presso Isaac (Es hat ein Baur ein Töchterlein; Wann ich des morgens) vengono riferite - per ragioni documentarie - all'area viennese; e gli esperti considerano le note ribattute iniziali come una specificità stilistica viennese.

Anche nel caso più edulcorato, questo uso del termine "Gassenhauer" ci invita a tener conto di una 'popolarità' i cui termini sono tutti da ricostruire. O meglio, erano tutti da ricostruire dopo la grande mitizzazione romantica, selettiva ed estetizzante: le raccolte scientificamente condotte da Erk e da Böhme sarebbero state naturalmente lettera morta se altri, durante e dopo (ed anzi, per lo più molto recentemente), non fosse riuscito a far luce sull'identità dei musicisti popolari, sui modi della loro pratica, sulla loro funzione sociale.

In omaggio al Danubio a cui queste pagine sono dedicate, è particolarmente utile, nel riferire di ciò, una delimitazione all'area viennese, con gli apporti che, in questo ambito, le arrivarono copiosi dall'Oberösterreich (dai rilievi montani verso Steyr e Linz, e da questi a Vienna, lungo il Danubio), così come dal Niederösterreich, la piana oltre il Danubio. Intorno a questo tratto del Danubio si può forse individuare il nucleo più definito di elementi autoctoni 'meridionali' rispetto alla grande area tedesca, e 'tedeschi' nei confronti delle varie tradizioni boeme, morave, ungheresi; se non persino polacche, italiane e slave meridionali, secondo il quadro articolatissimo che tra gli altri Eduard Hanslick ne proponeva nel 1850 in un ampio articolo sui Volkslieder aus Osterreich, dove per altro sì schierava - tanti anni prima di conoscere Brahms a Vienna - per una concezione del tutto mitica di un popolo depositario primo della bellezza[9].

Contrariamente all'abbondanza delle testimonianze acculturate (i Carmina su citati; il Wiener Liederbuch mit Noten con canti di Isaac e di Senfl) [10] nelle raccolte di Erk e Böhme le melodie riferite all'area viennese non sono particolarmente numerose. Possiamo però citare una Ringeltanz, una danza in cerchio dove appare l'annotazione: "qui i bambini hanno le braccia alzate, come per gioia"; Böhme propone la datazione "intorno al 1550": [11].

Sempre riferite al XVI secolo appaiono in Böhme [12] due danze ternarie, dell'area viennese:

Ma poi, per trovare in Erk e Böhme altre testimonianze musicali di canti e danze dell'area viennese, si passa alla fine del 1700, se non oltre. E' il caso della famosissima melodia Der liebe Augustin, che si riferisce al famoso suonatore di strada morto a Vienna nel 1678:

C'è anche una melodia di danza dell'Oberösterreich Vogel, flieg weiter!:

Come si può vedere, da queste sparse fonti musicali non si può ricostruire molto del vivace tessuto sociale a cui la musica, secondo testimonianze raccolte in altre direzioni, diede apporti costanti[13].

Secondo il Fürstenbuch del cronista Jans Enenkel (morto nel 1250) risale ai tempi dei duchi di Babenberg (e quindi alla fine del XII sec.) l'usanza che fosse lo stesso duca ad aprire la danza contadina, nel Wienerwald, intorno alla prima violetta. Di simile danza esiste documentazione icono-grafica diffusa, tra cui una xilografia che mostra i contadini intorno ad un palo su cui è stato posto il ceppo della prima violetta, mentre due Schalmein (piffari) sono in atto di suonare[14].

Del Minnesänger Neidhart von Reuental ci rimangono le strofette per i canti e i balli intorno all'"albero del Maggio", o intorno al tiglio: il cronista ci dice anche che il suo successo, di fronte al quale il più vecchio Walther von Vogelweide sdegnosamente si ritrasse, derivò proprio da questa sua attenzione al canto e alla danza popolari. A lui si deve una preziosa testimonianza della musica nelle taverne, d'inverno. Wintertanz in der Bauernstube (Danza invernale nella taverna dei contadini) risale al 1220: tutti al caldo, mentre fuori soffia il vento; belle ragazze; dolci danze al suono di due violini[15]. Neidhart ci dà anche particolari sulla danza, ch'egli chiama "rayen" (Reihen, Reigen), e che è danza sia di corte che popolare: all'aperto veniva saltata, al chiuso 'passeggiata'; la danza veniva sempre anche cantata; intonare il canto e avviare le danze imbracciando il violino era un compito ambitissimo.

