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Ricerche >>> Il sistema idrico di Harbaqa e Qasr al-Hair al-Gharbi


Circa 70 Km a ovest di Palmira si trova il castello di Qasr al-Hair al-Gharbi (Schlumberger, 1939, 1986), che interessa la nostra ricerca in quanto esempio delle oasi artificiale costruite dai principi ommayadi sulla base dell’ideologia dei paradisi - luoghi di ristoro lontani dal mondo-, ma sostenuta nel concreto da complessi apparati idraulici, di grande impegno progettuale ed economico, soggetti ai rigori di una incalzante aridità.

La ricognizione preliminare ha dimostrato che il castello si trova in verità al centro di un articolato ed in parte inesplorato complesso di apparati produttivi, cisterne, canali, alimentati da un acquedotto murato, oggi esposto ed in parte smantellato per breve tratto dall’alveo dello uadi occasionalmente attivo nella stagione invernale. L’acquedotto prende origine una decina di chilometri a monte dalla diga di Harbaqa costruita sul wadi Barde.
Si tratta di un imponente sbarramento rettilineo lungo 345 m, largo 18 m e con un’altezza massima di 21 m forse risalente al I sec. d.C. ben noto in letteratura. (Poidebard, 1934; Calvet e Geyer, 1992; Geyer, 2004, Genequad, 2006). Il bacino creato a monte della diga, con ampiezza di circa 900 mq, risulta completamente colmato da sedimenti limosi. Immagini del secolo scorso mostrano tali depositi solcati da profonde incisioni fluviali createsi in seguito ad un varco nella diga (Morris e Fan, 1998). Recentemente il varco è stato richiuso con conseguente riempimento delle incisioni.


Se il riempimento a monte della diga non e’ sfortunatamente oggi accessibile, lo sono invece i depositi a valle di essa incisi dall’alveo dell’attuale wadi ed esposti per centinaia di metri in splendide sezioni alte più di due metri.
Le ghiaie mal selezionale alla base delle sezioni rappresentano l’attività dello wadi prima della costruzione della diga, in un contesto assai più ricco d’acqua che non oggi. I limi massivi dello spessore di circa un metro nella parte centrale delle sezioni depongono invece per un corso d’acqua di minore competenza e sono da ascrivere al momento di uso della diga, mentre, il deposito di clasti selezionai al tetto sono da riferire al momento dell’abbandono. Nei depositi sono intercalati focolari che testimoniano una frequentazione sporadica alla base della diga. All’interno della malta che cementa i massi della diga stessa particolarmente ricca di cenere, sono stati trovati numerosi carboni. Questi elementi potranno portare alla datazione puntuale della costruzione del manufatto, della durata del suo uso e del suo degrado.