3. Scala «ciclica» e «scala universale»


Se ci arrestassimo a questo punto la fragilità di questa costruzione sarebbe piuttosto evidente. Di fatto tutto si sostiene sulla pretesa «naturalità» degli intervalli primitivi e differenziali e sulla scala scala-tipo sulla quale essi vengono riportati. Questa pretesa è fondata fino a questo punto unicamente sul dato di fatto del loro impiego nella pratica musicale e sulla loro ipotizzata presenza in linguaggi musicali appartenenti a culture differenti (anche se si può effettuare questa costruzione senza allontanarsi di un passo dalla vecchia Europa). Ora non c’è dubbio che questo fondamento sia piuttosto fragile e non spiega a sufficienza in che senso debba essere inteso il riferimento alla «naturalità» o, se vogliamo, alla «naturalezza». Abbiamo dunque bisogno di qualche rafforzamento. A questo punto il discorso cade sul ciclo delle quinte che, come abbiamo già osservato, assume un ruolo importantissimo nell’impostazione di Daniélou, benché non prioritario.

Questo modo di «produzione delle note» e quindi di partizione dell’ottava si avvale degli intervalli consonantici fondamentali di quinta, quarta e ottava ed è quindi strettamente connesso con fatti uditivi concreti. Al tempo stesso esso può essere considerato anche come una sorta di algoritmo che può essere messo in movimento ben al di là delle esigenze della pratica musicale. Esso consiste a) nella iterazione successiva dell’intervallo di quinta realizzando ogni volta, se necessario, b) la riduzione all’interno dell’ottava che si intende suddividere [22] . Ciò che rappresenta il problema di questo metodo di partizione sta nel fatto che, per quanto ci si inoltri nell’iterazione, non si otterrà mai un valore coincidente con l’ottava - questo per ragioni puramente matematiche. E nemmeno si otterrà un valore coincidente con un punto già acquisito: ciò significa che nell’iterazione e nella riduzione all’interno dell’ottava si realizzerà una partizione progressivamente più fine dell’ottava stessa.

Ed ecco ora la circostanza che colpisce Daniélou: se realizziamo 53 cicli di quinte ed operiamo la riduzione necessaria otteniamo un punto che si approssima moltissimo all’ottava. Quell’insignificante numero 53, che sembrava appunto ridursi ad un mero dato di fatto, a qualcosa che dovevamo accettare perché avevamo trovato che le partizioni erano appunto quelle - e che sembrava quindi un dato alquanto accidentale, tende ad assumere un significato più pregnante una volta che lo si incontra in una partizione ottenuta secondo un metodo del tutto diverso, e per giunta puramente matematico. E ciò non basta ancora: a questa prima circostanza singolare si aggiunge la circostanza, che può sembrare ancora più straordinaria, rappresentata dal fatto che le partizioni ottenute con questo metodo coincidono talvolta esattamente talvolta approssimativamente con le partizioni ottenute secondo il metodo precedente: la scala «ciclica» coincide dal più al meno con la scala «armonica».

Scala Ciclica espressa in Cents

23, 47, 70, 94, 114, 137, 161, 184, 204, 227, 251, 274, 298, 318, 341, 365, 388, 408, 431, 455, 478, 502, 522, 545, 568, 592, 612, 635, 659, 682, 702, 725, 749, 772, 796, 816, 839, 863, 886, 906, 929, 953, 976, 1000, 1020, 1043, 1066, 1090, 1110, 1133, 1157, 1180, 1204

Daniélou ripete più volte che gli intervalli realmente corretti sono quelli fissati nella scala armonica [23] , e che non vi è identità tra i gradi della scala armonica e i gradi ottenuti per iterazione della quinta nella scala ciclica. E tuttavia «questi rapporti sono così prossimi l’uno all’altro che è quasi impossibile distinguerli direttamente» e che «nella pratica musicale... la questione della differenziazione sorge raramente» [24]. Ma che importanza può avere questa relativa corrispondenza tra le due scale?

In realtà, noi che abbiamo guardato con un certo scetticismo già la scala «armonica», saremmo tentati non tanto di rispondere a questa domanda ma di smontarla, smontando le due circostanze che dovrebbero suscitare la nostra meraviglia. Tutto dipende infatti da che gioco vogliamo lasciare a quel dal più al meno. Fino a che punto - dopo tanti calcoli - intendiamo spingere le nostre tolleranze nei confronti delle misure delle grandezze intervallari? Come abbiamo detto, in Daniélou talora si fa valere come significativa una micidiale esattezza nella caratterizzazione degli intervalli, talora invece si mostra la massima tolleranza, la massima disponibilità ad effettuare arrotondamenti ogni volta che possano per qualche ragione tornare utili. Ed in questo passaggio per certi versi cruciale sembra proprio giunto il momento della massima tolleranza. Nel caso dell’intervallo determinato dalla 53a iterazione della quinta, la differenza per eccesso rispetto all’ottava è di 3,64 cents. Non siamo obbligati, ma siamo padroni di considerare questa differenza tanto piccola da poter ritenere che l’ottava sia praticamente raggiunta dall’iterazione della quinta - prima condizione essenziale per meravigliarci della «coincidenza» sul numero 53. Siamo anche padroni di tollerare discrepanze quasi per ogni grado, e in particolare su gradi «importanti». Ma se siamo disposti a passar sopra a simili differenze, allora potrebbe sembrare piuttosto ovvio e niente affatto straordinario che due divisioni dell’ottava relativamente equilibrate e abbastanza fini, ed anzi finissime come è quella prodotta da 53 parti, conducano a risultati che si possono considerare affini [25] . Tutta la questione perderebbe così di interesse. Né la prima né la seconda circostanza sono in grado di provocare in noi il benché minimo entusiasmo.