Le testimonianze di canto e danza popolari si diradano per due-tre secoli: ma la fioritura del Cinquecento, con le raccolte polifoniche e addirittura le edizioni a stampa, poggia evidentemente su un patrimonio vasto, anche se per noi così oscuro. Nel Cinquecento, a proposito del dualismo tra danza 'saltata' e danza 'passeggiata', che è comune - per quel che ne so - a tutte le culture, è singolare che, in fonti viennesi (come in fonti tedesche) si trovi il termine "Gassenhauer" per indicare la seconda parte, 'saltata, delle danze bipartite, come sinonimo di "Springtanz", di "Huptanz"., o, come suggerisce il Böhme, dell'italiano Saltarello[16].

Di incerta collocazione storica e geografica sono molte delle fonti musicali raccolte da Böhme: ma le tipologie sembrano progressivamente differenziarsi e definirsi in un periodo che va dal XVI al XVIII secolo: canti studenteschi (motteggi e caricature)[17], canti di montagna (che l'Oberösterreich condivide con la Baviera)[18], canti di caccia, canti di Natale, richiami del Postiglione[19], canto della guardia notturna[20], ecc.

Di tutti questi canti, quello che viene talvolta indicato come "Gassenhauer" è il canto studentesco 'della sbornia', il "Sauflied", chiamato anche "Runda", come ci testimonia anche Goethe, nella scena della cantina di Auerbach nel primo Faust: "A gola aperta canta Runda, trinca e grida".

Questa popolarità diffusa e differenziata, in cui serpeggia con un poco di odore sulfureo il nostro "Gassenhauer", assume per noi contorni chiarissimi,proprio a proposito della città di Vienna, per merito di uno straordinario complesso di libelli satirici del canonico Johann Valentin Neiner. Costui visse e operò a Vienna tra la fine del '600 e l'inizio del '700. Il suo Calendario, il suo Taldelmarkt (mercato dei gingilli; noi e i francesi diciamo "mercato delle pulci"), il suo Narrennest (covo di matti), il suo Centifolium stultorum e altri scritti satirici, nel mentre scatenano velenose critiche contro tanti aspetti della vita cittadina, diventano una miniera preziosa di informazioni. La qualità letteraria rende spiritosa l'ironia e il tutto diventa una impietosa rassegna delle debolezze umane. Tra le 'pazzie' c'è, per Neiner, la musica: non quella ecclesiastica che è fonte di ogni perfezione e di ogni godimento dello spirito; ma proprio quella che imperversa nella città e nella campagna, ovunque gli uomini si trovino tra loro per lavorare, o per divertirsi. Neiner è pressoché terrorizzato dal chiasso della "Wirtshausmusik", della musica da taverna. Nel Centifolium [21], egli scherza a lungo, con pazzeschi giochi di parole, praticamente intraducibili, sulla stretta connessione del vino con simile musica, perché "il vino dà alla musica la miglior risonanza, per il divertimento e la danza". Si deve a Neiner il primo lungo elenco di strumenti che i "Nacht-Musik-Narren" (i "pazzi della musica di notte") imbracciano per il terrore di ognuno, facendo "imbestialire" i cani domestici. L'elenco dello strumentario è appena sgrossato [22] ("lauten, geigen, pass, theorben, viole de gambe, flauten, huben, pfeiffen, flagioletten"), ma spassoso e a suo modo precisissimo è l'elenco dei rumori di strofinamento, singhiozzo, raschiamento, stridio, di cui si rendono colpevoli viole e violini, archi bassi e liuti, Wald-Hörner e arpe. In un vero delirio letterario Neiner dipinge il quadro terrificante di corde che si rompono, di accordature rese impossibili dall'umidità, di musicanti che suonano per metà in ritmo ternario e per metà in ritmo binario, per metà in si bemolle e per metà in si maggiore. Perfida è anche la descrizione della figura fisica dei musicanti (di cui, egli dice nel Narrennest [23], non si soffre davvero per lo scarso numero): icastica, tra tutte, la descrizione del bruto che tiene insieme gli altri musicanti battendo colpi tremendi con il piede.

