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§ 14
Ruolo della terza

Secondo la tavola del circolo delle quinte (tavola 3), la divisione della quinta do - sol non è do - mi - sol, ma do - fa - sol o do - re - sol, struttura determinata dal circolo, anteriore alla divisione do - mi - sol imposta più tardi dalla suddivisione armonica. Si osservi, nelle tavole 3 e 4, che se la terza minore gioca un ruolo relativamente importante, e sovente sotto una forma semplice [non - composta] (oggi la definiremmo come un "intervallo congiunto", vale a dire privo di grado intermedio, ugualmente sottinteso), la terza maggiore, che è sempre un intervallo composto, con un grado intermedio (espresso o sottinteso) gioca invece un ruolo trascurabile.

Questo ruolo cambia progressivamente quando al sentimento della consonanza delle quinte e delle quarte (sezione 1 - 4 della risonanza) si aggiunge - ciò accade sempre dopo- l'istinto della consonanza della terza maggiore (espandendosi alla sezione 1-6 della risonanza).

A questo punto, grazie anche all'azione esercitata dalla tolleranza, la terza maggiore del circolo delle quinte

si identifica con la terza maggiore della risonanza

che è leggermente più bassa (differenza pari al comma sintonico) e la terza maggiore, in precedenza intervallo assolutamente secondario, diviene intervallo essenziale per la struttura. Nello stesso tempo tale consapevolezza implica spesso una rettificazione della scala per dare alla terza maggiore la sua misura esatta (nella nostra cultura musicale, questo aspetto, avvertito da Ramis de Pareja nel 1482, si generalizza nel XVI secolo grazie al prestigio di Zarlino). Si fanno così avanti due tipi di terza maggiore, una più alta secondo le quinte (terza pitagorica), l'altra più bassa secondo l'armonico 5 (terza zarliniana), e di conseguenza due diversi intervalli per il tono: il grande tono secondo il circolo delle quinte, il piccolo tono, differenza fra la terza diretta ed il grande tono. Queste differenze spariranno nel XVII secolo, con il temperamento equalizzato.

N.B.- Si sconsiglierà l'uso, una volta per tutte, delle espressioni "giusta" o "naturale" applicati all'insieme di un sistema, perché in tutti si mescolano, in proporzione variabile, degli elementi naturali, vale a dire modellati tali e quali sulla risonanza e degli elementi artificiali, forniti molto spesso a partire da essa, ma non direttamente sotto la forma adottata.

La terza minore, per parte sua, subirà una trasformazione analoga. Molto importante nel circolo delle quinte, dove segue il tono in dignità come intervallo melodico, essa non ha rilievo di per sé nella risonanza a tre suoni. In effetti, si tratta essenzialmente di un intervallo differenziale, prodotto per inciso (come rapporto) fra il n° 5 ed il n° 6, e la risonanza non si interessa molto agli intervalli differenziali: essa lavora a partire dal generatore o dalle sue ripetizioni all'ottava. Ma, poiché essa gioca il medesimo ruolo melodico della terza maggiore nei modi che la comprendono, si tende così ad adottarla armonicamente come consonanza analogica alla terza maggiore. Questo accade ancora di più, poiché la rettificazione degli intervalli, nel XVI secolo, se abbassa la terza maggiore, fa risalire la terza minore, e così appiana le differenze.

Si ottengono così due accordi perfetti, l'uno maggiore, l'altro minore:

Ma contrariamente all'ordine pre-armonico, in questo caso è il maggiore che predomina in dignità. Più avanti rincontreremo le conseguenze strutturali di tale trasformazione.

Per quanto riguarda la musica europea, l'evoluzione cui abbiamo accennato si sviluppa poco a poco dal XII al XVI secolo. Solo a partire dalla metà del XVI secolo la vittoria definitiva della terza armonica eliminerà tutte le strutture anteriori. Queste ultime riprenderanno ancora vita alla fine del XIX secolo.

Una volta che la terza (maggiore o minore) sia stata assimilata, tanto a partire dalle quinte che dalla risonanza, possiamo davvero osservare che prende luogo, parallelamente al circolo delle quinte, un circolo di terze che si sovrappongono a queste ultime nello stesso modo in cui le quinte si sono sovrapposte - tanto da sole che mescolate alle quinte ed alle quarte? L'ipotesi è stata presentata per l'India, da A. Danielou. Anche qui rimangono da effettuare delle ricerche complementari.

