collana
diretta da Karin
Birge GILARDONI-Büch e Marco Castellari comitato scientifico: Alessandro
Costazza - Eva Banchelli - Daniela Nelva - Michele Sisto |
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Grete Weil: Mia
sorella Antigone A cura di Karin Birge Büch,
Marco Castellari e Andrea Gilardoni. Milano:
Mimesis 2006, 314pp. (Il quadrifoglio tedesco; 1)
Non
ho detto no – dire no, l’unica libertà indistruttibile, Antigone
ne ha fatto magistralmente uso – io ho detto sì. Sì, lascio la
Germania, sì, non sono più tedesca, sì, smetto di scrivere, sì, mi
cucio la stella gialla sui vestiti, sì, batto a macchina lettere
nella maledetta Schouwburg, sì, prendo un altro nome, sì, non faccio
nessun tentativo di liberare Waiki dal KZ con la forza, sì, non
faccio fuori lo Hauptsturmführer. Così mi salvo la vita, così mi
abolisco da sola. Ciò che è stato abolito non può rinascere, né
per magia né per grazia.
Mia
Sorella Antigone
(1980) è un romanzo
mitico, storico e autobiografico assieme: il lettore segue i pensieri
della narratrice che, dall’alba al tramonto di un giorno
dell’“autunno tedesco”, ripercorre con spietata e lirica lucidità
la sua vicenda personale. In parallelo si dipana la rievocazione di
Antigone, figura sororale che si rivela impermeabile a una facile
identificazione e spinge a una riflessione senza sconti sulla libertà,
sulla resistenza e sulla colpa.
Grete Weil (1906-1999) scrittrice ebrea tedesca cresciuta a Monaco, studiò nella città bavarese, a Berlino e a Francoforte prima dell’esilio ad Amsterdam a causa della persecuzione razziale. Sfuggita solo fisicamente alla shoah – il marito Edgar Weil fu deportato e ucciso a Mauthausen, Grete sopravvisse prima lavorando al Consiglio Ebraico, quindi dandosi alla clandestinità – tornò in Germania nel 1947 e iniziò un’intensa produzione letteraria al cui centro è la problematica rappresentazione della shoah e dei suoi effetti sull’identità personale e sulla società tedesca, nel segno esplicito di un rifiuto di qualsiasi semplicistica “rielaborazione del passato”. A lungo ignorata dalla critica e dal pubblico, giunse a un relativo successo con Mia sorella Antigone e con i successivi romanzi degli anni ’80. |
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Peter
Weiss: Inferno. Testo drammatico
e materiali critici A
cura di Marco Castellari Milano:
Mimesis 2008. 268 pp. (Il quadrifoglio tedesco; 6)
Inferno,
dramma scritto nel 1964 e qui proposto in prima edizione italiana con
testo a fronte, rimase manoscritto fino al 2003: l’autore lo aveva
inteso quale prima parte della trilogia drammatica Divina Commedia,
mai portata a compimento, che del modello dantesco voleva essere una
trasformazione attualizzante e del tutto mondana. In trentatré canti
Weiss ci propone il ritorno-incubo dell’esule Dante nella sua città
d’origine, che assomiglia assai più a un angolo della Germania del
dopoguerra che alla Firenze del Trecento. Fatto oggetto di derisione,
sfruttamento e tortura dalle figure grottesche quanto minacciose che
il lettore italiano ben ricorderà immortalate nelle terzine
infernali, il poeta comprende che nella commedia umana, troppo umana
dell’aldiquà i colpevoli sono ancora impuniti e spadroneggiano in
un mondo dove non vigono né contrappasso né giustizia. Peter Weiss (1916-1982), scrittore ebreo di lingua tedesca, dovette lasciare nel 1935 la Germania nazista e, dopo soggiorni a Londra e a Praga, raggiunse la Svezia, paese di cui assunse la nazionalità nel 1946 e in cui visse fino alla morte. Rimaste nel cassetto le prime prove letterarie in tedesco, fino agli anni Cinquanta affiancò alla scrittura in svedese una vasta e notevole produzione pittorica e la regia di film sperimentali. L’apprezzamento della critica giunse con il ritorno alla lingua madre in L’ombra del corpo del cocchiere (1959) e nei successivi romanzi autobiografici, il successo internazionale con il dramma Marat/Sade (1963) e con L’istruttoria (1965), oratorio documentario sul processo di Francoforte che diede finalmente avvio a un pieno confronto della società tedesca con la Shoah. La sua monumentale Estetica della resistenza (1975-81), grandioso affresco e testamento spirituale incredibilmente ancora non tradotto in italiano, è l’ultimo grande romanzo-saggio del Novecento tedesco. |
