Carlo Serra
Per Jacques Chailley (1910-1999)


Avviare un discorso su Jacques Chailley è, al tempo stesso, imbarazzante e doveroso: si tratta di un personaggio che ha affrontato la musica, con un occhio sensibile a tutte le implicazioni, teoriche e pratiche, che tale disciplina comporta. Chailley, infatti, è stato compositore, dagli influssi assai articolati, che vanno da Ravel alle prime forme di modalità, teorico della musica, storico, indagatore scrupoloso di testi carolingi, greci, esoterici, e al tempo stesso, appassionato cultore del simbolismo musicale, da Hyeronimus Bosch a Schubert. Da dove cominciare?

La dimensione musicologica, infatti, ha condotto lo studioso a riprendere in mano, all'interno della sua ricerca, temi di linguistica, di pedagogia musicale, della psicologia del suono, dell'analisi etnomusicologica delle tipologie dell'ottava, mentre le sue indagini sulla musica medioevale l'hanno spinto alla ricerca sulle pratiche improvvisatorie del discanto, sulla monodia vernacolare, sul ritmo e la metrica gregoriana e in generale sul tema dell'analisi modale, cercando di intendere gli otto modi come il precipitato delle quindici forme possibili che può assumere la profilatura melodica che sta alla loro base, utilizzando il concetto di grado mobile o pien , di derivazione etnomusicologica.

I suoi testi sono spesso percorsi da un'umoralità inquieta, e da un profondo piacere della polemica, grazie al quale egli attacca disinvoltamente Hindemith, Rameau, Schönberg, Boulez; d'altra parte nella loro estrema chiarezza teorica, non trascurano mai la componente pratica, uditiva, organologica della musica, insomma quelle componenti legate al far musica che molta musicologia tende a mettere da parte, reputandole bieche considerazioni di tipo empirico.

D'altra parte, solo una mentalità così attenta agli aspetti più concreti del fare musicale, poteva inserire in un testo sulla storia della musica greca (La musique grecque antique, Éditions Belles Lettres, 1979), una pagina in cui insegnare al lettore come costruirsi artigianalmente l'ancia di un aulos.

Le ricerche di Chailley hanno, in realtà, notevole interesse per una interpretazione fenomenologica del concetto di spazio musicale, tematica che le percorre in modo continuo, a partire dai testi del 1947: la sensibilità per gli aspetti legati all'attività della coscienza, non meno di una inarrestabile curiosità da storico che guarda continuamente al mondo dell'esperire concreto attendono da tempo una valutazione, anche critica, di cui al momento non vi è traccia.

Chailley nacque a Parigi il 24 Marzo 1910, da famiglia di musicisti. Il padre Marcel (1881 - 1936), dedicatario di Choses vues à droite et à gauche di Erik Satie, fondò il Quartetto Chailley, fra i primi interpreti dei quartetti di Debussy e Ravel. La madre, Céliny Chailley - Richez (1884 - 1973), allieva di Raoul Pugno, fu brillante pianista e, a quanto scrive il figlio nella monografia dedicata al Carnaval (1971), sensibile rivelatrice della poetica schumanniana. Entrambi insegnarono al Conservatorio di Parigi, all'Ecole Normale de Musique e collaborarono con G. Enescu.

In un ambiente pregno di musica, gli interessi di Chailley si volsero rapidamente alla composizione, alle lettere classiche e…allo scoutismo: a sedici anni inizia a studiare armonia con Nadia Boulanger, contrappunto con Claude Delvincourt e storia della musica, alla Sorbona, con André Pirro. Studia vari strumenti, e, cantando nei cori d'Henry Expert, che dirigeva la Chanterie de la Renaissance, si appassiona al repertorio rinascimentale: la sua prima composizione conservata è un Non sum dignus a quattro voci che il quattordicenne elabora nello stile di De Victoria.

Nel 1933 fonda, sempre alla Sorbona, un gruppo teatrale studentesco, i Theophiliens, che si dedica al recupero di forme teatrali e musicali antiche: tale esperienza sollecita in lui un forte interesse nei confronti della musica greca e della musica medioevale. Nel 1934 compone Cantique du soleil, scritto nel 1934, per onde martenot, contralto e orchestra.

Nel frattempo, studia composizione con Henry Büsser al Conservatorio e segue i corsi di Storia della musica di Maurice Emmanuel. Nel 1935 inizia a studiare direzione d'orchestra con Pierre Monteux, studi che quell'anno proseguiranno ad Amsterdam con Mengelberg e Bruno Walter. Durante l'occupazione, si lega al movimento della resistenza e si impegna per evitare la deportazione degli studenti del Conservatorio.