Neiner si diverte, anche, con l'elenco dei nomi di danza: "sarabande, pavane d'espagne, cinquepas, canarie, morsico, mattacina, passemezo, salterellen, galliarde, chiranzana, chianchara, paganica, baldosa, imperiala, ballo de capello, fiorentina, bargamasca, pavanen, sicilianen, romana, venetiana". E si compiace, soprattutto nei suoi Calendari, di indicare le maggiori occasioni in cui quella musica (che forse non odia tanto quanto vorrebbe far credere) risuona regolarmente: il Carnevale, naturalmente; durante la Vendemmia ("con Schalmeyen e Dudelsack"), quando sono particolarmente attive - nella danza - le ragazze in cerca di marito; le feste per la fine dell'anno; i madrigali cantati sul prato verde, per la Pentecoste. Neiner non è generico, neppure in queste enumerazioni; non perde l'occasione per darci un quadretto grottesco, appena può; come quando ricorda il dialogo ridicolissimo tra un violino e un timpano ad una festa di matrimonio.

Nel Calendario del 1712 Neiner ci testimonia della presenza antica, in Vienna, dei Bänkelsänger, cioè di quei ciarlatani che, dopo aver piazzato il proprio banchetto nella via, nella piazza o nel mercato, ed avervi apposto tanti foglietti recanti testi di canzoni da cantarsi su arie già conosciute ("Gassenhauer", dunque, in tal senso), attiravano i compratori raccontando le 'ultime' notizie; sorta di giornale parlato e di commercio al minuto di testi per musica [24] .

Al di là di queste annotazioni, chiaramente orientate a ridicolizzare il carattere plebeo della musica non ecclesiastica e non aristocratica (identificata soltanto con il Minuetto), si verifica nel Settecento un progressivo riavvicinamento tra la musica di strada e i musicisti colti. E' quanto può essere studiato attraverso le forme di musica all'aria aperta, variamente indicate con i termini di Serenata e di Cassazione.

Alcune gustose testimonianze di questo tipo di musica possono essere rintracciate presso il chierico Heinrich Pichler del monastero di Krems, che tenne un diario di quanto si svolse all'Università di Salisburgo dal 1745 al 1748[25]. Pichler annota, tra le altre cose, lo svolgersi di alcuni omaggi da parte dei gruppi studenteschi ai propri professori: e si tratta sempre di musiche eseguite da strumenti a fiato.

Il             4 agosto 1746, di notte, i Metafisici dovettero fare al loro professore, come è usanza ogni anno, una musica pomposa con i trombettieri di corte.

L'11 di   agosto i Logici fecero al loro professore una musica solenne e andarono anche "a cassate" (giengen auch cassaten), e per quella cassazione (cassation) sei di loro portarono una grande lanterna.

Per il chierico Pichler non c'è alcun problema per la derivazione etimologica di Cassazione da "gehen cassaten", che sembra ripetere l'abbinamento di "Gassen" e "Hauer" nell 'accezione sopra riportata. E' quanto il Lexikon di Arrey von Dommer (Heidelberg, 1865) fece rilevare: "Nell'espressione 'Cassaten gehen' alcuni scrivono 'Gassaten' anziché 'Cassaten', a significare il passeggio per le strade ('Gassen') per fare una Serenata o un omaggio alle ragazze". Sono scontate le diffidenze dei teorici per la musica 'che si fa per strada': Mattheson nel 1731 parla della tonalità di Do maggiore come "Gassenmässig", stradaiola, e nel 1735 come "Gassen-Ton", tonalità di strada. I trattatisti C.P.E. Bach, Marpurg e Quantz non perdono occasione per ribadire la distanza nei confronti della musica 'che si fa per strada'. Ma, nella pratica, anche e forse soprattutto a Vienna, la Cassazione e la Serenata fioriscono proprio come 'musica di strada', e i musicanti, più o meno colti, più o meno abili, imperversano ovunque. Ancora alla fine del secolo era abituale che si svolgessero concerti di fronte al palazzo imperiale, con la folla, in piedi, tutt'intorno al gruppo degli strumentisti (in genere 2 Schalmeien, 2 clarinetti, 2 corni, 2 trombe, un Basshorn, un tamburo piccolo e un tamburo grande). [26] Simile clangore, nonostante l'assenza dei militareschi tamburi, si trasferiva nel chiuso delle locande, se dobbiamo dar fede al Burney:

All'albergo dove abitavo, il Bue d'Oro, vi era musica mattina e sera durante i pasti; ma di solito si trattava di cattiva musica, in particolare quando all'ora dei pasti suonava l'orchestra di strumenti a fiato, formata da corni, clarinetti, flauti e fagotti, tutti così orribilmente stonati che avrei desiderato fossero a un miglio di distanza. In generale non avevo trovato tra i suonatori ambulanti tedeschi quella stessa finezza di orecchio che avevo invece riscontrato in Italia tra gente della stessa condizione e professione [27].