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Selma
Meerbaum-Eisinger: Non
ho avuto il tempo di finire. Poesie sopravvissute alla shoah A
cura di Adelina Albini e Stefanie Golisch Milano:
Mimesis 2009. 150 pp. (Il quadrifoglio tedesco; 10)
57 poesie sono il lascito della poetessa Selma Meerbaum-Eisinger, una lontana cugina di Paul Celan. 57 poesie che parlano della sua voglia di vivere e della paura di morire. Con passo accelerato la giovane Selma attraversa le varie tappe della vita umana per testimoniare non solo la sua esistenza individuale, ma quella di un mondo scomparso: la Bucovina, quella zona agli estremi confini dell’ex- impero asburgico, luogo di nascita di un impressionante numero di autori e poeti di lingua tedesca. Sopravvissute alla guerra e giunte, prima in Israele, poi in Germania, le poesie di Selma Meerbaum-Eisinger nel mondo di lingua tedesca sono considerate una importante testimonianza della fertile convivenza di due culture, l’ebraica e la tedesca. Tradotte nelle maggiori lingue del mondo, ora appaiono per la prima volta in traduzione italiana.
Selma Meerbaum-Eisinger (1924-1942) fu una poetessa ebrea di Cernowitz, oggi Ucraina. A 15 anni cominciò a scrivere poesie e a tradurre le poesie dei suoi autori preferiti. Costretta nel luglio del 1941 a vivere nel ghetto della sua città, venne infine deportata insieme alla sua famiglia nel campo di Michailowska, dove morì di tifo all’età di 18 anni. |
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Volker
Braun: La
storia incompiuta e la sua fine Traduzione
e postfazione di Matteo Galli Milano:
Mimesis 2011. 129 pp. (Il quadrifoglio tedesco; 15)
Due
giovani che si amano e intendono passare tutta la vita insieme.
Sarebbe una storia normale, quasi banale, se non fosse che i due
vivono in Germania orientale, dove un amore innocente può diventare
un affare di stato. Il racconto, scritto nel 1975, diventò sin dall’inizio
un caso politico, anche perché la storia non era affatto inventata.
Il regime temeva proprio questo intreccio di verità e poesia, tanto
da vietarne stampa e diffusione fino al 1988. Nel frattempo, però,
nell’altra Germania, La Storia incompiuta e la sua fine era
diventato uno dei classici della letteratura contemporanea.
Volker Braun, nato a Dresda nel 1939, è già noto al pubblico italiano per l’antologia poetica La sponda occidentale (Roma 2009). Il quadrifoglio tedesco pubblica ora una scelta della sua prosa. La Storia incompiuta e la sua fine, con cui si apre l’edizione in due volumi, è corredata da un’appendice in cui l’autore stesso, presentando la fine della storia, ci rivela perché, in verità, una fine la sua storia non l’abbia ancora trovata. |
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Volker
Braun: Racconti
brevi Traduzione di Francesco V. Aversa, Andrea Gilardoni, Daniela Nelva e Adriano Murelli, con una postfazione diKarin Birge Gilardoni-Büch. TESTO A FRONTE Milano:
Mimesis 2012. 124 pp. (Il quadrifoglio tedesco; 17)
In nessun tempo, in nessun luogo si era raggiunto il vero fondamento da sovvertire. Così il vecchio Borges tira le somme del secolo appena concluso, ed ecco che una banda di ragazzi guidata dal giovane Jorge irrompe nell’appartamento. Solo poche ore prima Borges aveva cercato un’ultima volta di realizzare la sua idea di una società migliore, togliendo Jorge dalla strada, offrendogli una casa e un’istruzione. Il destino di Borges, così come la risposta alla sua domanda Cosa ci aspetta?, rimane aperto. Il fascino delle prose raccolte in questo volume sta nella lucidità con cui l’autore pone questioni che toccano ognuno di noi: il lavoro, o meglio il suo venir meno, la fuga dalla povertà, la disparità economica tra le generazioni – non potendo, né volendo, offrire soluzioni rassicuranti. I luoghi cambiano ma le condizioni di vita si assomigliano da una parte all’altra della terra, scandite da intervalli di vuoto dopo la scomparsa dell’ingannevole speranza di un’alternativa al capitalismo.
