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L’area oggetto di indagine abbraccia l’oasi di Palmira, la regione ad essa immediatamente circostante, la valle che attraversa un tratto del deserto della Shamiyah, inclusa fra il Gebel ash Shamaliyah a nord ed il Gebel an-Nasrani a sud e parte della valle dell’Oronte, al margine predesertico e temperato di Homs.
Morfologicamente, l’area è molto eterogenea, dal momento che, da ovest verso est, si passa dalla regione di Homs, che ha caratteristiche di tipo grosso modo mediterraneo, con clima temperato, precipitazioni annue (tra i 500 ed i 1000 mm annui) tali che rendono possibili l’agricoltura, al deserto della Shamiyah, dove le precipitazioni si riducono sensibilmente (dai 150 a < di 100 mm), all’oasi di Palmira e ad est di essa, fino all’estremità orientale dell’area oggetto di indagine, costituita dal lago eutrofico.

L’attuale oasi di Palmira presenta, ad est, un’ampia palude salina (Sebkhat al Mu), che, probabilmente, cela depositi lacustri, ed è ancora oggi alimentata da una serie di risorgive carsiche.
All’esame del remote sensing, sebkhe di minori dimensioni e piane di sedimenti alluvionali si osservano alla base dei sistemi di conoide pedemontani, che scendono dai sistemi montuosi al margine della valle che attraversa parte del deserto della Shamiyah.
Nella valle, la cui base geologica è prettamente calcarea, è naturale la presenza di cavità carsiche, che permettono di ipotizzare una maggiore disponibilità idrica nel passato, come attesta la presenza di numerosi pozzi che, appunto, potrebbero essere antiche cavità carsiche. Ad oggi, l’intera vallata è quasi priva di vegetazione che non sia quella tipica della steppa siriana, di tipo arbustivo basso. Essa è attraversata da due wadi, wadi ar-Rawda, ad ovest e wadi Kamp at-Tyas, ad est, che, molto probabilmente, in antico, erano fonti naturali di approvvigionamento idrico, facendo della zona un’area adatta alla coltivazione (come sembra indicare il toponimo stesso). Proprio nelle zone a maggiore disponibilità idrica, si concentrano le presenze archeologiche, si tratti di abitati o di enclosures per le attivita’ pastorali, di desert kites utilizzati per la caccia, o di opere di raccolta e distribuzione delle acque. Il regime pluviometrico è basso, con punte minime al di qua dell’isoieta di 150 mm di precipitazione annue.


Esempi

>>> Dati telerilevati e fotointerpretazione

>>> Sebkhat al Mu: un paleolago del Neolitico

>>> La diga di Harbaqa ed il castello di Qasr al-Hair al-Gharbi: il sistema idrico artificiale di un "giardino nel deserto"