La musica di strada subì un ingentilimento nell'uso viennese della Serenata. E' del 1752 l'episodio che riguarda F.J. Haydn, riportato dal Carpani e dallo Stendhal[28]: con due amici fece una Serenata sotto le finestre dell'impresario Bernardon, destando il suo interesse al punto da riceverne una commissione per il teatro di Porta Carinzia (Il diavolo zoppo).

Il teorico Marpurg [29] raccomandava che le Serenate, che sono opere che devono essere eseguite più volte, "devono avere una bellezza che non sia oscura e intricata, ma che per la sua semplicità, coerenza e festosità desti l'attenzione prima come dopo, quando la si ascolta più volte".

Analogamente il Sulzer [30] raccomandava a "chi fa Serenate vocali o strumentali..., un canto semplice e fluente, armonizzato in modo più consonante".

Di questa amabilità viennese, dove si stemperava la trivialità della musica all'aria aperta e di quella delle taverne, si gloriava, ancora nel 1794, il Wiener Theater-Almanach (p. 173):

Nelle belle notti d'estate ci si può imbattere in Serenate nelle strade a tutte le ore. Non sono, come in Italia, un genere per solo cantante e chitarra. Qui le Serenate non servono per dichiarazioni d'amore, per le quali i viennesi hanno migliori opportunità. Una musica notturna può essere eseguita da un trio o da un quartetto di strumenti a fiato, e possono essere eseguite opere di una certa estensione. Nella vigilia dell'onomastico di qualche bella signora vengono eseguiti molti di questi intrattenimenti; appena viene intonata una Serenata, tutte le finestre si riempiono e in pochi minuti i musicisti sono sovrastati da una corona plaudente.

E' in questo clima di mitigazione della volgarità e di un generale ingentilimento dei costumi cittadini, che si rendono possibili tutte quelle contaminazioni con il 'popolare' di cui è disseminata la produzione dei grandi autori del Wiener Klassik. Walter Koller, nello studiare tutti i modelli di riferimento di Haydn, Mozart e Beethoven, ha dedicato un capitolo al rapporto tra "Lied dialettale e tema strumentale"[31]. L'attenzione si appunta su una melodia "oberösterreichische": Bäurin hat d'Katz valurn[32]. Un'opera dubbia di Mozart (KV Anh. 188) elabora a 4 voci questa stessa melodia, che riportiamo qui nella versione pseudo-mozartiana della parte superiore:

F. J. Haydn, in una Fantasia per pianoforte, usò di questo tema (HW XVII: 4) nel modo seguente:

E lo stesso Mozart, nel tempo conclusivo del Divertimento per 2 corni e archi KV 287, utilizza lo stesso tema (riportiamo soltanto la parte superiore):

Entrambi gli autori si muovono con totale disinvoltura rispetto alla loro fonte, ricavandone a modo loro, in modi diversi, il massimo di vivacità melodico-ritmica.

L'immagine di una Vienna classica, in cui l'esperienza musicale dei diversi strati culturali e sociali ha precisi punti di contatto e di interazione, viene rafforzata non poco da questo tipo di osservazioni. Che poi davvero si tratti di osmosi equilibrata e non di una supremazia della cultura musicale più elevata sulla cultura popolare, è ben possibile discutere. Ritornando al nostro "Gassenhauer", è veramente indicativo che il termine riacquisti con la fine del 1700 una grande fortuna, che durerà fino all'inizio del nostro secolo: ma "ciò che si canta per le strade" della città è la riproduzione di fortuna (ad orecchio; con gli strumenti più casuali; fuori da qualsiasi contesto funzionale) delle melodie di moda, spesso derivate dal teatro musicale: il Singspiel viennese di Joseph Weigl figlio, di Wenzel Müller, di Paul Wranitzky, ad esempio; ma anche il Vaudeville francese. Il "Gassenhauer" diventa allora veramente cittadino e, più che espressione di strati culturali diversi, diventa un meccanismo di produzione di cascami culturali. Argomento che tralascio, poiché, come si vede, è ben lontano dal centro d'interesse del mio saggio.