Volker Braun (1939) ü uno dei più importanti scrittori contemporanei di lingua tedesca. Dopo La Storia incompiuta e la sua fine, pubblicata in questa stessa collana, i Racconti brevi completano l'edizione italiana della prosa scritta nell'ultimo scorcio del Novecento. |
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Friedrich
Christian Delius: Las
ballata di Ribbeck Traduzione
di Elena Bonetto. Con una postfazione e a cura di Karin Birge
Gilardoni-Büch Milano:
Mimesis 2012. 129 pp. (Il quadrifoglio tedesco; 18)
Nel paese del Brandenburgo reso celebre da una ballata di Theodor Fontane, la Wende giunge con poco ritardo e moltissima fretta. Incastonato nel giro concitato di un’unica frase, il gioiello narrativo di Delius illumina dalla prospettiva di un contadino di Ribbeck soprusi e distorsioni di ieri e di oggi: un controcanto sui festeggiamenti per la riunificazione attorno al pero di prussiana memoria.
Friedrich Christian Delius, nato a Roma nel 1943 e cresciuto nella provincia tedescooccidentale, è esploso come poeta, documentarista e narratore nella Berlino Ovest degli anni Sessanta. «Nelle sue prose ha raccontato da osservatore critico, ingegnoso e inventivo la storia della coscienza tedesca del XX secolo» – così la giuria che gli ha assegnato nel 2011 il Georg- Büchner-Preis, il principale premio letterario tedesco.
La pubblicazione de La ballata di Ribbeck, uscito in Germania nel 1991, integra la già apprezzabile presenza di Delius nel panorama editoriale italiano con un vero e proprio classico della letteratura contemporanea. |
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Urs Widmer: TOP DOGS. Manager alla deriva Traduzione
di Stefania Fusaroli e Daniele Vecchiato. Da un progetto di Sabina
Tutone. A cura di Daniele Vecchiato Milano:
Mimesis 2012. 128 pp. (Il quadrifoglio tedesco; 19)
«Il business è guerra. Lacrime e sangue.» Siamo nella Zurigo degli anni Novanta, ma potremmo essere altrove e oggi. Il tema è più che mai attuale: disoccupazione strutturale in un mercato del lavoro in affanno. Protagonista è un manipolo di manager stacanovisti alle prese con il trauma di un licenziamento inatteso. Fragili e isterici, disperati ma agguerriti, i «rottami dei colletti bianchi» si sottopongono a una terapia di gruppo per sopravvivere alla perdita del posto di lavoro ed essere reintegrati nella società. Top Dogs disegna a tratti tragicomici i destini di queste vittime dell’economia globalizzata, figli ripudiati di quelle grandi aziende che un tempo avevano garantito loro status, identità e potere. Mirabile esempio di teatro post-drammatico, la pièce si propone come riflessione – spassosa e amara insieme – sulla spietatezza del mondo del lavoro e sull’inaridimento emotivo e linguistico dell’homo oeconomicus. Urs Widmer, nato a Basilea nel 1938, è una delle voci più significative della letteratura svizzero-tedesca contemporanea. Autore estroso e fecondo, ha pubblicato numerose opere di teatro, narrativa e saggistica. Vive a Zurigo. In Italia è noto per il romanzo L’uomo amato da mia madre (Milano 2002). Top Dogs, testo del 1996, è senza dubbio il suo lavoro più celebre, insignito del Mülheimer Dramatiker Preis e del premio all’innovazione del Berliner Theatertreffen. |
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Arno Schmidt: Leviatano o Il migliore dei mondi A cura di Dario Borso. TESTO A FRONTE Milano:
Mimesis 2012. 76 pp. (Il quadrifoglio tedesco; 20) Scritto a ridosso della Seconda guerra mondiale, il Leviatano narra in quarantapagine la fuga disperata verso Ovest di un gruppo di sbandati slesiani. Primo romanzo tedesco in assoluto ad affrontare di petto orrori e colpe di un popolo intero, esso fece epoca per le sue novità formali, per quello stile tesissimo e agilissimo al tempo che rese subito Schmidt tanto amato quanto inimitabile. La presente traduzione, che va a sostituire quella semiclandestina apparsa su “Il Menabò” del 1966, è stata condotta da Dario Borso (già curatore di altri due testi schmidtiani, Ateo? – Altroché! e Paesaggio