Fino al 1952 si dedica alla composizione per vari organici da camera, armonizza canti popolari, un'attività che proseguirà per molti anni, legata a un vivace interesse per la musica popolare e, forse, al'influsso indiretto di Maurice Emmanuel. La curiosità nei confronti delle manifestazioni della musica popolare lo porterà a scrivere, nel 1942 una Petite histoire de la chanson populaire française (P.U.F.) e ad approfondire anche lo studio del repertorio profano medioevale. In questi anni compone musiche di scena per I Persiani di Eschilo e per l' Antigone di Sofocle, nell'allestimento del Groupe de Theâtre Antique de la Sorbonne, fondato (1935) assieme a Roland Barthes e Jacques Veil. Nel frattempo si rafforzano i rapporti di stima con Messiaen, Honegger e i compositori della Jeune France. Nel 1947 compone una Missa solemnis, in cui traspare la forte influenza che su di lui esrcita il pensiero religioso.

Chailley continua la sua attività di divulgatore della musica antica e nel 1947 comincia ad abbozzare una Histoire Musicale de Moyen Age, che verrà pubblicata nel 1950 (P.U.F.), e la sua prima, importante, opera teorica, Traité Historique d'Analyse Musicale, che darà alle stampe nel 1951 (Leduc). Nel 1952 conclude il suo dottorato in lettere con una tesi sull'École musicale de St-Martial de Limoges jusqu'à la fin du XI siecle e compone musica per un balletto tratto da un soggetto di Jean Cocteau, La Dame à la Liocorne, su coreografia di Heinz Rosen.

Nello stesso anno mette a punto un metodo per la stenografia musicale: l'interesse per gli aspetti semiologici della pratica musicale erano già stati affrontati in uno studio del 1950, Notations musicales nouvelles (Leduc, 1950) e prenderanno sempre più forza, fino allo studio del 1967, La musique et le signe (Rencontre), dove il problema dell'appropriatezza del segno viene ricondotto al tema dell'espressione musicale, con attenzione alle pratiche improvvisatorie e, soprattutto al problema della componente gestuale nella notazione. Nel 1955 compone una Suite sans prétention pour Monsieur de Molière per tre ondes martenot and quintetto di fiati.

Già da questi elementi, si avverte la presenza di un orientamento teorico volto ad individuare le componenti universali che stanno sullo sfondo di una pratica musicale: non è un caso se il testo su musica e segno si aprirà con una discussione sull'efficacia del segno, sulla sua capacità rappresentativa. Da tale filone, si svilupperanno, successivamente, gli studi sul problema della notazione nella musica greca.

La ricerca di matrici assolutamente generali stanno sullo sfondo della sua ricerca anche per la fondazione di una scienza generale che possa dar ragione delle trasformazioni che accompagnano l'evoluzione del linguaggio musicale: la Filologia Musicale, che individua la radice dell'intreccio evolutivo nella teoria della risonanza, in cui le consonanze assumono il valore di veri e propri universali linguistici.

Tali analisi spingono Chailley ad approfondire il tema dell'apprendimento musicale, in una direzione che ha più di un punto di contatto con le ricerche di Jean Piaget: il risultato è una ricerca sull'evoluzione del riconoscimento degli intervalli nel bambino, che si fa avvertire anche nei testi che Chailley dedicherà alla didattica infantile.

Da tali studi, sviluppati fino al 1967, verrà tratto nel 1970 un film, Le musicien et son clavier, che riceverà riconoscimenti anche al Festival di Venezia.

La tensione alla creazione di una disciplina che possa dar ragione delle caratteristiche comuni ai differenti linguaggi musicali, spinge Chailley ad aprire, presso la sua cattedra, un seminario di etnomusicologia. Il risultato di una attività così frenetica (nel 1953 organizza alla Sorbona la prima serie di Concerts de Midi) prende forma nella pubblicazione del corso del 1955, Formation et transformations du langage musicale, dove Chailley analizza le conseguenze teoriche di una analisi della formazione delle scale, a partire dal circolo delle quinte. L'opera indica una passo in avanti nella ricerca teorica di Chailley, che cerca di presentare modelli strutturali della scala diatonica, in grado di generare le molteplici varianti, anche non strettamente diatoniche, delle strutture melodiche.