Una cultura popolare 'autonoma' permane, tra Settecento e Ottocento, nelle regioni contadine dell'Oberösterreich e del Niederösterreich. La fisionomia di questo duplice folklore si viene definendo, agli occhi dello storico di oggi, proprio in quel periodo: quasi a sancire tale acquisizione, la raccolta dei canti popolari del fondo Sonnleithner viene donata nel 1819 alla Biblioteca Imperiale di Vienna. Per quanto riguarda l'Oberösterreich è un diluvio di Ländler[33], ma c'è anche una danza dalle movenze avvolgenti, una sorta di Valzer lento che, in un manoscritto del 1764, viene indicata come "Viechtwengerischen Tanz", cioè Danza che proviene dalla località di Vjechtwang nell'Almtal. E ci sono naturalmente i tre famosi pezzi, pieni di rnotteggi e ancheggiamenti, che apparterrebbero al genere dell'"Aria styriaca"[34].

Quanto invece si riferisce al Niederösterreich è costituito, oltre che di Ländler e di Steirer (anch'essi ternari), di un numero impressionante di canti intessuti di richiami e di onomatepee: il famoso Jodler, ma anche canti con versi per i diversi animali, e giubili vocalizzati a suon di "Hoidaredi, hoidareho". E poi, quasi a mostrare un radicamento contadino molto più saldo ed omogeneo, una serie notevole di canti per il Nuovo Anno, per il Natale, ecc.

Da questo quadro che sono venuto tracciando può nascere quindi più di un motivo di comprensione per la singolare 'ira' di Brahms contro i raccoglitori 'scientifici' di canti popolari. In essa si esprimeva il disagio per una cultura fondata sulla scissione: il musicista colto si trovava di fronte una musica di massa che, anziché proporre 'valori' (come era stato nell'illusione romantica nei confronti del 'popolo'), era luogo soltanto di degradazione e di banalizzazione; e, dall'altra parte, il canto popolare veniva incasellato nelle bacheche dei filologi e vivisezionato nei tabulati delle raccolte a stampa. Nel 1894 Brahms, che in questo si sentiva perfettamente in sintonia con Herder, Arnim e Schumann, si accorgeva di essere uscito dal suo tempo.

Non stava neppure a lui ipotizzare che, tra le cause della perdita del canto e della danza popolari nelle forme ingenue della bellezza e della vitalità, poteva anche esserci una sua indiretta e inconscia responsabilità di 'buon borghese': Lukas Richter [35] non sbaglia, forse, nel dare importanza - per la ferita a morte del 'popolare' - al momento dell'inurbamento industriale, quando sulle labbra dei giovani contadini messi alla catena di montaggio viene obbligatoriamente spento ogni desiderio di perpetuare il canto delle loro origini. Nella fabbrica, in cui il silenzio degli uomini è obbligatorio per lasciar parlare le macchine con il loro ritmo, si interrompe quell'osmosi tra campagna e città (alimentato per secoli da chi vi veniva a servizio o nelle botteghe artigiane) che è, di tutto quanto siamo venuti osservando, l'aspetto forse più problematico.

Ma né il sogno romantico di Brahms, né la scienza di Böhme avevano in loro potere la ricostituzione del 'tempo perduto'.

 


Note

[1] Franz Magnus Böhme, Altdeutsches Liederbuch-Volkslieder der Deutschen nach Wort und Weise aus dem 12. bis zum 17. Johrhundert gesammelt und erläutert, Lipsia 1877, Idem, Geschichte des Tanzes in Deutschland, Lipsia, 1866.

Le ire di Brahms esplosero all'uscita dei 3 volumi, curati da Böhme, della raccolta di Ludwig Erk, Deutscher Liederhort. Ausw. der vorzüglichern deuschen Vld. nach Wort und Weise aus der Vorzeit und Gegenwart gesammelt und erläutert..., Lipsia, 1893-94. Poco dopo appariranno ancora, dello stesso Böhme, Volkstümliche Lieder der Deutschen, Leipzig, 1895, e Der Gassenhauer sein hundert Jabren, in "Centralblatt für Instrumentalmusik", Solo und Chorgesang, Xl, 1896.

[2] Lettera a Philipp Spitta nell'aprile 1894, edita in BBW, XVI, pp. 97-8.

[3] Lettera a Hermann Deiters del 1894, contenuta in BBW, III, 1912/2, pp. 127-8.

[4] Lettera a Spitta, cit.

[5] Ibidem.