lacustre con Pocahontas) sulla Bargfelder Ausgabe, in stretto contatto con la Arno Schmidt Stiftung di Bargfeld, ed è corredata di un commentario che risulta unico nel panorama mondiale della critica. Arno Schmidt (Hamburg 1914 – Bargfeld 1979) è il prosatore forse più rappresentativo e certo più ardito del secondo Novecento tedesco. Ammirato da Hesse come da Jünger, da Benn come da Grass, egli ha saputo via via crearsi in patria e all’estero uno stuolo di fedelissimi il cui zelo è pari all’ironia e allo spirito critico – non in Italia però, a conferma di una nota anomalia. Umiliato da sei anni di guerra e prigionia, povero in canna fin quasi alla morte, Schmidt fece dell’umiliazione una forza e della povertà una virtù: da ciò forse l’inconfondibilità del suo stile, che tende al risparmio pur nello sperpero dei mezzi espressivi. Del resto, com’ebbe a dire appena uscito il Leviatano, lui mette il dado, all’acqua penserà il lettore. Dario Borso insegna Storia della Filosofia all’Università degli Studi di Milano. Impegnato da sempre a decifrare la modernità (tra Marx e Hegel, tra Benjamin e Diderot), è noto soprattutto per le sue traduzioni da Kierkegaard e Celan. |
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Jana
Hensel: Zonenkinder. I figli della Germania scomparsa A cura di Karin Birge Gilardoni-Büch. Con un saggio di Tiziana Gislimberti. Traduzione di Maria Giovanna Zini. TESTO A FRONTE Milano: Mimesis 2009, 250pp. (Il quadrifoglio tedesco; 7) ISBN 9788884838346 – € 16,00. Berlino,
9 novembre 1989: cade il
muro che per 28 anni ha tagliato in due la città. Zonenkinder
– I figli della Germania scomparsa
ci dà una risposta. È la testimonianza di una generazione che nel
1989 ha sperimentato al tempo stesso la fine di uno stato e della
propria adolescenza. Osservatrice e assieme protagonista dei fatti
narrati, l’autrice rende conto in queste pagine di uno shock
culturale vissuto da milioni di persone.
Jana
Hensel è nata nel 1976 nei pressi di Lipsia; attualmente vive e lavora a Berlino.
Con Zonenkinder (2002), suo
esordio letterario, ha suscitato scalpore e accesi dibattiti. Nel 2008
è uscito Neue deutsche Mädchen,
altro testo autobiografico-generazionale, scritto a quattro mani con
Elisabeth Raether. Questa è la prima traduzione italiana di una sua
opera. |
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Ulrich
Mählert:
La DDR. Una storia breve, 1949-1989
Il 3 ottobre 1990, tre giorni prima del 41° anno dalla sua fondazione, la Repubblica democratica tedesca smise di esistere come stato. Nei ricordi delle persone essa continua a vivere, all’Est come all’Ovest, tra nostalgia per il passato, film e revival, condanna senza appello di uno stato e della sua popolazione e tentativi di minimizzare quella che è stata chiamata la «seconda dittatura tedesca». La DDR. Una storia breve ci offre una sintesi essenziale ed equilibrata di quarant’anni di storia.
Ulrich Mählert è un punto di riferimento per la ricerca e la didattica sulla storia della DDR e del comunismo sovietico. Tra i suoi numerosi studi: la Libera gioventù tedesca, le purghe staliniane negli anni 1936-1953 e la rivolta operaia del 17 giugno 1953.
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Walter
Kempowski:
Lei lo sapeva? I tedeschi rispondono
La persecuzione e lo sterminio delle persone giudicate «indegne di vivere» nei dodici anni del Terzo Reich spingono ancora oggi a chiedersi come ciò sia potuto accadere. Per rispondere a questo interrogativo si può far ricorso a diverse strategie: all’indagine storiografica, alla raccolta di testimonianze, all’opera di finzione. Questo libro sperimenta la seconda strada, facendo parlare le persone che non sono state vittime del regime nazionalsocialista e che, in quegli anni, condussero una vita “normale”. Chiedendo: Lei lo sapeva? Kempowski illumina le infinite sfumature che separano l’indifferenza dalla presa di coscienza, la passiva accettazione dall’atto di resistenza. Chi legge queste risposte farà fatica a non interrogarsi anche sul presente.