Risultati ottenuti nelle campagne di terreno fino al 2010

Le missioni finora condotte hanno avuto successo sia dal punto di vista scientifico, grazie alla quantità ed al significato dei dati raccolti, sia dal punto di vistaistituzionale, dato che si sono stabilite ottime relazioni di collaborazione con la parte siriana. Nell'ambito della missione infatti si provvede alla formazione sulterreno di archeologi siriani, per quanto riguarda le moderne tecniche di ricognizione e scavo. I risultati ottenuti sono stati presentati in incontri scientificiinternazionali e sono in fase di pubblicazioni contributi scientifici sulle riviste Studia Orontica ed Akkadica. Ad oggi, attraverso il lavoro di terreno sono statiidentificati circa 500 siti, che vanno dal Paleolitico medio al Medioevo islamico; le evidenze sono distribuite in tutta l'area di concessione e principalmente nell'areadi Wadi el-Hallabat, nella valle di Ad-Daww, ai margini della Sabkhat al Mouh. I siti archeologici più antichi risalgono al Paleolitico medio e al Kebarano. Gli insediamenti paleolitici si trovano in ripari sottoroccia affacciati sugli wadi el-Hallabat e Surra; sono state ritrovate alcune officine litiche di questi periodi, inrelazione ad affioramenti di selce lungo i margini di wadi Surra. In questi contesti è spesso presente un débitage lamellare databile al Neolitico Aceramico antico(PPNA). Inoltre nell'area del Jebel Tadmoryieh al-Janoubiyeh sono state identificate strutture in pietra assimilabili a desert-kites o stone-enclosures, la cuicollocazione cronologica è ancora incerta; si tratterebbe di strutture legate ad attività venatorie oppure per trattenere il bestiame, la cui costruzione inizia in età preistorica, anche se vennero riutilizzate più volte nel corso degli ultimi millenni. Ai margini della Sabkhat al Mouh, in corrispondenza di dune costiere e depositi lacustri, e all'interno dell'oasi stessa, nonché nell'area di Abu Fawares, sempre in corrispondenza a depositi lacustri, sono stati localizzati numerosi siti conindustria attribuibile al locale Epipaleolitico (Kebarano geometrico) ed al Neolitico Aceramico A e B (PPNA e PPNB). In molti casi i siti costituiscono piccoli tell ed ilcontesto archeologico è ben conservato: alle concentrazioni di litica si associano focolari, incudini e martelli. Di particolare interesse il sito di Tell Shajara (al centrodella sabkhat) presso il quale i manufatti, epipaleolitici, neolitici e frammenti ceramici pre-protostorici, sono stati raccolti in associazione a fauna e sedimenti organici provenienti dalla risulta di un pozzo. Tale circostanza indizia la presenza di una serie pluristratificata in condizioni ottimali per gli studi naturalistici, oltre ché archeologici. Ai margini della sabkhat, presso l'attuale oasi, è stato inoltre localizzato un tell di medie dimensioni (sito 288), presso la cui superficie sono stati rinvenuti manufatti litici e ceramica. Si riconoscono materiali ceramici che datano al tardo Calcolitico e al Neolitico Ceramico e Aceramico, mentre la litica comprende lame di ossidiane e punte di Gerico, attribuibili al PPNB. La stratigrafia del tell, messa in luce per breve tratto da una cava, consiste di scarichi antropici contenenti cenere carboni, fauna e ceramica del tardo PPNB, accumulati sul fianco del tell ed intercalati da strati di sabbia eolica proveniente dalla deflazione della sabkhat, che indicherebbero una marcata fase di aridità a partire dal tardo Neolitico. Alla base della sequenza fino ad ora esposta è venuto in luce un tratto dimuro collassato, composto da mattoni crudi costituiti da un impasto di deposito organico lacustre e paglia. Questo fatto indica che all'interno del tell vi sono edificiin mattoni crudi e che essi sono stati costruiti sfruttando i depositi organici lacustri che si trovavano nelle vicinanze del sito, sulle sponde dell'antico lago dal quale èderivata l'attuale sabkhat. Sui versanti del Jebel Tadmoryieh al-Janoubiyeh sono state scoperte e localizzate strutture megalitiche in pietra, associate a ceramicadatabile al Bronzo antico (EBA IV). La scoperta più significativa è rappresentata dalla necropoli di Bir El-Mejdur costituita da più di 25 tombe allineate lungo lacresta di un rilievo calcareo ai margini della valle di wadi el-Hallabat, ed appartenenti all'orizzonte culturale del Bronzo antico. Un aspetto importante delle strutture funerarie è che alcune di esse si sovrappongono a strutture di pietra tipo desert-kites, costituendone un termine cronologico post quem e confortandone unaattribuzione cronologica pre-protostorica. Sono stati scavati fino ad ora sette tumuli, malgrado la loro struttura architettonica sia ben conservata e consista ingenere di una cista litica inclusa in cerchi di pietre disposte ordinatamente, molti di essi risultano saccheggiati già dall'antichità, tuttavia alcuni contesti non perturbati sono venuti in luce nella campagna di quest'anno, comprendenti ossa, sempre tuttavia in cattivo stato di conservazione e parte dei corredi, costituiti dalitica e ceramica attribuibile al Bronzo antico, associate a focolari ed altre strutture legate al rito funerario.



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