§ 15
La polifonia della consonanza

Nella concezione iniziale, che fu quella dell'Occidente fino al XVI secolo circa, la polifonia non interviene nell'analisi strutturale. E' una ornamentazione del canto principale (more festivo - dice un trattato del IX secolo)

Sia che si tratti di parallelismo, di moti contrari, o più tardi di combinazioni imitative o di combinazioni di linee d'origine indipendente, si considera unicamente la struttura melodica di ciascuna linea in causa, la cui giunzione è garantita, ad intervalli più o meno ravvicinati, da rapporti di consonanza che non intervengono per nulla nella struttura.

In realtà tuttavia, questa polifonia interviene nella struttura melodica per il fatto che favorisce ed a volte impone delle alterazioni di consonanza e di attrazione sempre più numerose (musica ficta) che corroderanno poco a poco le particolarità di ogni modo, e condurranno così all'unificazione modale.

Inoltre, quando si componeva una melodia di duplum o di triplum [17] di due voci o di tre voci destinata a sovrapporsi ad una melodia data, le sue basi di tonica e soprattutto di finale (ad esempio quando essa deve concludersi sulla quinta della prima) si trovano indebolite. Sovente tali melodie vengono successivamente isolate dal loro contesto e divengono così a loro volta melodie ad un modo quasi- indistinguibile (un caso frequente per il mottetto del XIII secolo) [18]

La musica concepita melodicamente sotto il segno esclusivo della consonanza della sezione 1-4 (ottava- quinta - quarta), ignorando la consonanza di terza, si presta particolarmente bene a questa armonia di consonanza, proprio perché essa resiste all'armonia di risonanza concepita sotto il segno dell'accordo perfetto a tre suoni. Questo è uno dei motivi più importanti per giustificare l'infruttuosità dei tentativi orientali d'incorporare nel loro repertorio melodico una armonizzazione basata sui trattati europei d'armonia classica.

Tutta la polifonia medioevale si riferisce a questo concetto, così come fa quasi tutta la polifonia non europea. Ma la quasi-totalità della musica del XVI secolo non è altro che l'adattamento ad una consonanza 1-6 a 3 suoni (ottava- quinta - terza) e non si riferisce ad alcuna struttura armonica propriamente detta. Ne consegue che le concatenazioni apparenti di accordi, non sono in realtà che concatenamenti di consonanza a partire da una melodia conduttrice.

Esempio tratto da Orlando di Lasso

§ 16
La cifra tonale

Verso la fine del XIV secolo si sviluppa nella parte del basso (contra tenor) la nozione di un rinforzarsi della puntuazione [19] per l'inserimento di una cadenza melodica di quarta o di quinta, prima alla fine della frase, poi sempre più frequentemente. Quest'ultima attira poco a poca l'attenzione sul ruolo del basso nella determinazione della tonica occasionale della frase.

La cadenza armonica

prende poco a poco la preponderanza sull'antica cadenza melodica

oppure 

E prepara così il cammino all'armonia di risonanza.

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Note

[17] Duplum e triplum, nel senso della polifonia medioevale, ossia dell'aggiunta di una o due voci (nota del traduttore).

[18] Il sovrapporsi di una melodia secondaria rispetto ad cantus firmus originale, comporta un indebolimento delle strutture relazionali interne della seconda melodia, in quanto la sua ragion d'essere, ovvero l'arricchimento armonico del cantus firmus, fa sì la identità modale e lineare della linea aggiunta sia messa in ombra dalla funzionalità armonica della linea stessa (nota del traduttore).

[19] Ponctuation: il termine puntuazione assume qui il valore di scansione, interpunzione. L'uso dell'espressione ponctuation ha probabilmente il valore di un omaggio al teorico belga  Jérôme - Joseph De Momigny , che lo aveva utilizzato per analizzare le relazioni che intercorrono fra  armonia ritmo e metro nella sua opera La seule vraie théorie de la musique, Paris, 1821 e nelle voci della  Encyclopédie  Methodique ou par ordre de matiéres, 1818, Paris. (nota del traduttore).


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