Walter Kempowski (1929-2007) è stato uno dei protagonisti della letteratura tedesca del secondo Novecento. Frutto di un immenso archivio di testi e immagini raccolti nel corso di decenni, la sua scrittura memoriale culmina nei nove volumi della Cronaca tedesca (1971-1984), di cui questo è il sesto, e nelle dieci sezioni del monumentale diario corale L’ecoscandaglio (1993-2005). Lei lo sapeva? I tedeschi rispondono è la sua seconda opera a essere tradotta in italiano.
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Hatice
Akyün:
Cercasi Hans in salsa piccante.
«Il mio nome è Hatice. Sono turca, ma anche tedesca, straniera, musulmana, turco-tedesca, giornalista o una carogna, a seconda di chi mi guarda. E percepisco come una ricchezza il fatto di riunire in me queste contraddizioni. Sono troppo tedesca per essere turca e troppo turca per potermi dire tedesca.»
Con arguzia e spirito Hatice Akyün racconta della sua vita in due mondi, quello turco e quello tedesco: i pregi e difetti degli uomini, i diversi ideali di bellezza delle donne e i modi che i due popoli hanno di cucinare, festeggiare, amare. Akyün ci offre il suo sguardo disincantato su una società, quella della Germania contemporanea, che fra mille contraddizioni si evolve verso una piena multiculturalità.
Hatice Akyün è nata nel 1969 ad Akpinar Köyü, in Turchia. Nel 1972 si è trasferita con la sua famiglia in Germania, dove vive tuttora. Arrivata per vie traverse al giornalismo, scrive articoli e reportages per «Der Spiegel», «Emma», «Der Tagesspiegel». Cercasi Hans in salsa piccante (2005) è il suo primo libro. Nel 2008 è uscito Ali zum Dessert. Leben in einer neuen Welt. Entrambi i volumi hanno avuto grande successo di pubblico in Germania. |
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Tiziana
Gislimberti: Mappe della memoria. Milano:
Mimesis 2008, 208pp. (Il quadrifoglio tedesco; 5) Il volume
offre un’ampia panoramica delle modalità (e dei problemi) con cui
– dopo il crollo della DDR –
si è attuata l’unificazione tedesca. Il punto centrale su cui si
sofferma è la Ostalgie: la nostalgia per
lo scomparso stato tedesco orientale, che sembra ancora vivere nella
dimensione collettiva. La dialettica tra storia e memoria rivela che
buona parte dei tedeschi orientali non si identifica con la
prospettiva che condanna la DDR come dittatura totalitaria
di cui è opportuno cancellare ogni traccia. Lo testimoniano le
innumerevoli autobiografie pubblicate
in Germania dopo la caduta del muro. Particolarmente intriganti sono
quelle degli autori dell’ultima generazione: quegli autori che, pur
avendo vissuto solo l’infanzia nello scomparso stato socialista,
vogliono ricostruire un passato di cui si sono perse le tracce.
Vogliono riviverlo – come autoaffermazione
contro l’oblio – nella dimensione narrativa. Tiziana Gislimberti (Bolzano, 1962), laureatasi in Lingue e Letterature straniere a Pavia, ha conseguito il dottorato in Filosofia delle Scienze Sociali e Comunicazione Simbolica presso l’Università degli Studi dell’Insubria (Varese – Como), dove è anche docente di lingua tedesca. In qualità di insegnante di Lingua e Civiltà Tedesca presso la scuola secondaria, si occupa di didattica della lingua a cui unisce un interesse teorico per la cultura tedesca nelle sue forme socio-simboliche e letterarie. |
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Daniela
Nelva:
Identità
e memoria. Lo spazio autobiografico nel periodo della riunificazione tedesca. Stefan Heym, Günter de Bruyn, Heiner Müller, Günter Kunert. Prefazione di Luigi Forte. Milano: Mimesis 2009, 197pp. (Il quadrifoglio tedesco; 8) ISBN 97888884839367– € 16,00. A partire dagli ultimi anni Ottanta, numerosi autori tedeschi vissuti più o meno a lungo nella Repubblica democratica hanno sentito la necessità di riflettere sul proprio “duplice” passato, quello del nazismo e della guerra prima, quello del socialismo reale nei suoi momenti cruciali poi. Ne è testimonianza il notevole incremento, nel periodo della riunificazione delle due Germanie, della scrittura autobiografica, da interpretarsi al contempo come spazio di un individuale percorso di memoria e come momento di una verifica delle scelte ideologiche compiute. Al centro del presente lavoro sono le autobiografie di quattro importanti intellettuali della Rdt: Stefan Heym, Günter de Bruyn, Heiner Müller, Günter Kunert. In una prospettiva alternativa a quella storiografica, il racconto del singolo diventa in queste opere chiave d’accesso all’orizzonte collettivo del passato tedesco. Daniela Nelva ha conseguito il titolo di dottore di ricerca in Letteratura tedesca presso l’Università degli Studi di Torino. Ha pubblicato contributi, oltre che sul genere letterario dell’autobiografia, su Robert Musil, Thomas Mann, Günter Grass e sullo scrittore tedesco-rumeno Richard Wagner. Collabora attualmente con il Dipartimento di Scienze del linguaggio e Letterature moderne e comparate dell’Università degli Studi di Torino.