[6] 49 deutsche Volkslieder, in 7 libri, Simrock, Berlino, 1894.

[7] Volks-Kinderlieder, Rieter-Biedermann, Lipsia e Winterthur, 1858.

[8] Leopold Nowak, Das deutsche Gesellschaftslied in Österreich von 1480 bis 1550, "Studien zur Musikwissenschaft", 70., Vienna, 1930, pp. 21-52.

[9] E. Hanslick, Aus dem Concert-Saal. Braumüller, Wien, 1897, pp. 20-32.

[10] Manoscritto datato 1533, presso la Österreichische Nationalbibliothek di Vienna, Musikalien A. nr. 47 D. 30: 5 quaderni musicali con 86 canti.

[11] In Deutscher Liederhort, cit., II, p. 716, n. 936.

[12] Geschichte des Tanzes..., cit., p. 32. da Schmeltzel, nn. 37a e 37b.

[13] Segnalo, in particolare, i Seminari "für Volksliedforschung", organizzati annualmente dall'"Österreichische Volksliedwerk", i cui atti sono stati pubblicati, tra il 1965 e il 1976, sulla "Österreichische Musikzeitschrift".

[14] Riprodotto in Josef Montuani, Geschichte der Musik in Wien, I, Wien 1904, p. 59.

[15] Cfr. Elisabeth Zoder, Vom Tanz im alten Wien, in "Österreichische Musikzeitschrift", 1968, n. 9, p. 480.

[16] Cfr. F.M. Böhme, Geschichte des Tanzes, cit., p. 257.

[17] Cfr. "Kuckuk und Jägermann", in F.M. Böhme, Deutscher Liederhort, cit., 111, p. 527, n. 1739.

[18] Cfr. il Bergliederbüchlein, una raccolta di 208 testi soltanto letterari, che il Böhme ritiene sia stato stampato a Freiberg dopo il 1740.

[19] Cfr. F.M. Böhme, Deutscher Liederhort, cit., III, p. 409, n. 1579.

[20] Cfr. Ibidem, III, p. 410, n. 1571 ("Hört ihr Herrn, und lasst euch sagen, unsre Glock hat Zehn geschlagen"; ascoltate, gente, e fatevi dire: la nostra campana ha battuto dieci colpi).

[21] Centifolium Stultorum oder Hundert Ausbündige Narren, Wien-Nürnberg, 1709, p. 229.

[22] Ibidem, p. 237.

[23] Neu fort gesetztes sinnreiches und zum Drittenmahl ausgeheckes Narre-Nest, Marteau, Freystadt, 1910, p. 82.

[24] Vedi anche G. Gugitz, Die Bänkelsänger im Josephinischen Wien, Österreichische Fleimat, XVIII, Wien 1954.

[25] Cfr. Reimund Hess, Serenade. Cassation, Notturno und Divertimento bei Michael Haydn, Inaugural-Dissertation, Università "Gutenberg", Mainz, 1963.

[26] Vedi L. Degele. Die Militärmusik, Wolfenbüttel, 1937, p. 113.

[27] Ch. Burney, The Present State of Music in Germany...; tr. it.: Viaggio musicale in Germania e Paesi Bassi, EdT, Torino, 1986, p. 125.

[28] G. Carpani, Le Haydine ovvero Lettere sulla vita e le opere del celebre maestro G. Haydn, Milano 1812, plagiate da Stendhal nelle Lettres écrites de Vienne en Autriche sur le célèbre compositeur J. Haydn, Parigi, 1814.

[29] F.W. Marpurg, Historisch-kritische Beiträge zur Aufnahme der Musik, 5 voll. Berlino, 1754-78: vol. III, p. 44.

[30] J.G. Sulzer, Allgemeine Theorie der schönen Künste, Lipsia, 1774, vol. II, p. 369.

[31] W. Koller, Aus der Werkstatt der Wiener Klassik, Schneider, Tutzing, 1975, pp. 81-89.

[32] Sta in Altbayerisches Liederbuch für Jung und Alt, a cura di K. Huber e Kiem Pauli, Schott, Mainz, p. 61.

[33] Vedi le trascrizioni approntate da E. Binder, Oberösterreichische Originalländler aus älterer Zeit, Wien, 1909.

[34] Codice 18.808 della Österreichische Nationalbibliothek.

[35] Lukas Richter, Parodieverfahren in berliner Gassenlied, in "Jahrbuch der Musikwissenschaft", IV, 1959, p. 48
 

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