Ma le cose stanno molto diversamente per Daniélou. A partire dalla convinzione dell’esistenza di scale naturali, e quindi dell’esistenza di un fondamento assoluto per esse, questa (pretesa) coincidenza tra l’apriori - rappresentato dalla scala ciclica che genera la partizione «matematicamente» - e l’empiria rappresentata dalla scala armonica il cui fondamento sarebbe insito nella stessa pratica musicale, viene considerata di fondamentale importanza proprio perché apporta alla «scala armonica» quel rafforzamento di cui essa ha bisogno. Tutto il problema sembra qui fare un salto di qualità ed assumere la sua reale fisionomia: la scala armonica «garantisce» per così dire, dal punto di vista musicale l’astratto matematismo del ciclo delle quinte, facendo venire meno le remore rispetto alle derivazioni puramente matematiche; mentre la scala ciclica finisce con il prestare l’alone del proprio matematismo alla scala armonica.

Si consolida dunque il rapporto con il mondo del numero, che era già fortemente presente nella scala armonica che richiedeva essa stessa i nostri bravi calcoli. Questo consolidamento significa soprattutto in Daniélou la ripresa delle antiche tematiche filosofico-metafisiche che facevano del numero principio del reale, e della musica la manifestazione sul piano della sensibilità di questo principio. L’unità tra scala armonica e scala ciclica è da considerare come una manifestazione sul piano fenomenico dei «principi metafisici dei suoni», cioè di quei principi che riportano al nucleo più profondo della realtà stessa [26] . La posizione di Daniélou è esemplare per il fatto che si regredisce, in rapporto al problema di una fondazione oggettivistica, dal fisicalismo all’aritmetismo, compiendo in certo senso a ritroso il cammino che conduce dal punto di vista aritmetizzante che si era affermato a partire dalla cultura greca fino al tardo rinascimento ed oltre, alle fondazioni nella fisica del suono. Il punto di vista aritmetizzante tende a separare il numero dalla realtà corporea, e proprio per questo a considerare il numero in se stesso come principio del reale, aprendosi ad ogni sorta di speculazione filosofica sulle virtù dei numeri come tali. Quando invece il rapporto numerico viene attribuito alle vibrazioni di un corpo elastico ed avviene così la ricongiunzione del numero con l’elemento fisico, le considerazioni metafisiche regrediscono sullo sfondo, la numerologia interessa assai meno di quanto interessi una possibile analisi della costituzione interna del suono come evento della natura. E l’intero problema tende a particolarizzarsi, allentandosi i legami con i fenomeni non appartenenti alla musica che in precedenza potevano essere tenuti stretti con analogie numerologiche.

Ora, in Daniélou, la critica di una fondazione della scalarità negli armonici e quindi il rifiuto di un naturalismo a base fisicalistica, non comporta il rifiuto di una concezione naturalistica in genere, ma piuttosto lo spostamento dell’attenzione verso il versante della «natura umana», quindi verso un versante psico-fisiologico. In questo ambito vanno ricercate le giustificazioni ultime. Nello stesso tempo si torna a guarda con interesse ad una fondazione puramente «aritmetica» che riprende gli interessi metafisici di un tempo. Si ripresentano così le speculazioni numerologiche di sapore antico, in un vero e proprio soprassalto neopitagorico in pieno secolo ventesimo. C’è chi ha osservato che la passione numerologica non è una malattia, ma quasi [27] . E questo può essere vero. Eppure, di fronte ad affermazioni come queste è anche il caso di diffidare. La storia della scienza e dell’arte insegnano che non sempre il pensiero cammina con i piedi di piombo e che non è in generale vero che l’enfasi sulla «positività» spalanchi senz’altro le porte ad intelligenza e comprensione. La vicenda del pensiero ha le proprie complicazioni, e in particolare le ha la teoria della musica che è una straordinaria mistura di scienza, esperienza diretta, tecnica, riflessione e immaginazione. Attraverso stravaganze, ostinate idee fisse, giri traversi - se si ha la pazienza e, vorrei anche dire, l’umiltà di adeguarvisi provvisoriamente - si viene in chiaro sulle motivazioni che stanno alla loro base, e sono proprio queste motivazioni che meritano spesso di essere portate alla luce.


Note

[22] Dal punto di vista calcolistico, le operazioni da compiere sono dunque due: ragionando in cents, si somma 702 a partire da 0, e si detrae iterativamente 1200, se dalla somma risulta un numero superiore a 1200; ragionando in rapporti, si moltiplica iterativamente per 3/2 a partire da 1, e la riduzione all’interno dell’ottava si ottiene dividendo il risultato per 2, finché non si è raggiunto un valore compreso tra 1 e 2.
[23] Introduction, p. 237.
[24] ivi.
[25] È stato anche osservato che tanto varrebbe ricorrere ad una scala equalizzata di 53 gradi. Cfr. P. e U. Righini, Il suono, Milano 1974, p. 198.
[26] Introduction, p. 236.
[27] P. e U. Righini, op. cit., p. 197 - proprio a proposito della «scala universale» di Daniélou.

 

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