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Micaela
Latini:
La pagina bianca. Thomas Bernhard e il paradosso della scrittura. Milano: Mimesis 2010, 176pp. (Il quadrifoglio tedesco; 14) ISBN 9788857502465 – € 15,00. Questo volume, ripercorrendo i luoghi nei quali Thomas Bernhard, attraverso i suoi personaggi, s’interroga sulla questione della scrittura e del suo “insuccesso”, intende gettare luce sulle potenzialità del “fallimento” stesso, che può essere considerato come un’occasione per ripensare la parola in tutto il suo spessore teoretico e come serbatoio di un senso possibile. Lo scacco nell’impresa di scrittura dell’opera della propria vita è la condizione di possibilità del darsi del successo, così come il silenzio è l’orizzonte della parola stessa, e non la sua negazione. All’interno di queste coordinate si colloca, nel pensiero narrativo di Bernhard, il tema centrale e ricorrente del compito della scrittura, che deve essere eseguito, pur essendo ineseguibile. Quel che gli antieroi bernhardiani si ritrovano di fronte è sempre la pagina bianca: un luogo che è assenza di parola, ma anche uno spazio d’interrogazione sulla propria origine. Se guardato in controluce e da una giusta angolazione prospettica, quel “foglio bianco” si profila come il punto di incontro (e di scontro) di una costellazione di temi: il rapporto tra esistenza e morte, tra compito e origine, tra verità e menzogna, tra partecipazione (alla vita) e rappresentazione (della vita), tra estinzione e produzione, tra memoria e oblio.
Micaela Latini, dottore di ricerca, ha studiato a Roma, Urbino e Vienna. Attualmente insegna Letteratura tedesca presso l’Università degli Studi di Cassino. Si interessa principalmente della civiltà letteraria di lingua tedesca, in particolare dei rapporti tra filosofia e letteratura, delle teorie dell’immagine, della simbiosi ebraico-tedesca, della cultura austriaca. Ha pubblicato un libro su Ernst Bloch (Il possibile e il marginale. Studio su Ernst Bloch, Mimesis, Milano 2005) e diversi articoli in italiano, francese e tedesco. Da molti anni collabora con i programmi culturali della Rai.
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JUGEND Rappresentazioni della giovinezza nella letteratura tedesca. A cura di Maurizio Pirro e Luca Zenobi. Milano: Mimesis 2011, 176pp. (Il quadrifoglio tedesco; 16) ISBN 9788857507194 – € 15,00. I saggi raccolti in questo volume si confrontano non solo con le rappresentazioni finzionali della giovinezza, ma più in generale con le funzioni che il suo vagheggiamento ha svolto in varie stagioni della cultura tedesca. Il modello identitario che presiede alle costruzioni culturali addensatesi su questo motivo dallo Sturm und Drang in poi si è in genere prestato a obiettivi di critica culturale, perseguiti mediante la contrapposizione fra certi aspetti della realtà presente percepiti come insoddisfacenti e uno stato alternativo di pienezza e perfezione. Tale contrapposizione si è sviluppata non di rado lungo una doppia direzione, inclinando ora a identificare in un semplice ritorno al passato la risposta alla crisi del presente, ora invece a ipotizzare uno stato di felicità futura, in cui la ricchezza del passato si ripresenti ulteriormente potenziata dalla consapevolezza dello sforzo di civiltà necessario a ripristinarla. Il libro dà conto dei risultati di un ciclo di lezioni tenute nel 2010 presso le università dell’Aquila e di Bari. Maurizio Pirro è ricercatore di Letteratura tedesca nella Facoltà di Lingue e Letterature Straniere dell’Università di Bari. È autore delle monografie Anime floreali e utopia regressiva. Salomon Gessner e la tradizione dell’idillio (Pasian di Prato, 2003) e Costruir su macerie. Il romanzo in Germania negli anni Cinquanta (Bari, 2009). Ha curato edizioni italiane di opere di Theodor Lessing, Samuel Lublinski, Ludwig Derleth, Richard Schaukal, Jakob van Hoddis e Ernst Stadler. Luca Zenobi è ricercatore di Letteratura tedesca presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università dell’Aquila. Si è occupato della drammaturgia e dell’estetica di Schiller (La natura e l’arte. Estetica della rappresentazione in Diderot e Schiller, Pisa, 2005) e di autori del primo Novecento (Kafka, Benn, Döblin). Ha curato l’epistolario tra Max Brod e Franz Kafka, traducendo le lettere di quest’ultimo (Un altro scrivere. Lettere 1904-1924, Vicenza, 2007). |