La ricerca avviata con Formation viene sviluppata nel Essai sur les structures mélodiques (1959), dove l'analisi si stringe attorno alle conseguenze spaziali del movimento di congiunzione melodica. L'analisi di tali temi sposta l'indagine di Chailley sul tema musica-parola: in una ricerca condotta con P. Delattre (1965-66) presso l'Università di Santa Barbara, dove insegna per sei mesi come Regents' Professor, vengono analizzati fattori quali il timbro, intelligibiltà dell'aspetto sonoro, materiale della parola, partendo dall'analogia con l'attività del musicista, che lavora su rapporti di consonanza. A questa indagine, che va a recuperare tematiche che riportano verso Condillac e Vico, si affianca ora un'analisi del ritmo, in cui Chailley spazia dal mondo della musica gregoriana in un'analisi dell'intenzionalità ritmica, per indagare come funzionano i rapporti fra percezione del tempo e schemi ritmici: studi diversamente orientati da quelli che negli stessi anni andava coltivando, anche sul piano compositivo (Chronochromie) l' ammirato Messiaen. L'idea di fondo che muove Chailley in questi testi è una polemica contro l'atomismo ritmico: il ritmo procede attrarverso rapporti fra grandi unità divisibili e non per giustapposizione di piccole unità indecomponibili. All'interno delle due analisi, quella della parola e quella del ritmi, Chailley si avvale spesso del modello offerto dalla metrica del verso.

Nel 1958, al Congrès d'acoustique musicale di Marsiglia presenta i primi risultati dei suoi lavori sui dinamismi spaziali nel sistema pitagorico, zarliniano e temperato, proponendo l'ipotesi di una conflittualità spaziale fra congiunzione armonica e congiunzione melodica, e guardando al temperamento equalizzato come un compromesso fra le tendenze, mentre nel 1960 organizza un convegno sulla Résonance dans les échelles musicales, per sviluppare un dibattito a più voci sul concetto di risonanza. In questo periodo approfondisce la sua interpretazione del concetto di tonalità, già presentata nel Traité Historique d'Analyse Musicale, che tende a svincolare la nozione di tonalità dal funzionalismo classico: secondo Chailley si tratta di una forma della percezione secondo la quale, in un sistema musicale, tutti i suoni vengono individuati dal riferimento a una nota finale conclusiva, reale o virtuale, su cui si appoggiano le tensioni costruttive ed espressive del brano. Nel 1962 è nominato direttore della Schola Cantorum, mentre iniziano i suoi studi sull'esoterismo musicale in Mozart, Haydn, Schubert.

In questi anni, fioriscono molte pubblicazioni legate a temi diversi, tra cui ricordiamo un saggio sul problema del nome e sull'organizzazione delle strutture modali nel passaggio dall'antichità all'alto medioevo (L'imbroglio des modes, 1960, Leduc), un corso su Tristan und Isolde di R. Wagner (C.D.U., 1963), un testo sulle passione bachiane, Passions de Bach (P.U.F., 1963), un commento al trattato carolingio Alia Musica (1962, C.D.U.) e una Sonata breve per pianoforte (1964). Pubblica anche studi su Bartòk, il primo volume di un Cours d' Histoire de la Musique (Leduc) la cui elaborazione lo impegnerà per una trentina d'anni, e un'opera teorica, apparentemente divulgativa dal titolo emblematico: Expliquer l'Harmonie? (Rencontres, 1967). In quell'anno inizia a tenere dei corsi a Montréal, mentre nel 1968 esce il primo studio sull'esoterismo musicale, dedicato a Mozart: Flûte Enchantée, opéra maçonnique (Robert Lafont).

Nel 1969, fonda il Dipartimento di musica e musicologia della Sorbona. Ancora uno studio bachiano nel 1971, Art de la Fugue e il già citato libro sui rapporti fra musica e didascalie nel Carnaval di Schumann, entrambi per Leduc.

Nel 1972 si dedica ad una revisione del Traité historique d'analyse musicale, che esce sotto il titolo di Traité historique d'analyse harmonique (Leduc, 1977). Nel 1974 pubblica un nuovo studio bachiano sui Chorals d'orgue (Leduc), e comincia a scrivere uno studio sul simbolismo in Bosch, che uscirà nel 1978 Jèrõme Bosch et ses symboles (Académie Royale de Belgique). In questo periodo escono opere pedagogiche sull'armonia, il solfeggio, e un Traité d'Harmonie au clavier (Choudens, 1977). Anche queste opere portano traccia della sua speculazione teorica. L'attività di storico prosegue con un saggio su Winterreise di Schubert (Voyage d'Hiver, Leduc, 1975) e su Parsifal, opéra initiatique (Buchet - Castel, 1979). Prosegue anche l'attività compositiva, con un Prélude et Allegro per alto e violoncello (1976).