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daf - didattica della lingua tedesca
Marita
Kaiser: Text-Produktion. Lehr, Übungs- und Handbuch A2-C2
Milano: Mimesis
2007. (Il quadrifoglio tedesco; 2) Descrivere,
riferire, interpretare, riassumere o fare una relazione sono atti di
comunicazione che pratichiamo quotidianamente nei più diversi
contesti. Ogni forma di espressione sia orale che scritta – nella
lingua madre come nella lingua straniera – presuppone però per la
buona riuscita dell’atto di comunicazione: una sicurezza linguistica
che riguarda non solo la lingua ma anche la forma e il contenuto
specifico del tipo di testo.
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Paola
Lehmann, Schritt für Schritt in die deutsche Sprache.
2a edizione - Milano:
Mimesis 2008. (Il
quadrifoglio tedesco; 3) Questo manuale, nato nel corso degli anni di lavoro con gli studenti universitari, si rivolge a coloro che, pur avendo una certa conoscenza del tedesco, tuttavia desiderano ripassare la grammatica a partire dalle sue basi. Ogni lezione si suddivide in tre parti: la prima presenta uno o più testi sui quali lavorare, la seconda consiste in spiegazioni ed esercizi di grammatica, la terza propone esercizi per ampliare il proprio vocabolario. L’accesso ai testi presentati è agevolato dal lavoro sul lessico e sulle strutture grammaticali già note, che nel corso delle lezioni sono via via riprese e approfondite. Filo conduttore dei testi è l’individuo nei suoi rapporti con il mondo che lo circonda, la famiglia, l’amicizia, l’amore, le proprie scelte di vita e il destino. Il linguaggio utilizzato non si limita dunque a coinvolgere termini e strutture utili alla comunicazione concreta di tutti giorni, ma cala piuttosto lo studente nella sfera più emotiva e profonda della lingua, la sfera della leggenda, della fiaba, della poesia, dove personaggi reali e di fantasia comunicano e svelano il loro mondo. Paola Lehmann, nata a Milano, vissuta in Italia e in Germania, cresciuta tra due lingue, due culture e due mentalità, si è laureata in Germanistica alla Università degli Studi nel 1994. Lavora presso la facoltà di Lingue e letterature straniere dal 1996. In Germania ha insegnato tedesco agli stranieri (DaF) e in Italia si è specializzata nell’insegnamento della lingua straniera per l’infanzia alla Scuola Steineriana di Milano. La sua formazione ha privilegiato gli aspetti pedagogici e didattici, consentendole di sviluppare un metodo mirante a trasmettere il tedesco partendo dalla comunicazione quotidiana e “imitando” il naturale processo di apprendimento della lingua materna. Negli ultimi anni, utilizzando strumenti informatici e piattaforme di e-learning per l’insegnamento del tedesco, ha sviluppato un corso interattivo a disposizione di studenti e insegnanti (www.deutsch-online.it). In campo letterario ha pubblicato l'articolo Hugo von Hofmannsthal e la dimensione metafisica del destino ("Studia Austriaca" VI/ 1998). |
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Bettina
Klein: Dieci ricette per un tedesco al dente. Milano:
Mimesis 2008 (Il quadrifoglio tedesco; 4) Dopo molti anni di studio della lingua tedesca ti sembra di fare ancora gli stessi errori? Il metodo contrastivo sviluppato in questo volume unico nel suo genere ti farà capire perché. Ti fornirà alcune “ricette” per migliorarti, facendo interagire le più efficaci pratiche didattiche con i risultati delle più recenti e avanzate teorie cognitive per l’apprendimento delle lingue straniere. La piccola grammatica che stai per acquistare è stata concepita per gli studenti di tedesco di livello B1: si rivolge perciò agli studenti delle ultime classi della scuola superiore, agli studenti universitari e a tutti coloro che desiderano rinfrescare il proprio tedesco.
Bettina Klein, laureatasi in lettere alla Goethe-Universität di Francoforte, ha proseguito gli studi come borsista del DAAD per un anno di English and American Studies alla Washington University di St. Louis, Missouri (Usa). Si è abilitata all’insegnamento nelle scuole secondarie a Offenbach, in Germania, come docente di latino e inglese. Dopo aver svolto anche attività di ricerca a livello internazionale in letterature comparate (su Omero e Joyce), a partire dal 1990 è lettrice di tedesco presso la Facoltà di Lingue e Letterature straniere dell’Università di Pisa. Dal 2002 tiene inoltre relazioni alla SSIS di Firenze sull’insegnamento del tedesco con il metodo contrastivo. |
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Marita
Kaiser (cur.): Generation Handy. Wortreich
sprachlos? Die Generation Handy wächst als erste unter dem Einfluss neuer Informations- und Kommunikationstechnologien gänzlich wireless auf. Welchen medialen und sozio-kulturellen Einflüssen ist sie dadurch ausgesetzt? Was bewegt diese Generation? Welche Normen und Werte bestimmen ihre Entwicklung und ihr Verhalten? Wie verhält sie sich sprachlich? Wie lernt und handelt sie? Wie wandelt sie sich? Auf diese und ähnliche Fragen versuchen die in diesem Band versammelten Beiträge aus den Bereichen Psychologie, Soziologie, Linguistik sowie Deutsch als Fremdsprache zu antworten. La generazione telefonino è la prima a crescere wireless, immersa com’è nelle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Quali influenze hanno i media e il contesto socioculturale su questa generazione? Quali emozioni e quali desideri la guidano? Quali norme e quali valori determinano il suo sviluppo e il suo comportamento? Come interagisce linguisticamente? Come impara, come studia, come opera, come si trasforma? I contributi pubblicati in questo volume, di autori tedeschi e italiani, cercano possibili risposte a queste e a simili domande da prospettive psicologiche, sociologiche, linguistiche e didattiche, con una particolare attenzione all’insegnamento del tedesco come lingua straniera nelle università italiane.
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Karin
Birge Gilardoni-Büch
ha
conseguito il titolo di dottore di ricerca presso la
Friedrich-Schiller-Universität di Jena e insegna lingua tedesca presso il corso
di laurea in Lingue e letterature straniere dell’Università degli Studi di Milano. La sua
ricerca verte sui seguenti ambiti: letterature comparate; letteratura e memoria
storica; letteratura e pregiudizio antiebraico; il concetto di immaginazione nel
Romanticismo; la letteratura della DDR.
Marco
Castellari
è
ricercatore di Letteratura tedesca presso il Dipartimento di Lingue e
letterature straniere
dell’Università degli Studi di Milano. Si occupa principalmente dell’opera
e della fortuna di Friedrich Hölderlin e della ricezione del classico, del
contributo ebraico e delle forme drammatiche nella letteratura di lingua tedesca
del Novecento.
La germanistica in Italia presenta una lacuna: manca infatti un luogo nel quale si possano affiancare testi letterari in lingua originale e in traduzione, materiali didattici e strumenti di lavoro per docenti e studenti, ma anche per operatori culturali in senso lato e professionisti. In generale, manca un luogo di scambio culturale e professionale tra Italia e paesi di lingua tedesca. La collana si propone di individuare questo luogo e di colmare almeno in parte questa lacuna. A una sezione dedicata alla letteratura contemporanea, che offre testi lirici, narrativi e drammatici dell’ultimo cinquantennio corredati da materiali critici, si affiancano sotto l’etichetta storia, cultura e società testi saggistici e/o autobiografici che offrono spunti di riflessione sulla Germania del passato recente e di oggi. La serie dedicata alla saggistica propone studi scientifici di impostazione germanistica; infine, in DaF – didattica del tedesco raccogliamo strumenti e teorie relativi all’insegnamento del tedesco a livello universitario
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