Entrato in pensione nel 1979, il nostro autore fa uscire, nel 1985, Éléments de Philologie Musicale (Leduc), che riprende e sviluppa Formation et transformations du langage musicale. Il titolo ha riferimento ad una scienza generale, che dovrebbe studiare il linguaggio musicale nella continuità della sua evoluzione, sul modello della musicologia comparative di Daniélou. Nella presentazione dell'opera Chailley non nasconde il debito teorico che quest'impostazione ha nei confronti dell'Histoire de la langue musicale di Maurice Emmanuel. Il fondamento di questo discorso teorico poggia sulla convinzione che le varie regole su cui si appoggiano i linguaggi musicali storicamente dati, siano definiti dalla grammatica della relazioni dalle consonanze organizzate nel circolo delle quinte: il modello cui Chailley guarda è quello dell'analisi linguistica, che viene però innestato all'interno di una ricerca fenomenologica sulla grammatica relazionale delle consonanze, nell'ambito dei vari linguaggi musicali, per poter isolare dei modelli che diano il senso della particolarità di ognuno. Il richiamo all'etnomusicologia si confonde ormai alle analisi sulla percezione intervallare e al tema dell'espressione musicale.

Negli ultimi anni, Chailley pubblica ancora testi sulla musica contemporanea, e si dedica alla composizione: del 1980 è la sua seconda Sinfonia, mentre nel 1988 esce un suo studio, scritto a 4 mani con Jacques Viret Le Symbolisme de la gamme, Revue Musicale 408 - 411 pp. 7 - 15, mentre nel 1990 esce il quarto volume del Cours d'Histoire de la Musicque (Leduc). Muore a Montpellier il 21 gennaio 1999.

Oltre ai testi citati e alle composizioni che abbiamo indicato, Chailley ha scritto centinaia di articoli, prefazioni, introduzioni a dischi, spaziando dalla storia dell'arte (seguì i corsi di Focillon) alla letteratura, in riferimento a molti temi di ordine storico e teorico. Per le informazioni sulla sua vita, si può consultare il volume AA.VV., De la Musique a la musicologie, Étude analytique de l'œuvre di Jacques Chailley, Éditions Van De Velde, Tours, 1980.

Un recente convegno parigino tenutosi alla Sorbonne nel marzo 2000, Jacques Chailley (1910-1999) musicologue et théoricien de la musique, ha finalmente riproposto la sua figura di teorico musicale al centro di una rete di interessanti relazioni: da quella di Pierrette Germain - David (Paris) che presentato un contributo sul tema La musicologie comme interrogation humaniste a Édith Weber (Université de Paris-Sorbonne), che ha parlato intorno agli aspetti prettamente culturali legati all'attività di Chailley in Le rôle de Jacques Chailley dans l'évolution de la discipline musicologique à l'Université.

Molte relazioni hanno sollecitato la riflessione teorica sull'attività del musicologo e sulle relazioni strette che collegano la sua riflessione all'ambito di ricerca etnomusicologico e artistico: Michèle Barbe (Université de Paris-Sorbonne) ha proposto come tema Jacques Chailley et les arts plastiques : originalité et fécondité d'une approche pluridisciplinaire, Tran Vàn Khê Jacques Chailley et la promotion de l¹ethnomusicologie (relazione letta da Serge Gut) mentre François PICARD (Université de Paris-Sorbonne) ha trattato il tema più generale de L'ethnomusicologie et Jacques Chailley.

Di andamento più musicologico, e centrate attorno al nodo teorico della funzione della risonanza e delle metodologie storiche, le relazioni di Jean Molino (Université de Lausanne) : Comment écrire l'histoire de la musique ? Remarques sur la philologie musicale de Jacques Chailley , e quella di Serge Gut (Université deParis-So rbonne) : L'évolution du langage musical selon la théorie de la résonance. Esposizioni più connesse al tema dello spazio musicale e del metodo evolutivo, L'ordre mélodique selon Jacques Chailley : exposé et critique di Annie Labussière (Paris) e quella di Nicolas Meeús (Université de Paris-Sorbonne), che traccia differenze e analogie nei metodi di Chailley, Schoenberg, Schenker.

Infine, una serie di relazioni su specifici temi d'ordine storico, che nel caso di Chailley hanno sempre una configurazione di ordine teorico: Jean-Jacques Velly (Université de Paris-Sorbonne) : Jacques Chailley et la musique grecque, Louis Jambou (Université de Paris-Sorbonne) : Trois lectures de la musique de la Renaissance par Jacques Chailley, Gilles Cantagrel (Université de Paris-Sorbonne) : Jacques Chailley et Johann Sebastian Bach, Christian Merlin (Université de Lille) : Jacques Chailley et Wagner, à propos de Tristan et Parsifal. Infine, due relazioni legate alle modalità applicative della Filologia Musicale, Jacques Viret (Université de Strasbourg) : L¹analyse modale du chant grégorien selon Jacques Chailley : un exemple de philologie musicale appliquée (Viret ha collaborato con Chailley nella stesura dello studio Le Symbolisme de la gamme 1988, Revue Musicale 408 - 411 pp. 7 - 151) e Nigel Wilkins (Université de Paris-Sorbonne) : Jacques Chailley et la musique médiévale.

Carlo Serra


J. Chailley, Saggio sulle strutture melodiche

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